venerdì 9 maggio 2008

Nessuno ti giuro nessuno

Nessuno ti giuro nessuno ho visto uscire a piedi ieri dal Quirinale dopo il solenne giuramento di fedeltà alla Repubblica. Nessuno a parte Gianfranco Rotondi, unico esponente dc ad essere entrato nella squadra di governo berlusconiana, pare dopo un intenso braccio di ferro ma son tutte notizie raccattate dai giornali, vai a sapere dov'è la verità. Così, per accertarla almeno un po' la verità dei fatti, prendo l'autobus e ascendo anch'io sul colle quirinalizio.
Alle 17 la spianata del Quirinale è tutta un luccichìo di sole che si infrange sulle autoblu: almeno una ventina, e d'altra parte i ministri sono appunto 21. Ci si può avvicinare? Niente, tutto blindato.

I curiosi generici - assai pochi per la verità - si devono fermare davanti alle Scuderie del Quirinale o davanti alla Corte costituzionale, due luoghi già di per sè simbolici, soprattutto il primo: le Scuderie. Chi si staglia davvero nel cielo soleggiato di Roma, infatti, non sono né le teste dei ministri né quella di Silvio IV, occultati nella solenne sale del giuramento e poi nelle viscere delle autoblu. I veri protagonisti per chi assiste al giuramento da fuori sono le sagome dei cavalli di Castore e Polluce, le statue monumentali che campeggiano attorno all'obelisco nella piazza del Quirinale. Cavalli e cavalieri, che assistono in posa plastica al rituale del Cavaliere e dei suoi fidi scudieri o forse stallieri ma perché no puledri visto che le ministre son già state etichettate come 'bambine'.

Nei vicini giardini del Quirinale riposa un'altra statua equina ed umana con dedica: "Al re Carlo Alberto il popolo italiano riconoscente". Ricorda il Marco Aurelio a cavallo sul Campidoglio, e molte altre statue di imperatori cavallo-muniti, secondo una tradizione che si data almeno da Alessandro Magno in poi. Nell'attesa di veder uscire qualche ministro dal Quirinale, perdo tempo a contemplare il re Carlo Alberto con la "riconoscenza" indicata nella targa. Una parola di cui mi pare di aver perso il ricordo, come di tutto un linguaggio gentile ottocentesco che consentiva un'umana convivenza fondata almeno su qualche principio elementare come il rispetto dovuto ad una persona più anziana.

C'è un'altra parola con la r che sembra invece attrarre l'attenzione di chi analizza l'odierna società italiana ed è la parola 'rancore', alla quale è stato addirittura dedicato un saggio (Il rancore, Alle radici del malessere del Nord, di Aldo Bonomi). Ma voglio concentrarmi sulla 'riconoscenza' e mi sforzo di svilupparne una nei confronti della classe politica che dovrà guidare il Paese. C'è un unico problema: la riconoscenza si basa su qualità verificate, su un merito di qualche tipo dimostrato nella pratica. Per dire Carlo Alberto aveva avuto il merito almeno di aver scritto lo statuto albertino, testo base prima dell'attuale Costituzione della Repubblica. E' un merito al quale si deve riconoscenza. Ma la squadra di cavalli e cavalieri? Finora sembra avere solo una serie di demeriti da contemplare con riconoscenza. 

Ritorno al colle e le macchineblu son sempre lì, insieme ad un gran movimento di telecamere e giornalisti. Eppur si muove anche qualcosa nel gruppetto dei 'curiosi di fuori'. C'è il giornalista di France24 che parla in inglese e suda, e dice che il tenore dell'italiano medio è sensibilmente peggiorato in questi ultimi anni. C'è LA7 che sta simpatica a tutti, come dimostrano i ragazzi che passano e fanno segno di ok con il dito. Ma soprattutto c'è un personaggio che sembra davvero un clone di Silvio B. con qualche chilo in più e in testa un cappello da uomo in frac. Porta la spilla al bavero 'Berlusconi. Il popolo delle libertà', ed è una specie di imbonitore-venditore-agente ambulante che si autodefinisce 'operatore turistico'. Sottobraccio ha un fascicolo che mostra ad un signore col sigaro, per fargli vedere banchetti, cerimonie, attrici, cocktail e cotillon. "Se ha bisogno anche della scorta non c'è problema, 3000 euro...organizziamo tutto, vede qua...questa è un'attrice...vede qui...facciamo tutto noi...sì, sì, il cavaliere onorevole Berlusconi, in una parola Cavaliere..."

Improvvisamente mi sento ancora più fuori di quelli che sono lì fuori. Mi sembra di essere una comparsa in un'Italietta dell'arte di arrangiarsi che rifiuto di identificare con il mio Paese. C'è una strana aria di vecchio, di stantìo, di 50 anni fa. Sembra di essere ormeggiati in un porto dove attraccano le navi degli emigranti e quando arrivi c'è chi ti indirizza per trovare una casa, un lavoro, un'opportunità di vita. Oppure sembra di essere in televisione, in qualche canale di televendite. Forse il Cav.Berlusconi ha questo merito: di aver riunito in un'unica icona ideale le televendite e quest'Italia vecchia che offre favori e si procura clientele così, con la consumata arte di chi è abituato sempre a fare affari, anche quando si tratta di un bene comune che chiamiamo 'cosa pubblica'. Ma son solo impressioni che si ricavano quando le cose si guardano da fuori.

PS: sul Quirinale ormai spianato da tutto e privo di autoblu-soloblu-nuntereggheppiù (Rino perché non ci sei più), incontro un giornalista di una tv iraniana. Parla italiano, ha un nome tedesco e prepara il servizio in inglese. C'est bizarre.

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