tag:blogger.com,1999:blog-62413162618096285542024-03-18T04:03:55.355+01:00Le CosmeticomicheLe Cosmeticomiche resiste in Rete dal 2005. Nel tempo, dalla commedia si è un po' virato verso la tragedia ma tant'è. Cosmetitragiche suonava male. Unknownnoreply@blogger.comBlogger1075125tag:blogger.com,1999:blog-6241316261809628554.post-66661015915204138052024-01-01T19:28:00.000+01:002024-01-01T19:28:19.031+01:00Violetta<p><span style="font-family: georgia;">Violetta cammina fucsia, rosa e lillà, capelli tinti rossicci e la sfacciataggine di una richiesta che spiazza: "Scusate, chiedo a voi perché siete donne: potreste aiutarmi a vedere se è chiuso il bottone dei pantaloni che sennò li perdo?"<br /></span><span style="font-family: georgia;">Oibò, attorno è lo struscio del lungomare barcolano il primo giorno dell'anno. Tutti camminanti, villeggianti, vacanzieri, spensierati, mediamente gioiosi, seppure di gioia vera non è che se ne veda propriamente a palate in questi ultimi tempi. </span></p><p><span style="font-family: georgia;">Fatto sta che dentro mi si apre la voragine della paura della follia, ma per fortuna vicino a me ho una madre che questa paura non l'ha mai avuta. E con la tranquillità più disinvolta del mondo, esperienza di sarta di lungo corso, si avvicina e aggiusta. Proprio come una mamma con una figlia piccola. Ora i pantaloni fucsia sono chiusi a dovere: il bottone è entrato nell'asola. </span><span style="font-family: georgia;">E Violetta vestita di rosa e lillà, come una bambolina, ringrazia e racconta. Perché la solitudine ti fa parlare con gli sconosciuti come se fossi sempre a bordo di un treno che si chiama vita. Ha avuto un ictus, il braccio sinistro è paralizzato, è rimasta per anni in carrozzella e ha tentato tre volte il suicidio. Chi l'ha salvata le ha detto: "Te ga de viver altrimenti chi resta a romper i c...?" Così lei è rimasta a lottare in questa vita, ma ha voluto farlo restando in piedi. Armata soltanto di un bastone che la aiuti a camminare. E' riuscita ad arrivare persino a Roma per una sua privata manifestazione di protesta, e se avessero potuto farlo, le avrebbero dato una medaglia per la sua forza interiore. </span></p><p><span style="font-family: georgia;">Gliela diamo noi, in questo giorno che inaugura un nuovo anno al quale chiediamo di azzerare tutti i conflitti, anche i più apparentemente innocenti ed innocui. Azzerare tutte le antipatie, il malanimo che ogni tanto si insinua, le inutili invidie e gelosie, mostri dagli occhi verdi. Tutto appianare e vestire di rosa confetto, come Violetta che cammina con il bastone e il coraggio di una vera combattente. Il coraggio di chiedere anche a due sconosciute di aggiustarle un paio di pantaloni. Il coraggio delle richieste inaudite. Che solo quelli un po' matti sanno fare. </span></p><p><span style="font-family: georgia;">E</span><span style="font-family: georgia;">cco, buon Dio, aiutaci davvero a chiedere l'impensabile e a sperare contro ogni speranza. Cara Violetta e cari lettori delle Cosmeticomiche equamente sparsi tra Nord e Sud del mondo, un augurio forte a tutti!</span></p>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6241316261809628554.post-75550015910299551442023-09-02T09:41:00.001+02:002023-09-02T09:42:51.785+02:00Storie di umani e granchi blu<p><span style="color: #222222; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia;">Il treno corre e il signore è immerso nella lettura del 'Corriere della
sera' del 17 agosto (il pezzo è “postumo”). La conversazione si accende sulla
notizia in prima pagina del governatore del Veneto che ha intenzione di distribuire
chili di granchi blu alla popolazione della regione per arginare l’invasione di
questi anomali crostacei killer: distruggono tutto, persino le reti di
pescatori. Urge pertanto una soluzione, che potrà comprendere anche un kit di
ricette a base di granchio blu, e il signore si immagina ai fornelli intento a
produrre un risotto nel blu dipinto di blu.</span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="color: #222222;"><span style="font-family: georgia;">Dal granchio blu ai migranti che arrivano sulle coste del nostro Paese il passo
è breve. E’ l’argomento del giorno, o meglio del decennio. “Ah, tutta la gente
che viene dall'Africa! Ah, come sarà il mondo e l'Italia! Quelli hanno bisogno
anche di sfogarsi, quindi le donne dovrebbero essere disponibili…” Gli faccio
vedere che sto leggendo un libro scritto in prima persona da un ragazzo che ha
vissuto sulla sua pelle un viaggio che noi, comodamente seduti su un un treno
ad alta velocità, non riusciamo nemmeno ad immaginare: <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Fratellino</i>, di Amets Arzallus Antia e Ibrahima Balde, quest’ultimo un
ragazzo della Guinea che parte alla ricerca di suo fratello e fa esperienza di
un vero e proprio calvario. Trasferimenti di città in città a bordo di camion
stracolmi, e poi carceri nel cuore del deserto, prigioni, torture, armi
puntate, la vita che è continuamente messa in pericolo e disumanizzata.
Soltanto perché uno ha deciso di mettersi in viaggio lasciando il suo Paese d’origine
nel cuore dell’Africa.<o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="color: #222222;"><span style="font-family: georgia;">La dolcezza dell’Appennino fa scordare tutto. “Eh, arrivano senza
documenti!” Gli leggo proprio il punto del libro in cui il ragazzo racconta che
il documento gli è stato preso e gettato via, per frugare nei suoi vestiti alla
ricerca di soldi, e lui stesso dice che senza documenti si vale meno di una
capra. Pensare che noi viaggiamo così bene, con l’aria condizionata per non
sentire il caldo; abbiamo da mangiare, da bere, siamo liberi di muoverci con
tutti i nostri documenti al seguito, non abbiamo paura di incappare in posti di
blocco o controllori armati che ci puntano un kalashnikov alla testa, come
Ibrahima racconta nella sua storia autobiografica.</span></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="color: #222222;"><span style="font-family: georgia;">Il signore è arrivato a Firenze, ma prima di scendere evoca altri scenari
apocalittici: “In futuro cosa mangeremo? Insetti in scatola! Noi avevamo i
Medici nel Rinascimento, oggi c’è un decadimento, cosa lasceremo ai posteri? I
cellulari!” Vedrà che i giovani lo cambieranno questo mondo, sono molto
fiduciosa. “Sì, con l’apericena!” Il signore prende la valigia e raggiunge la
porta che si apre sul caldo asfissiante di qualche giorno fa. Invece sotto i
miei occhi prosegue il racconto dell’odissea sventurata dei migranti, o meglio
di un ragazzo con un nome e cognome, e il sogno di ritrovare un fratello
perduto. Non parte perché si era messo in testa di invadere un Paese; non
perché desideroso di migliorare la sua situazione di vita; non per guadagnare
di più; non per fare il terrorista. Si era messo in viaggio per andare a
cercare suo fratello scomparso di casa. Per un legame familiare forte, messo
prima di qualunque altra urgenza.</span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="color: #222222;"><span style="font-family: georgia;">Ed eccola la verità, dopo ore di cammino senza cibo e maltrattamenti di
ogni genere. Si trova scritta a p.63: “L’altro giorno, uno di qui mi ha detto
che l’Europa dà un sacco di soldi alla Libia perché non lasci partire i
migranti, e per questo in Libia ci sono tante carceri piene di gente come me.
Io non so se è vero, non capisco molto di politica, ma so cos’è la Libia. La
Libia è una grande prigione, ed è difficile uscirne vivi.”</span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="color: #222222;"><span style="font-family: georgia;">Di fronte a questa affermazione scritta così chiara, nero su bianco, non
riesco più a guardare lo schermo con le notizie degli arrivi dei migranti e
degli hotspot al collasso come prima. Ora so che cosa c’è dietro a quegli
arrivi. Conosco la storia di uno di loro, la sua verità. E’ arrivato a
desiderare di voler morire piuttosto che vivere attraversando un continuo
inferno in terra d’Africa, diventata uno stato di polizia per chi cerca di percorrerla
non per turismo o altri seppur nobili intenti, ma perché africano tra gli africani.</span></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="color: #222222;"><span style="font-family: georgia;">La brama inesauribile di soldi? La miseria? Gli interessi spudorati di un
Occidente che vende armi e fa accordi con Paesi diventati stati-prigione? Che
cosa è accaduto a quell’enorme continente in questi ultimi decenni, perché oggi
non sia possibile muoversi da uno stato all’altro in modo umano? Nel
libro-testimonianza di Ibrahima protagonisti di tutto, movente di ogni bruttura
ed orrore, sono i soldi: chiesti di continuo, estorti con la forza, rubati. Un
mondo senza etica, senza umanità, senza scrupoli. Impossibile anche solo da visualizzare
per noi che guardiamo lo splendore del cielo blu intenso centro-italico. E
riaffiorano altre dichiarazioni del signore fiorentino: “Come se a noi
dicessero: ecco lì troverete il paradiso, vi daranno una casa, e allora noi ci
mettessimo in testa di invadere l’Africa!”. Abbiamo fatto precisamente questo
in passato, caro signore, con rigore geometrico a partire dalla Conferenza di
Berlino del 1884: l’Africa divisa come una torta. Colonizzato ogni centimetro
buono da sfruttare.</span></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia;"><span style="color: #222222;">Ed oggi che cosa siamo capaci di dire? Noi come Italia? Noi come Europa? Se
tu stai male e sai che si può stare meglio, non prenderesti il primo treno ad
alta velocità per lasciarti tutto alle spalle ed iniziare una nuova vita? Che
cosa accadeva all’inizio del Novecento ad Ellis Island, isolotto davanti a New
York? Sotto la statua della libertà noi cercavamo un futuro migliore. Perché
non rileggiamo i numeri di quella migrazione? “A partire dalla metà del XIX secolo milioni di persone giunsero negli
Stati Uniti da ogni angolo del mondo, ma soprattutto dall'Europa. La
porta d'ingresso della maggior parte di loro fu New York: tra il 1855 e il 1890 la città accolse otto
milioni di migranti.” Milioni, non migliaia. <a href="https://www.storicang.it/a/ellis-island-lisola-degli-immigrati_16065" target="_blank">Leggiamolo tutto l’articolo</a> su Ellis Island, l'isola degli immigrati</span><span style="color: #222222;">, per capire come, se
c’è la volontà di affrontare un problema senza strumentalizzazioni politiche o
vili preoccupazioni elettorali, la soluzione si trova.</span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="color: #222222;"><span style="font-family: georgia;">Mentre arriviamo a destinazione e fuori sfila il verde, la bellezza, i
borghi medievali, sfilano anche le notizie date in pasto ai passeggeri come
noccioline: i 2000 migranti che affollano l’hotspot di Lampedusa, il “problema”
al quale sembra che nessuno riesca a trovare una soluzione: politici nostrani,
politici europei, riunioni, tavoli, tanta materia grigia che dovrebbe occupare
una posizione per affrontare un “problema” che potrebbe essere risolto con
l’accordo, con la mediazione, con l’intelligenza, con gesti concreti. Anche
piccoli, come quello della signora che l’altra mattina ha chiamato la
trasmissione di Radio3 ‘Prima pagina’ per dire che lei, di sua spontanea
iniziativa, sta ospitando una famiglia irachena, e che sarebbe tanto bello se
il Governo potesse finanziare programmi di accoglienza come quello messo in
pratica dalla signora generosa e di buon cuore senza leggi né decreti sicurezza.</span></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="color: #222222;"><span style="font-family: georgia;">Dove sei, Italia? Dove sei, Europa? Abbiamo ancora un’etica? Crediamo
ancora nella nostra Costituzione? Crediamo davvero che siamo tutti un’umanità
unica e che non ci si salva da soli? Possibile che siamo capaci di trasformare
un dramma così complesso in notiziole di cronaca che non fanno altro che alimentare
razzismi, incomprensioni ed intolleranze?</span></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia;"><span style="color: #222222;">“Informiamo i gentili passeggeri che siamo in attesa dell'autorizzazione
alla ripresa della corsa”, dice la voce asettica dal treno. Mi viene in mente
per contrasto la voce potente di padre Alex Zanottelli, missionario e profeta
tuonante dei nostri tempi, che chiedeva proprio l’anno scorso più attenzione
per le notizie dall’Africa, continente sfruttato ma dimenticato da noi che
viviamo in questa parte fortunata del pianeta. </span><span style="color: #222222;">Tutti noi dovremmo leggere </span><i style="color: #222222;">Fratellino</i><span style="color: #222222;">
per non omologarci al pensiero dominante e continuare a comprendere sempre
meglio il mondo in cui viviamo. Grazie a papa Francesco per aver suggerito
questa lettura durante la conferenza stampa di
rientro dalla Gmg di Lisbona, lo scorso 6 agosto.</span></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="color: #222222;"><span style="font-family: georgia;">Stiamo arrivando e un signore si lamenta perché dice che hanno speso milioni
di euro per far viaggiare questo treno a 100 all'ora invece che a 300. In
Africa il regno del terrore, spari, fucili, crimini contro l’umanità che forse
non avranno mai tribunali a giudicarli; qui il lamentificio nazionale. Chi
si rimbocca le maniche o denuncia? Si accomodi, prego, ecco servita una
bella carbonara al granchio blu.</span></span></p>
<table border="0" cellpadding="0" cellspacing="0" class="MsoNormalTable" style="border-collapse: collapse; mso-yfti-tbllook: 1184;">
<tbody><tr style="mso-yfti-firstrow: yes; mso-yfti-irow: 0; mso-yfti-lastrow: yes;">
<td style="padding: 0cm 5.7pt; width: 15.7pt;" valign="top" width="31"></td>
<td style="padding: 0cm; width: 216.7pt;" width="433"></td>
</tr>
</tbody></table>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6241316261809628554.post-52104146837522673372023-08-22T12:25:00.002+02:002023-08-22T12:55:38.259+02:00Signore e signori,<p><span style="font-family: georgia;"><span style="background-color: white;">e</span><span style="background-color: white; color: #222222;">cco a voi la grande bellezza.<br /></span></span><span style="background-color: white; color: #222222; font-family: georgia;">Roma non è una città dove andare o un luogo da visitare. E non è nemmeno la capitale d'Italia.<br /></span><span style="background-color: white; color: #222222; font-family: georgia;">Roma è un'esperienza da fare. Da tuffarsi dentro senza perdere tempo a fare paragoni. Solo lasciare che la città ti conquisti.<br /></span><span style="background-color: white; color: #222222; font-family: georgia;">Dalle un po' di tempo. Non accadrà subito, come quando conosci una persona. Non la conosci in due ore o in un giorno. Dalle almeno tre giorni, dalle tempo di farti resuscitare dalle tue morti e tristezze e varie malinconie. Dalle persino il tempo di scaldarti le ossa dopo il surgelamento da aria condizionata subito sul treno.</span></p><span style="font-family: georgia;"><span style="background-color: white; color: #222222;">E il terzo giorno resusciti, cento per cento. Soprattutto grazie agli incontri inaspettati. </span><br style="background-color: white; color: #222222;" /><span style="background-color: white; color: #222222;">Quando sta per scoccare la la mezzanotte di fronte a quell'eterno splendore della fontana dei quattro fiumi di Bernini in piazza Navona, può capitarti di essere riconosciuta da un giornalista siculo pensionando, che gironzola per la capitale da solo ma ha buona memoria e parte con una serie di considerazioni sul reddito di cittadinanza e la pensione minima. Poi fa domande su Trieste e cita "La rosa rossa", film con Alain Cuny da vedere assolutamente. Il giornalista dice che lui in pensione non ci vuole andare, quindi continuerà a scrivere per tenersi vivo. Gratis ma continuerà a farlo per non ritrovarsi soltanto a bighellonare nei giardini della città eterna. <br /></span><br style="background-color: white; color: #222222;" /><span style="background-color: white; color: #222222;">L'estate è la gioia di stare assieme, dice la pubblicità del cornetto intercettata dal treno.</span><br style="background-color: white; color: #222222;" /><span style="background-color: white; color: #222222;">Roma è la gioia di stare assieme. Ti riconcilia con il mondo. E' il mondo. E' l'accampamento di poveri senzatetto fuori dalla stazione Termini, ed è la fila fuori dal locale che fa schiacciate farcite con creatività toscano-romana. Odori avvolgenti di pecorino, mortadella, tartufo, prosciutto stagionato. I turisti impazziscono e impazzisco pure io che chiedo ben tre focacce, due delle quali chiamate "paradiso". Perché sono in paradiso. </span></span><span style="background-color: white; color: #222222; font-family: georgia;">Guardo in alto il cielo blu e la sagoma curva, dolce, sinuosa della chiesa di S.Maria Maddalena. <i>Ave crux spes unica</i>. Ragazzi, guys, permesso!</span><span style="background-color: white; color: #222222; font-family: georgia;"> Un ragazzo si fa largo tra gli avventori, portando palate di focaccia che diventeranno i panini imbottiti più amati dai turisti dietro al Pantheon.</span><div><div><span style="font-family: georgia;"><span style="background-color: white; color: #222222;"><br />"Ma tu di dove sei?" Lo chiedono alla signora cinese i ragazzi mentre lavorano con puro stile romanesco, sempre all'insegna della massima efficienza e del massimo relax. "Di Bologna!" Risata fragorosa, affetto puro ed affettato, tutto insieme nelle sette focacce che la signora ordina per tutta la famiglia. Poi è il mio turno. Prendo tre ma ne pago due "perché la signora me sta simpatica", dice il ragazzo che farcisce. Mi arriva pure una bottiglia di vino rosso offerta come omaggio a quel gran genio "incompreso" - parola del ragazzo che la sa lunga - di Luttazzi e al suo "Can de Trieste". E ghe piasi el viiiiiiiin, cantiamo assieme e si riparte con il cuore che si è ormai scaldato. </span><br style="background-color: white; color: #222222;" /><span style="background-color: white; color: #222222;"><br /></span></span></div><div><span style="font-family: georgia;"><span style="background-color: white; color: #222222;">Roma è un antidepressivo naturale, disse un giorno una signora veneta di passaggio. Sembrava una boutade come tante, ma è la verità. The Truth. L</span><span style="background-color: white; color: #222222;">a bocca della verità dove i turisti mettono la mano. La città delle meraviglie da toccare con mano. Da fondersi dentro ai mezzi pubblici per ritrovare quella leggerezza di un tempo.<br /></span><br style="background-color: white; color: #222222;" /><span style="background-color: white; color: #222222;">Bus, trenino e di nuovo bus, e compaiono le dune dei cancelli di Ostia: spiagge libere, alla portata di tutti, dove capita di trovare di tutto. Un popolo multicolore, multiodore, multietà. Già sul trenino da Ostiense, fermo poco dopo essere partito. Nessuno si muove anche se una voce femminile dice di scendere perché "non c'è tensione". Proprio vero, a me è davvero sparita ogni tensione che mi portavo dentro. Anche il torcicollo con cui ero partita. Mi sento a casa, rilassata, e in buona compagnia. </span></span></div><div><span style="font-family: georgia;"><br style="background-color: white; color: #222222;" /><span style="background-color: white; color: #222222;">Nonostante la voce dica di scendere, nessuno si muove, in compenso la signora seduta vicino ne approfitta per fare due chiacchiere: quasi mezz'ora di predica e racconto autobiografico, pressoché senza interruzioni. Roma mi ha insegnato l'arte dell'ascolto e del dialogo, specie con gli sconosciuti. Ora lo riconosco, me lo ricordo. Ora che sono completamente sbrinata e rilassata ritrovo le sorgenti di quell'arte di vivere che mi ha fatto restare per sedici anni lì, lontana da casa, dove ho trovato varie case che mi hanno accolta. Storie di accoglienza, di cuori caldi, di cuori pulsanti di vita. </span></span><span style="background-color: white; color: #222222; font-family: georgia;">Come quello della signora ucraina che inizia a raccontarmi tutta la sua vita, guerra inclusa e alcune perle sapienziali: abbiamo 8 ore per lavorare, 8 ore per dormire, 8 ore per lodare la creazione. </span></div><div><span style="background-color: white; color: #222222; font-family: georgia;"><br /></span></div><div><span style="background-color: white; color: #222222; font-family: georgia;">Ma che bella apertura di vita su questo trenino dove "non c'è tensione". Racconta dell'Ucraina sotto la Russia, quando non c'era possibilità di espatrio né di lettura della Bibbia, e tutti si doveva vestire con gli stessi colori smorti. Arrivata in Italia vent'anni fa e rimasta vedova da giovane, fa la badante di una signora novantenne e si rallegra di non essere diventata né ladra né prostituta. Alla fine mi dice che i testimoni di Geova rifiutano la violenza, chi di spada ferisce di spada perisce, e scende lasciandomi un cartoncino con un indirizzo internet per andare a vedere quando arriverà la fine del mondo.</span></div><div><span style="font-family: georgia;"><span style="background-color: white; color: #222222;"><br /></span></span></div><div><span style="font-family: georgia;"><span style="background-color: white; color: #222222;">Da fine del mondo intanto è il tramonto, con un sole rosso arance di Sicilia che non vuole proprio scomparire all'orizzonte, e si attarda lento, spicchio dopo spicchio, quasi esitasse a tuffarsi tutto nel mare: </span><span style="background-color: white; color: #222222;">dono immenso del creatore! La fine del mondo può attendere. Prima c'è da fare l'ultima immersione umana estrema nell'autobus che collega il litorale con il trenino metromare. </span></span></div><div><span style="font-family: georgia;"><span style="background-color: white; color: #222222;"><br /></span></span></div><div><span style="font-family: georgia;"><span style="background-color: white; color: #222222;">Bus stracolmo, multietnico è dire poco: colori tutti diversi, dal pallido al nero notte, sguardi addormentati, avvinazzati, estenuati, assolati. Ma sempre in vena di condivisione. Non devi fare nulla, solo lasciarti coinvolgere anche se non vuoi. E il signore tunisino seduto di fronte con il cellulare e la cassa a tutto volume regala a tutto l'autobus la "Febbre del sabato sera" come fossimo discoteca. Staying alive, staying alive ah-ah-ah-ah. Lui si alza persino in piedi e vorrebbe benedire con la cassa un po' il suo amico seduto vicino a me, un po' anche me, che mi scappa da ridere ma un po' mi trattengo, un po' mi guardo attorno e mi pare davvero di stare in un film di Moretti, con un pezzo di autobus che balla e muove la testa a ritmo su uno sfondo di miseria e nobiltà. Per pochi interminabili minuti. Poi si scende e un pizzico di timore l'ho avuto e capisco che bisogna stare attenti, e un signore dice "E' stata fortunata che nun je arivata la bira addosso", eppure mi dico che Roma è il più bel battesimo di umanità vera, maleodorante e splendente che si possa fare di questi tempi. Ma Giorgia lo sa? Amen. </span></span></div></div>Unknownnoreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-6241316261809628554.post-15607629184234854222023-08-06T18:10:00.001+02:002023-08-06T18:17:29.213+02:00Grazie, ragazzi!<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: georgia;">Grazie, ragazzi che concludete oggi l'esperienza delle Giornate mondiali della Gioventù di Lisbona. Noi vi abbiamo visti da qui, dalle televisioni di casa o degli alberghi dove ci trovavamo in vacanza. Maltempo ed emergenza, così la televisione si accende e finalmente è portatrice di buone notizie. E si riaccende la gioia, la speranza, la bellezza. "Terrorizzati dal bello perché vissuti nel marcio", avevo sbirciato nel profilo Whatsapp di un ragazzo talentuoso con molti sogni e già qualche sasso di troppo nelle tasche. E forse è così per molti, non solo giovani. Assuefatti da troppa negatività, abbiamo quasi paura di aprirci al sole che abbaglia. </span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: georgia;">E allora, ancora di più, un enorme grazie a tutti voi che ci avete messo testa, cuore, gambe, il corpo intero per ritrovarvi assieme lì: un milione e mezzo, abbiamo sentito, da tutti gli angoli del mondo. Vi hanno inquadrati le telecamere: belli, assorti nella preghiera, nella pace o nella gioia straripante, nel silenzio e nel canto a squarciagola, e qualcuno magari avrà storto il naso, perché c'è sempre chi, di fronte ad un eccesso di gioia, non riesce a reggere e deve per forza dire che è tutto esagerato, che è troppo, che insomma i problemi del mondo sono tali e tanti che tutto questo è quasi uno spreco di vita. </span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: georgia;">Ma voi siete andati avanti, seguendo quell'uomo meraviglioso che è Papa Francesco e la sua forza interiore. Quella forza che soltanto la fede vera riesce a suscitare con naturalezza e spontaneità. Vi siete davvero tutti sentiti chiamati per nome, come ha ripetuto il Papa, inondandovi di un amore che fa sentire "amati così come siamo adesso, non come vorremmo essere. Senza truccarsi, senza make-up". Sono certa che in quel momento vi sarete sentiti unici, speciali, e non soltanto numeri, come ben detto da Francesco citando il rischio di una realtà virtuale che <a href="https://www.lisboa2023.org/it/articolo/papa-francesco-nella-chiesa-c-e-posto-per-tutti" target="_blank">"vi conosce per nome ma non vi chiama per nome"</a>. E poi quel "todos, todos, todos", ripetuto tante volte. "Nella Chiesa c'è posto per tutti!" </span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: georgia;">Nel giorno in cui ascoltavo queste parole e prendevo appunti sull'immancabile quadernetto tascabile da viaggio, c'era stato un incrocio di grandi eventi da segnare: <a href="https://www.avvenire.it/attualita/pagine/suor-elvira-che-per-la-sua-morte-voleva-un-festa" target="_blank">la morte di suor Elvira</a>, la "suora dei drogati" fondatrice della Comunità Cenacolo sulla collina di Saluzzo quarant'anni fa, e oggi realtà tangibile di guarigione e rinascita per migliaia di ragazzi di tutto il mondo; la nascita di un bambino da una madre giovanissima e già sola, ma sostenuta dall'affetto di una brava nonna; e sempre quel giorno su una spiaggia di una rinomata località balneare una madre e una figlia affrontavano le sferzate di un vento di scirocco capace di mettere a dura prova i nervi e il fisico di entrambe, per essere poi guarite dalla potenza del mare in tempesta e dall'umorismo da commedia all'italiana che sempre salva. </span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: georgia;">Noi qui di fronte al mare e voi lì, di fronte a quell'oceano da quale partirono esploratori finiti poi nei libri di storia. E nei libri di storia ci finirete anche voi, perché mai si erano visti telegiornali iniziare con una simile bella notizia e con immagini così abbaglianti di fiumi di ragazzi accorsi in uno stesso luogo non per un cantante, non per una manifestazione politica, ma per ritrovarsi uniti da una stessa luce che non conosce confini né barriere ideologiche. </span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: georgia;">Inondate il mondo di gioia, di pace, di bellezza, ragazzi! Non fatevi tirare giù né dalle nubi vere né dalle quelle che nascono dentro durante il percorso della vita per i motivi più diversi. "Cadere e rialzarsi", ha ripetuto il Papa ieri sera durante la veglia. E ancora oggi: "Non abbiate paura!". Abbiamo così tanto bisogno di iniezioni di fiducia, di speranza, toccando con mano e non soltanto con un clic che la fede vera illumina lo sguardo e fa sentire tutti fratelli. Ritornare nel quotidiano sarà la sfida più difficile, ma tenendo desta nel cuore l'esperienza vissuta in prima persona e cercando sempre e ovunque compagni di viaggio attorno a voi, anche la strada più tortuosa diventerà un sentiero percorribile.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: georgia;">Tornerete presto all'abbraccio dei vostri genitori e dei vostri amici, e magari troverete il coraggio di fare scelte impensate prima di partire. E guarderete il mondo con occhi nuovi. E porterete ciò che avete vissuto come regalo a chi troverà finalmente il tempo di ascoltarvi. E sarete voi, ne sono certissima, a fare quello che tanti adulti che occupano importanti posizioni di potere non riescono ancora a fare: credere davvero nella pace e nella possibilità di una convivenza gioiosa di tutti su questa piccola palla multicolore che è la nostra Terra vista dal mappamondo di casa. </span></p>Unknownnoreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-6241316261809628554.post-2444647396103418952023-07-17T19:08:00.000+02:002023-07-17T19:08:02.451+02:00Dovere di cronaca (seppure con un giorno di ritardo)<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: georgia;">Tutto inizia con una visione: luci imbizzarrite tra le nuvole della sera. Saranno mica degli ufo di mezza estate? Tutto è possibile ormai dalle nostre parti: il clima cambia, la guerra impazza a pochi chilometri da casa, l'Intelligenza artificiale promette di soppiantare le nostre ormai flebili intelligenze umane. Sarà forse arrivato il tempo dei marziani che approdano sulla Terra?</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: georgia;">Si sale in terrazza per avvistare meglio. Niente ufo, in lontananza echi di voci musicali e raggi di luci che si muovono da un punto imprecisato lì lontano...le prove generale dei <span style="background-color: white; color: #1c1c1c;">Måneskin</span>? Si va a dormire con questa supposizione nel cuore. Via Whatsapp il parroco della nostra chiesa di periferia conferma: s</span><span style="font-family: georgia;">ì, terribile. </span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: georgia;">Bene, siamo tutti pronti, zitti e buoni. O meglio accaldati e nel vortice di Caronte che sta per traghettarci tutti all'altra riva, dove sconteremo i nostri vari e numerosi peccati. Ma prima lasciateci divertire. Lasciateci vedere la periferia che si apre all'arrivo di un'ondata internazionale di fans approdati </span><span style="font-family: georgia;">da mezzo mondo </span><span style="font-family: georgia;">qui, in quest'angolino di Nord-Est. Venticinquemila dentro lo stadio. Ma la festa si fa anche fuori.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: georgia;">Siamo fuori di testa, ma diversi da loro, canta Damiano. E noi restiamo fuori. Ma ci siamo. </span><span style="font-family: georgia;">L'evento era stato annunciato da mesi, addirittura per loro si è aperta biblicamente, come Mosè nel mar Rosso, la Galleria di Piazza Foraggi chiusa da più di un anno. "<i>Mi no me piasi perché i se spoia troppo</i>", aveva minimizzato l'impiegato di un supermercato a pochi metri dallo stadio dove si sarebbe esibita la rock-band romana. "Non riesco a spiegarmi il perché di questo fenomeno, quali messaggi portano", chiedeva poi un caro amico non più giovanissimo. </span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: georgia;">Ed eccolo il messaggio che arriva da solo: il vuoto si riempie, la periferia si anima, chioschi fuori dallo stadio, ragazzi accampati dal mattino sotto ombrellini colorati anti-sole, parcheggi stipati la sera. Quei luoghi del deserto che sono casa tua, dove sai che succederà molto poco e si troverà sempre posto, improvvisamente diventano i più richiesti e gettonati. Si accendono i riflettori sul nulla. E gioia sia! </span><span style="font-family: georgia;">Le case che si affacciano sullo stadio sfolgorano di luci e persone assiepate sui balconi o alle finestre a godersi lo spettacolo. </span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: georgia;">Questo è il messaggio, caro amico: che ragazzi e ragazzini si risvegliano dalle catacombe, escono di casa, non cliccano più soltanto video su Tik-tok ma partecipano, esistono, si fanno vedere. E si divertono, magari anche assieme ai loro genitori. E questo è un messaggio ed è una notizia. La musica è sempre energia allo stato puro, risveglia i morti, unisce generazioni, può entusiasmare anche quando la calura fa sudare ad ogni respiro. </span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: georgia;">E bisogna andare a vedere. Proprio perché è tempo di stare assieme non solo virtualmente. Urge ritrovarsi vicini, vedere che ci siamo, che esistiamo anche in formato grande festa collettiva. Pure senza biglietto, che oggettivamente costa un po' troppo come mi conferma il vecchio compagno di scuola (trecento euro, avesse voluto portare tutta la famiglia).</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: georgia;">Fuori non sono molti a ballare, si preferisce piuttosto fare video, riprendere, anche solo il triangolino di maxischermo messo a fuoco dalla strada retrostante. Ma come si fa a stare fermi quando la terra tuona? "Questa sarà una serata memorabile", dice Damiano all'inizio, poco dopo le 21. Memorabile è stato già uscire di casa e trovare parcheggio, coinvolgendo nella folle impresa l'anziana madre che mantiene uno spirito da ragazzina ma non si capacita di vedere la figlia agitarsi come una menade impazzita. Ma qui non occorre essere fan sfegatati per muoversi: i brani più famosi della band sono ormai diventati gingle, musiche pubblicitarie, </span><span style="font-family: georgia;">patrimonio sonoro condiviso. Impossibile rimanere impassibili. </span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: georgia;">Quindi Marlena torna a casa, e anche noi ci ritiriamo con quell'ebbrezza adrenalinica che solo i concerti sanno trasmettere. Ma i <span style="background-color: white; color: #1c1c1c;">Måneskin</span> sono sempre con noi. Stamattina </span><span style="font-family: georgia;">al telefono con un call-center per cercare di risolvere una delle tante simpatiche grane associate all'acquisto di un nuovo cellulare: voce registrata e "Gossip", poi la signorina mi passa un altro operatore, e parte il ritornello di "I wanna be your slave". Musica e telefoni, musica e comunicazione, musica e questo magico mondo multimediale dal quale ci sentiamo sempre un po' blanditi e ingannati. Ma pur sempre musica, che muove il cor (sic!) e le altre stelle. Anche di una notte cocente di mezza estate. </span></p><p style="text-align: justify;"><br /></p>Unknownnoreply@blogger.com5tag:blogger.com,1999:blog-6241316261809628554.post-22309474389854237642022-09-18T16:14:00.000+02:002022-09-18T16:14:59.360+02:00May you live in interesting times<p><span style="text-align: justify;"><span style="font-family: georgia;">Se
ne sta lì fermo da almeno tre mesi. Lo yacht più grande del mondo, dice Wikipedia, inutilmente arenato nelle acque del golfo di Trieste a fare nulla. Sotto
sequestro perché di proprietà di un oligarca russo, e se questa storia
l’avessimo raccontata un anno fa, molti si sarebbero chiesti perché: perché la
ricchezza che tanti agi promette, diventa invece paralisi totale nelle acque
del mare che quel potentissimo yacht potrebbe solcare con il massimo della
libertà concessa ad un supermiliardario.</span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: georgia;">Eppure
è così, ed è una delle conseguenze di questa folle guerra rispetto alla quale
sembriamo diventati afoni. Muti. Impotenti. Oggi forse addirittura
indifferenti. Solo Papa Francesco, puntualmente, assegna l’aggettivo giusto
alla guerra: crudele, folle, insensata. Credo sarebbe il primo a scendere in
piazza se ci fossero ancora manifestazioni per la pace. Ma invece nulla, eccoci
qua, a quasi sette mesi dall’aggressione russa dell’Ucraina, appiattiti su
un’altrettanto folle campagna elettorale consumata nel caldo atroce di
un’estate italiana agli sgoccioli. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: georgia;">L’oligarca
proprietario dello yacht che staziona nelle acque del golfo ha risparmiato sul
nome da dare all’imbarcazione: soltanto un’iniziale, A. Ed A. è lì, davanti ai
nostri occhi ogni giorno: un carro armato gelido, metallico, impenetrabile, con
tre alberi che lo rendono riconoscibile da qualunque parte lo si guardi. Anche
lui muto, impotente, spettatore mastodontico di ciò che accade sulla terra
ferma. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: georgia;">Proprio
per non diventare anche noi tutti spettatori di quanto accade attorno a noi,
condivido alcuni pensieri e scarabocchi segnati a matita su un librino portato
in spiaggia (quelle di cemento triestine) lo scorso agosto. Mentre davanti alla
Tv scorrevano le immagini e le parole dei vari leader di partito in corsa per
queste elezioni, mi è venuto in mente un volto: quello di una persona buona,
onesta, pulita. Il volto di Mimmo Lucano, l’ex sindaco di Riace condannato a 13
anni di carcere per aver trasformato il suo comune in un modello di
accoglienza. Ho digitato su Google il suo nome per un aggiornamento: la sua
condanna è in corso di revisione e si è costituito anche un comitato a sua
difesa. Il mese scorso ha dichiarato: “<span style="mso-bidi-font-style: italic;">Siamo
di fronte a una destra pericolosa, che mi dà un’idea della politica della
punizione, che ostacola, rifiuta, chiude, rafforza il confine, parla di
sicurezza, di armi. Io la penso come Gino Strada, sono contro la guerra. La
sicurezza non giustifica la vendita di armi” (</span><a href="https://www.ilsussidiario.net/news/mimmo-lucano-questa-e-una-destra-disumana-e-pericolosa-la-sinistra/2384878/" target="_blank">https://www.ilsussidiario.net/news/mimmo-lucano-questa-e-una-destra-disumana-e-pericolosa-la-sinistra/2384878/</a>)<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: georgia;">Solo
mettere a fuoco la figura di quest’uomo buono e giusto, condotto ad agire in
politica non per personale convenienza ma per umanità, può suggerire da che
parte stare in questo momento, quando sono ancora molte le persone che dicono
di non voler votare: come votare partiti che hanno provocato questa stessa
crisi? Che all’inizio di quest’anno non sono riusciti nemmeno ad esprimere una
preferenza condivisa per l’elezione del presidente della Repubblica? <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: georgia;">Poi
nella mente mi si è affacciato un altro viso caro: quello di padre Alex
Zanottelli, il missionario comboniano oggi 84enne che ricordo in prima fila all’enorme
manifestazione per la pace a Roma nel 2004. Dopo tanti anni in Africa, ha
scelto di vivere a Napoli, osservatorio privilegiato da cui far sentire la voce
di profeta dei nostri tempi. Ecco il suo ultimo messaggio, inviato da un amico
via whatsapp. Sì, è lungo ma vale la pena di leggerlo. Si intitola “Rompiamo il
silenzio sull’Africa” ed è rivolto a tutti i giornalisti.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span><o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: georgia;">“<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Non vi chiedo atti eroici, ma solo di
tentare di far passare ogni giorno qualche notizia per aiutare il popolo
italiano a capire i drammi che tanti popoli africani stanno vivendo.<o:p></o:p></i></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: georgia;">Scusatemi se mi rivolgo
a voi in questa torrida estate, ma è la crescente sofferenza dei più poveri ed
emarginati che mi spinge a farlo. Per questo, come missionario e giornalista,
uso la penna per far sentire il loro grido, un grido che trova sempre meno
spazio nei mass-media italiani, come in quelli di tutto il modo del resto.<o:p></o:p></span></i></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: georgia;">Trovo infatti la maggior
parte dei nostri media, sia cartacei che televisivi, così provinciali, così
superficiali, così ben integrati nel mercato globale.<o:p></o:p></span></i></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: georgia;">So che i mass-media,
purtroppo, sono nelle mani dei potenti gruppi economico-finanziari, per cui
ognuno di voi ha ben poche possibilità di scrivere quello che veramente sta
accadendo in Africa.<o:p></o:p></span></i></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: georgia;">Mi appello a voi
giornalisti/e perché abbiate il coraggio di rompere l’omertà del silenzio
mediatico che grava soprattutto sull’Africa.<o:p></o:p></span></i></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: georgia;">È inaccettabile per me
il silenzio sulla drammatica situazione nel Sud Sudan (il più giovane stato
dell’Africa) ingarbugliato in una paurosa guerra civile che ha già causato
almeno trecentomila morti e milioni di persone in fuga.<o:p></o:p></span></i></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: georgia;">È inaccettabile il
silenzio sul Sudan, retto da un regime dittatoriale in guerra contro il popolo
sui monti del Kordofan, i Nuba, il popolo martire dell’Africa e contro le etnie
del Darfur.<o:p></o:p></span></i></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: georgia;">È inaccettabile il
silenzio sulla Somalia in guerra civile da oltre trent’anni con milioni di
rifugiati interni ed esterni.<o:p></o:p></span></i></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: georgia;">È inaccettabile il
silenzio sull’Eritrea, retta da uno dei regimi più oppressivi al mondo, con
centinaia di migliaia di giovani in fuga verso l’Europa.<o:p></o:p></span></i></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: georgia;">È inaccettabile il
silenzio sul Centrafrica che continua ad essere dilaniato da una guerra civile
che non sembra finire mai.<o:p></o:p></span></i></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: georgia;">È inaccettabile il
silenzio sulla grave situazione della zona saheliana dal Ciad al Mali dove i
potenti gruppi jihadisti potrebbero costituirsi in un nuovo Califfato
dell’Africa nera.<o:p></o:p></span></i></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: georgia;">È inaccettabile il
silenzio sulla situazione caotica in Libia dov’è in atto uno scontro di tutti
contro tutti, causato da quella nostra maledetta guerra contro Gheddafi.<o:p></o:p></span></i></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: georgia;">È inaccettabile il
silenzio su quanto avviene nel cuore dell’Africa, soprattutto in Congo, da dove
arrivano i nostri minerali più preziosi.<o:p></o:p></span></i></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: georgia;">È inaccettabile il
silenzio su trenta milioni di persone a rischio fame in Etiopia, Somalia, Sud
Sudan, nord del Kenya e attorno al Lago Ciad, la peggior crisi alimentare degli
ultimi 50 anni secondo l’ONU.<o:p></o:p></span></i></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: georgia;">È inaccettabile il
silenzio sui cambiamenti climatici in Africa che rischia a fine secolo di avere
tre quarti del suo territorio non abitabile.<o:p></o:p></span></i></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: georgia;">È inaccettabile il
silenzio sulla vendita italiana di armi pesanti e leggere a questi paesi che
non fanno che incrementare guerre sempre più feroci da cui sono costretti a
fuggire milioni di profughi. (Lo scorso anno l’Italia ha esportato armi per un
valore di 14 miliardi di euro!).<o:p></o:p></span></i></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: georgia;">Non conoscendo tutto
questo è chiaro che il popolo italiano non può capire perché così tanta gente
stia fuggendo dalle loro terre rischiando la propria vita per arrivare da noi.<o:p></o:p></span></i></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: georgia;">Questo crea la paranoia
dell’“invasione”, furbescamente alimentata anche da partiti xenofobi.<o:p></o:p></span></i></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: georgia;">Questo forza i governi
europei a tentare di bloccare i migranti provenienti dal continente nero con
l’Africa Compact, contratti fatti con i governi africani per bloccare i
migranti.<o:p></o:p></span></i></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: georgia;">Ma i disperati della
storia nessuno li fermerà.<o:p></o:p></span></i></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: georgia;">Questa non è una
questione emergenziale, ma strutturale al sistema economico-finanziario. L’ONU
si aspetta già entro il 2050 circa cinquanta milioni di profughi climatici solo
dall’Africa. Ed ora i nostri politici gridano: «Aiutiamoli a casa loro», dopo
che per secoli li abbiamo saccheggiati e continuiamo a farlo con una politica
economica che va a beneficio delle nostre banche e delle nostre imprese,
dall’ENI a Finmeccanica.<o:p></o:p></span></i></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: georgia;">E così ci troviamo con
un Mare Nostrum che è diventato Cimiterium Nostrum dove sono naufragati decine
di migliaia di profughi e con loro sta naufragando anche l’Europa come patria
dei diritti. Davanti a tutto questo non possiamo rimane in silenzio. (I nostri
nipoti non diranno forse quello che noi oggi diciamo dei nazisti?).<o:p></o:p></span></i></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: georgia;">Per questo vi prego di
rompere questo silenzio-stampa sull’Africa, forzando i vostri media a parlarne.
Per realizzare questo, non sarebbe possibile una lettera firmata da migliaia di
voi da inviare alla Commissione di Sorveglianza della RAI e alla grandi testate
nazionali? E se fosse proprio la Federazione Nazionale Stampa Italiana (FNSI) a
fare questo gesto? Non potrebbe essere questo un’Africa Compact giornalistico,
molto più utile al Continente che non i vari Trattati firmati dai governi per
bloccare i migranti?<o:p></o:p></span></i></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: georgia;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Non possiamo rimanere in
silenzio davanti a un’altra Shoah che si sta svolgendo sotto i nostri occhi.
Diamoci tutti/e da fare perché si rompa questo maledetto silenzio sull’Africa.”</i> (<a href="https://www.articolo21.org/2022/08/rompiamo-il-silenzio-sullafrica-appello-di-padre-alex-zanotelli/" target="_blank">https://www.articolo21.org/2022/08/rompiamo-il-silenzio-sullafrica-appello-di-padre-alex-zanotelli/</a>)<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: georgia;">Nel
bar dove segno tutto questo mi viene incontro un’ultima ancora di salvataggio:
“May you live in interesting times”, bustina di zucchero targata Biennale Arte
2019. Tre anni fa, prima della pandemia, della guerra e di tutto ciò che
viviamo oggi, qualcuno ci aveva augurato di vivere in tempi interessanti. Che
questo accada davvero. Non lasciamoci abbindolare dagli slogan e seguiamo la
linea tracciata da chi ha vissuto sulla propria pelle cosa voglia dire
ricchezza, povertà, ingiustizia, accoglienza, tenerezza. Poco prima di morire
anche un grande intellettuale e giornalista italiano, Edmondo Berselli, l’aveva
scritto in un libriccino pubblicato postumo (<i>L’economia giusta</i>): “Dovremo adattarci ad avere meno risorse. Meno
soldi in tasca. Essere più poveri. Ecco la parola maledetta: povertà. Ma
dovremo farci l’abitudine. Se il mondo occidentale andrà più piano, anche noi
tutti dovremo rallentare. Proviamoci, con un po’ di storia alle spalle, con un
po’ d’intelligenza e d’umanità davanti”.</span><span style="font-family: Arial, sans-serif;"><o:p></o:p></span></p>Unknownnoreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-6241316261809628554.post-49443784545246151612022-08-11T17:15:00.001+02:002022-08-11T17:15:35.099+02:00A Roma<p><span style="font-family: georgia;"><span style="background-color: white; color: #222222;">c'è il mondo<br /></span></span><span style="background-color: white; color: #222222; font-family: georgia;">c'è la vita<br /></span><span style="background-color: white; color: #222222; font-family: georgia;">la fede <br />le Madonne ad ogni angolo di via<br /></span><span style="background-color: white; color: #222222; font-family: georgia;">la creatività un po' folle<br /></span><span style="background-color: white; color: #222222; font-family: georgia;">la stravaganza l'arte<br /></span><span style="background-color: white; color: #222222; font-family: georgia;">il teatro di strada con Marcelo che sgrana gli occhi nel fermo immagine a Piazza Navona e si fa fotografare così, con l'occhio a palla da condividere in due, come pesci fuor d'acqua nel gran calderone della capitale.<br /></span><span style="background-color: white; color: #222222; font-family: georgia;"><br />A Roma ci sono<br />le rovine rovinate<br /></span><span style="background-color: white; color: #222222; font-family: georgia;">l'archeologia urbana<br /></span><span style="background-color: white; color: #222222; font-family: georgia;">il dialetto che ti calma e tutto sdrammatizza.<br /></span><span style="background-color: white; color: #222222; font-family: georgia;">C'è Sanpietro e i sanpietrini che distruggono i piedi<br /></span><span style="background-color: white; color: #222222; font-family: georgia;">E i turisti a frotte<br /></span><span style="background-color: white; color: #222222; font-family: georgia;">Il sorriso e la burineria<br /></span><span style="background-color: white; color: #222222; font-family: georgia;">Le battute la risata<br /></span><span style="background-color: white; color: #222222; font-family: georgia;">I messaggi di strada come questo, sublime, fuori da un ristorantino del centro: "Sognatore è colui che in un uovo vede una carbonara".</span></p><p><span style="background-color: white; color: #222222; font-family: georgia;">Ci sono i colori le pizze e le puzze<br />L'immondizia diffusa<br /></span><span style="background-color: white; color: #222222; font-family: georgia;">I barboni<br /></span><span style="background-color: white; color: #222222; font-family: georgia;">Tanti poveri cristi buttati per terra così, nell'indifferenza generale (o nell'abbraccio universale?) come se fosse la cosa più normale del mondo. Un pugno nello stomaco, da riscrivere il buon samaritano, da farlo rivivere ad ogni marciapiede.<br /></span><span style="background-color: white; color: #222222; font-family: georgia;"><br />E c'è il Papone Francesco che prega per tutti.<br /></span><span style="background-color: white; color: #222222; font-family: georgia;"><br />Roma vita amore. </span></p><div class="adn ads" data-legacy-message-id="1828d52feb6bea74" data-message-id="#msg-a:r646355465164515721" style="background-color: white; border-left: none; color: #222222; display: flex; padding: 0px;"><div class="gs" style="margin: 0px; padding: 0px 0px 20px; width: 608px;"><div class=""><div class="ii gt" id=":w0" jslog="20277; u014N:xr6bB; 4:W251bGwsbnVsbCxbXV0." style="direction: ltr; margin: 8px 0px 0px; padding: 0px; position: relative;"><div class="a3s aiL " id=":vz" style="font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: 1.5; overflow: hidden;"><div class="yj6qo" style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: small;"></div><div class="adL" style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: small;"></div></div></div><div class="hi" style="background: rgb(242, 242, 242); border-bottom-left-radius: 1px; border-bottom-right-radius: 1px; font-family: "Google Sans", Roboto, RobotoDraft, Helvetica, Arial, sans-serif; margin: 0px; padding: 0px; width: auto;"></div></div></div><div class="ajx" style="clear: both; font-family: "Google Sans", Roboto, RobotoDraft, Helvetica, Arial, sans-serif;"></div></div><div class="gA gt acV" style="background: rgb(255, 255, 255); border-bottom-left-radius: 0px; border-bottom-right-radius: 0px; border-top: none; color: #222222; font-family: "Google Sans", Roboto, RobotoDraft, Helvetica, Arial, sans-serif; font-size: 0.875rem; margin: 0px; padding: 0px; width: auto;"><div class="gB xu" style="border-top: 0px; padding: 0px;"><div class="ip iq" style="border-top: none; clear: both; margin: 0px; padding: 16px 0px;"><div id=":w1"><table class="cf wS" role="presentation" style="border-collapse: collapse;"><tbody><tr><td class="amq" style="margin: 0px; padding: 0px 16px; vertical-align: top; visibility: hidden; width: 44px;"><img class="ajn bofPge" data-hovercard-id="lucicos2003@gmail.com" id=":nm_8" jid="lucicos2003@gmail.com" name=":nm" src="https://ssl.gstatic.com/ui/v1/icons/mail/no_photo.png" style="border-radius: 50%; display: block; height: 40px; width: 40px;" /></td><td class="amr" style="margin: 0px; padding: 0px; width: 608px;"><div class="nr wR" style="border-radius: 1px; border: none !important; box-sizing: border-box; color: #222222; margin: 0px !important; padding: 0px; transition: none 0s ease 0s;"><div class="amn" style="align-items: center; color: inherit; display: flex; height: auto; line-height: 20px; padding: 0px;"><span class="ams bkH" id=":ob" jslog="21576; u014N:cOuCgd,Kr2w4b;" role="link" style="-webkit-font-smoothing: antialiased; -webkit-user-drag: none; align-items: center; background: none; border-radius: 18px; border: 1px solid rgb(116, 119, 117); box-shadow: none; box-sizing: border-box; color: #444746; cursor: pointer; display: inline-flex; font-size: 0.875rem; height: 36px; justify-content: center; margin-right: 8px; min-width: 104px; outline: none; padding: 0px 16px 0px 12px; position: relative; user-select: none; z-index: 0;" tabindex="0">Rispondi</span><span class="ams bkG" id=":qn" jslog="21578; u014N:cOuCgd,Kr2w4b;" role="link" style="-webkit-font-smoothing: antialiased; -webkit-user-drag: none; align-items: center; background: none; border-radius: 18px; border: 1px solid rgb(116, 119, 117); box-shadow: none; box-sizing: border-box; color: #444746; cursor: pointer; display: inline-flex; font-size: 0.875rem; height: 36px; justify-content: center; margin-right: 8px; min-width: 104px; outline: none; padding: 0px 16px 0px 12px; position: relative; user-select: none; z-index: 0;" tabindex="0">Inoltra</span></div></div></td></tr></tbody></table></div></div></div></div>Unknownnoreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-6241316261809628554.post-38972503432292154342022-06-27T18:31:00.001+02:002022-06-27T18:31:22.106+02:00Incontri salva-vita<p><span style="text-align: justify;"><span style="font-family: georgia;">Ci sono incontri salva-vita.
E spesso questi incontri capitano la domenica, il giorno della festa e della
sospensione delle umane attività, quando corpo, mente e spirito riescono a fare
spazio ad altro che non siano i propri pensieri affannosi.</span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="line-height: 115%;"><span style="font-family: georgia;">Ieri mi ha salvato Giordano,
il volto buono della follia. Prima di Basaglia qui a Trieste bastava essere un
bambino un po’ “fuori di testa” e venivi subito portato al manicomio. Giordano
aveva 7-8 anni quando dal Burlo si ritrovò a San Giovanni. Ora ti racconta
tutto con estrema lucidità e le braccia che tremano. Ma non un filo di rabbia o
di risentimento per tutto ciò che ha dovuto subire: una ventina di elettrochoc,
con scariche che addirittura gli facevano uscire fumo dalle orecchie. Robe da
lasciarci la pelle, infatti un paio di ragazzi dopo un elettrochoc del genere sono morti.<o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="line-height: 115%;"><span style="font-family: georgia;">Sono loro i veri maestri.
Gli amici di quel “Maestro buono” che ha conquistato tanti di noi proprio per
quella capacità di camminare accanto ai più deboli ed emarginati. E come il suo
volto d’amore ci ha salvato, continuano a salvarci i volti dei tanti diseredati
della terra. Sono loro la Buona notizia. Che ti arriva dolce proprio come le
parole di Giordano. <o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="line-height: 115%;"><span style="font-family: georgia;">Ma il bello deve ancora
venire. In questo momento di terra infuocata e caldo asfissiante, solo da uno
come lui poteva arrivarti un consiglio di cucina che ti rimette in vita. “Vado
a casa e mangio la peperonata, l’ho fatta io!”. Segue ricetta: cipolle rosse di
Tropea con aglio da far soffriggere, basilico, peperoni multicolori, melanzane,
pomodorini, tutto in pentola a pressione. “Ma non aprire subito, sennò
scoppia!”. E poi i racconti dell’Accademia della follia, cioè il teatro che
anche lui salva-vite di continuo perché ti porta fuori da te. <o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="line-height: 115%;"><span style="font-family: georgia;">E la casa, in una rovente
domenica di giugno, si riempie di un odore intenso d’estate. Grazie, Giordano,
la tua fede mi ha salvata. </span><span style="font-family: Arial, "sans-serif"; font-size: 13pt;"><o:p></o:p></span></span></p>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6241316261809628554.post-1764234404266216692021-12-31T19:00:00.000+01:002021-12-31T19:00:09.024+01:00Che sia benedetta<p><span style="text-align: justify;"><span style="font-family: georgia;">C’è la peste, Jonny, c’è la
peste. Lo so che tu lo sai perché è arrivata anche dalle tue parti. Girano
tutti con le mascherine nere, bianche, verdi, blu, rosa e azzurrine, e in
questi giorni che c’è freddo, con il cappello in testa, sembra che indossino tutti
un burqa che nasconde il viso.</span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="line-height: 115%;"><span style="font-family: georgia;">Siamo solo occhi. Occhi che
si scrutano o nemmeno quello. Occhi che guardano avanti, per terra, in alto.
Sì, in alto, Jonny. Io voglio guardare il cielo. Mi piace da matti guardare
lissù perché mi mette pace. Ieri qui c’era un tramonto di quelli che ha cantato
Elisa nei “Tramonti a Nord-Est”: uno spettacolo galleggiante di mare, rosa,
azzurro, nuvolette. E in quel momento mi sono scordata tutto. Anche il burqa. <o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="line-height: 115%;"><span style="font-family: georgia;">Non ti trattengo troppo, Jonny. Perché tra un po’ mi voglio seguire il Te Deum
del Papa. La voglio sentire questa preghiera dell’ultimo giorno dell’anno, che
anche in un anno come questo può trasformarsi in ringraziamento. Proprio come è
successo poche ore fa in piazza Unità: sai la più grande piazza affacciata sul
mare, come hanno sempre detto le guide turistiche qui a Trieste? L’abbiamo
passeggiata in lungo e in largo perché è l’ultimo giorno dell’anno, e per terra
c’erano ancora le scritte degli accampamenti dei mesi scorsi durante le
proteste No-Green Pass: ‘Trieste chiama/Verona-Milano-Genova’ ecc. Trieste
chiamava tutte queste altre città. Proprio lei: l’indipendente, autonoma,
libera, asburgica, scientifica, fredda Trieste chiamava a raccolta come una
chioccia tante altre città italiane. Per protestare contro Green-Pass, vaccini
e co. Tutto passa, ed è passata anche questa. <o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="line-height: 115%;"><span style="font-family: georgia;">Ma oggi la musica era
diversa. C’era proprio la musica, Jonny. Tra gli alberi di Natale addobbati di
rosso correva la musica di festa. Tutti mascherati, tutti con il burqa, ma
c’era la musica, e che musica! Suonava Fiorella Mannoia e la sua “Che sia
benedetta”, Sanremo dell’anno in cui mio padre se n’è andato: 2017. Mi sono
piazzata al centro della piazza, che è già bello da scrivere, e mi sono fermata
lì, a non fare niente. Solo ascoltare le parole di Fiorella tra gli alberi natalizi.
“Che sia benedetta. Per quanto assurda e complessa ci sembri, la vita è
perfetta. Per quanto sembri incoerente e testarda, se cadi ti aspetta. Siamo
noi che dovremmo imparare a tenercela stretta. Tenersela stretta”. <o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="line-height: 115%;"><span style="font-family: georgia;">Così in quel momento, Jonny,
avrei voluto chiamarti. Per dirti che è proprio così, come canta Fiorella. E
che ce lo dovremmo ricordare più spesso, anche quando invece dentro ci sale la
rabbia e il cinciut e la malinconia. Ora vado a sentire cosa dice il Papa e, se
c’è qualche frase di quelle memorabili, te la scrivo qui sotto. Intanto auguri!<o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="line-height: 115%;"><span style="font-family: georgia;">PS: “Non c’è nulla di più
meraviglioso della realtà”. Questo mi sono segnata. E me lo tengo stretto. Francesco
secondo me oggi l’ha ascoltata anche lui Fiorella. </span><span style="font-family: Arial, "sans-serif"; font-size: 14pt;"><o:p></o:p></span></span></p>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6241316261809628554.post-952196972499763472021-11-20T19:07:00.000+01:002021-11-20T19:07:14.140+01:00M’illumino d’immenso<p><span style="text-align: justify;"><span style="font-family: georgia;">E
poi una sera, quando meno te l’aspetti e hai pure preso una Tachipirina per il
mal di testa, capita di sentir tuonare. Un prete che non ha la faccia da prete
tuona dal pulpito di una chiesa di periferia. Prende il microfono in mano e in
certi toni sembra quasi assordante. Parla di naufragi, di gente che sta in
carcere da una vita ma proprio lì ha imparato a vivere; racconta di sé, di
Giuseppe Ungaretti e delle ninfee di Claude Monet: ne ha fatte 37, e qual era
la migliore? Forse l’ultima? No, la prima: non la più perfetta ma quella
concepita nel momento di “massima ignoranza”, quando è ancora possibile il “massimo
stupore”.</span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: georgia;">Si
rimane incollati alle panche ad ascoltare. A digerire macigni. Come la storia
di chi è in carcere dal 1991 ed è arrivato a questa saggezza, da imparare a
memoria subito: “non importa quanto tempo devo stare qui dentro, posso sempre
decidere come starci, come vivere: da guerrafondaio o da poeta”. Forse la voce
che parla da quel microfono le ha conosciute le tonalità del guerrafondaio, ma
deve alla fine aver scelto la strada della poesia: perché c’è troppa
ispirazione in quelle parole. L’ispirazione dell’artista, di chi sa cogliere
nella realtà che viviamo non soltanto la tenebra e l’oscurità, ma la luce che
può illuminare queste tenebre. “Non aver paura dell’ombra, perché vicino c’è la
luce; non esiste la bruttezza, esiste la bellezza che manca; non esiste la
cattiveria, esiste la bontà che manca; non esiste l’ombra, esiste la luce che
manca”. Siamo orfani di luce in questo momento; siamo pieni di paure, e pure di
rabbie e di stanchezze che si stanno depositando dentro di noi come strati
archeologici sempre più spessi. Eppure proprio in questo momento ci sono voci
che ci possono scuotere dal torpore pericoloso in cui rischiamo di cadere. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: georgia;">Come
appunto le voci dei poeti. Metti Ungaretti, per esempio. Ha scritto quella
poesia che ciascuno di noi ha impressa dentro il suo dna, a volte senza nemmeno
ricordare il nome dell’autore: “M’illumino d’immenso”. In quelle quattro parole
c’è tutto. Tutto quello che anche adesso può succedere a ciascuno di noi:
lasciarsi illuminare d’immenso. Lasciarsi baciare dalla tenerezza di uno
sguardo, dalla bontà, dalla bellezza; dalle foglie giallo fosforescente dell’autunno,
dai cachi arancioni che fanno già albero di Natale in ogni giardino; dagli
occhi pieni di vita di un adolescente in crisi; dalle mani tremanti di un
vecchio che ha perso la testa. “M’illumino d’immenso”: quattro parole che
spiegate così nessuno di noi le aveva mai sentite. “M’illumino perché è come se
si fosse proprio puntato la luce contro”. Ci sono momenti della vita in cui il buio
è fitto, ma questi versi dicono anche a noi oggi che “in quel buio non sono
scappato, ma ho cercato la luce che potesse illuminarmi”. Quella poesia
Ungaretti l’ha scritta a 29 anni, nel pieno della I guerra mondiale, ed ha pure
una data precisa: 26 gennaio 1917. E un luogo preciso, S.Maria la Longa,
paesino a poca distanza da Palmanova. “Dentro al buio della guerra si è
lasciato illuminare”. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: georgia;">Da
dove ripartire dunque oggi? Da sé stessi. Dalla propria storia. Da quello che
resta dopo tutto ciò che abbiamo vissuto. ll prete che tuona da quel microfono
ogni tanto la voce la abbassa. E vedi il ragazzo, il giovane uomo che deve
averne viste tante e di ogni storia si è innamorato; si è lasciato contagiare
dalla fragilità di chi lo ha accostato, e proprio da quella fragilità è stato
salvato. Le storie più belle sono quelle di chi “dopo il naufragio ha vinto la
vergogna e si è messo sulla strada”: ex carcerati, ex pazienti di manicomi, e
la lista potrebbe continuare all’infinito. Sono le storie di chi ha accettato
di essere sé stesso senza ripiegarsi sul suo dolore, su ciò che avrebbe potuto
anche abbatterlo per sempre. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: georgia;">Come
ripartire? “Dalla tua vita, da quello che sei, dall’amore per le piccole cose”.
Lo dice anche Ungaretti in un’altra poesia: “E subito riprende il viaggio come
dopo il naufragio un superstite lupo di mare”. Non rinunciamo a vivere dopo il
naufragio. E soprattutto non lasciamo naufragare lei, la piccola speranza, alla
quale Charles Peguy dedicò stupende parole nel ‘Portico del mistero della
seconda virtù’. “Non c’è nessun luogo della storia dove tu non possa fare
esperienza di bellezza”. </span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: georgia;">Un immenso, sentito grazie a don Marco Pozza,
cappellano del carcere ‘Due Palazzi’ di Padova per questa lettura intensa,
vissuta ed assordante di un piccolo tesoro della poesia italiana. Ci voleva un
prete come lui, turbolento e dolce al tempo stesso, per far risuonare in quel
modo Ungaretti in una chiesa semplice, scaldata solo da quel lumicino accanto
al tabernacolo che non si spegne mai. Al quale si dovrebbe tornare un po’ più
spesso per lasciarsi illuminare nelle proprie angosce. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: georgia;">E
subito abbiamo ripreso il viaggio, come superstiti lupi di mare, tornando alle
nostre case con un batticuore da bambini che hanno dentro una gioia inquieta che
non si scorda. </span><span style="font-family: Arial, sans-serif;"><o:p></o:p></span></p>Unknownnoreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-6241316261809628554.post-42166068227183273212021-09-05T20:23:00.003+02:002021-09-06T08:33:10.558+02:00Storie in movimento<p></p><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: georgia;">Settembre, andiamo, è tempo di migrare!</span></div><span style="font-family: georgia;"><div style="text-align: justify;">Ti prendiamo alla lettera, D'Annunzio, e anche se questo sarebbe in realtà il tempo di ricominciare stando fermi e ben radicati nel proprio lavoro, qualcosa dentro invita a prendere il largo. Qui a Trieste c'è il mare e pure il battello che percorre felice il tratto golfo-laguna di Grado, così in un sabato da crocieristi di passaggio che intasano l'unico parcheggio buono lungo le Rive, mi imbarco anch'io sulla bagnarola che attende i passeggeri al molo Audace. </div></span><p></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: georgia;">E' una scia grossa e spumosa quella che segna una progressiva distanza dalla città. Tutto è da fotografare, anche solo interiormente: il mare blu, le sagome dei palazzi che si assottigliano, il vento, i volti dei viaggiatori. Una gioia bambina trasfigura tutto, e mi godo i raggi del sole che, passati i cinquanta, non è più solo piacevole tintarella ma salutare fonte di vitamina D e terapia naturale per molte di noi. </span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: georgia;">E' potente il mare, una forza della natura. Sono pochi quelli che si mettono a contemplarlo per l'intera durata del viaggio, in piedi come fusi, eppure è davvero uno spettacolo che merita di essere guardato da vicino. Non importa se gli occhiali diventano presto marmorizzati per il sale, non importa se le orecchie si assordano per il fracasso sonoro del motore. Importa solo essere lì e lasciarsi abbacinare. </span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: georgia;">Allo scoccare dell'ora e un quarto, quando secondo la tabella di marcia dovremmo già essere arrivati a Grado, siamo ancora nel bel mezzo del mare. Un dubbio mi avvolge: sarà che ho sbagliato battello e siamo in realtà diretti a Lignano? Un ciclista tedesco mi conforta dall'alto del suo elmetto protettivo. "Tutto ciusto, stiamo arrivando a Crado!". Si entra infatti nella laguna e si approda, finalmente. Sul molo d'attracco una ragazza con la scritta "La sposa" si sbraccia: dov'è la sposa? Sono io? Era a bordo e non me n'ero accorta? Un gruppetto di giovanissime con maglietta che accenna ad una sbronza imminente scorta una ragazza acconciata con estro sbarazzino. Applaudiamo e ciascuno sbarca come meglio può. </span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: georgia;">Ma è al rientro che il viaggio si rivela audace come il molo da cui è partito il battello. C'è l'entusiasmo e la stanchezza della giornata trascorsa in spiaggia o nel centro storico della cittadina lagunare, ma soprattutto c'è la voglia di condividere qualcosa con i passeggeri ritrovati. Mamma e figlia abbronzatissima vengono da Agrigento, hanno visitato Grado e Trieste, Miramare in testa, e ne sono entusiaste. "In Sicilia non c'è solo la mafia - ci tengono a precisare - e poi anche qui non è che si stia poi così tranquilli..." Sono loro che mi informano della sparatoria in pieno centro che c'è stata al mattino a pochi passi dal loro hotel. </span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: georgia;">Il mare dopo il tramonto è nero seppia, il vento della sera sconquassa e sono intrepidi quelli che decidono di fare le sentinelle sulla prua per tutta la durata del viaggio. Si tratta, come nell'andata, di lasciarsi salare dagli spruzzi, di vedere fosco per circa un'ora e quaranta - tanto dura il viaggio nella realtà - e di urlare come forsennati per fare due chiacchiere comprensibili in mezzo al rumore assordante del motore. Ma come sempre ne vale la pena. Un ragazzo si incappuccia con l'asciugamano a guisa di monaco per combattere il freddo umido e mi ispira a fare lo stesso con il foulard. Non prima di aver scambiato due parole con una signora milanese di origini napoletane, che anch'ella magnifica la bellezza di Trieste. "Soprattutto è bellissima la condivisione degli spazi comuni!". Ovvero? Rozzol Melara? No, via, il Lungomare barcolano. "Tutti si mettono lì, su quella striscia di cemento a prendere il sole, con grande naturalezza". E' bello sentire la traduzione che lo straniero fa di qualcosa che per te è ormai quasi connaturato. D'ora in poi diciamo che andiamo a condividere gli spazi comuni, non che andiamo "al bagno" a Barcola. </span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: georgia;">Ed eccoci lì fuori sulla prua, seduti o in piedi da equilibristi, a ritrovare una normalità di respiro e aria nei polmoni imbarcata con tutta l'ebbrezza che ci arriva dalla pandemia in cui siamo ancora immersi. C'è' il ragazzo monaco con l'asciugamano, la ragazzina incappucciata con la felpa come tutti gli adolescenti, e la sottoscritta sistemata un po' come una naufraga. </span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: georgia;">Sì, è proprio a tutti i naufraghi che mi viene da pensare nella notte buia. Ci sono le lucine della città in fondo perché siamo in un golfo: immagina di essere nel mare dove non ci sono appigli visivi, con il freddo che sale e il sale che ti ricopre. E tu che scappi, non che fai il turista. Si spegnerebbe qualunque cinico discorso politico se qualcuno provasse a farla questa esperienza. Se si provasse davvero a mettersi nella pelle degli altri. </span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: georgia;">Ma arriva la poesia. A sinistra un nugolo di gabbiani bianchi ci segue. Ci scorta. Volano alla nostra stessa velocità. Mi sale dentro il canto degli "Uccelli" di Battiato, e mi affiora pure l'albatros di Baudelaire nella versione radiofonica di Jack Folla e "Un dj nel braccio della morte". Seguono visioni delle colombe dello Spirito Santo. C'è aria di libertà. Di quella pura, che vola alto. "Sa perché ci volano così vicini? Perché noi muoviamo il mare, ci sono le luci e loro vedono dove tuffarsi". Creature meravigliose, che per una volta vanno al nostro stesso passo. </span><span style="font-family: georgia;">Siamo tutti in movimento.</span><span style="font-family: georgia;"> </span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: georgia;">PS: nello zaino il manuale "La storia in movimento". La storia mette in moto. Metti in moto le tue storie! Buona ripresa a tutti!</span></p>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6241316261809628554.post-5134779773256207162021-08-07T18:00:00.001+02:002021-08-07T18:58:42.418+02:00#RiparTIAMOItalia *<p style="text-align: justify;"><span style="color: #222222;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">Fino
all’ultimo non ci si crede. Dopo che per mesi e mesi tutto resta
lì, fermo, immobile, o dietro ad uno schermo o davanti ad uno
schermo: a parlare, ad ascoltare, a guardare l’Italia che si
vaccina, l’Italia che porge il braccio a migliaia e migliaia di
aghi ripresi da migliaia di telecamere. Finché non ci si mette
in viaggio non è possibile che esista altro orizzonte se non quello:
la pandemia, la malattia, il virus, gli ospedali, i vaccini, le
polemiche correlate, i negazionisti, la scuola a distanza, la scuola
in presenza, le ore sincrone e asincrone, e l’elenco potrebbe
continuare per righe e righe se non ci fosse quell’invenzione
sacrosanta che dovrebbe essere un diritto per tutti e lo è invece
per pochi: la vacanza. Fino all’ultimo sembra davvero un’invenzione.
Sembra che non sia possibile concedersi il lusso
di “vacare”, cioè di essere vuoti, liberi di vagare, di avere un
altro pensiero in testa che non sia soltanto la paura di ammalarsi,
di essere contagiati e di contagiare.</span></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><b>Il
viaggio ritrovato</b></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>
- </span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>Green
pass nello zaino e</span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>
ci si mette in viaggio. </span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>Tutto
scorre. Sulle rotaie. Quelle vere del treno e quelle metaforiche
della vita. Tutto va avanti. Anche nel tempo della pandemia, a un
anno e </span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>mezzo</span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>
dalla sua </span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>ufficiale
</span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>comparsa
in Italia.</span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>
L</span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>'Italia
viaggia, si muove, ma con tutte le precauzioni del caso: mascherine
sui treni, liquidi igienizzanti, </span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>distanziamento
attento</span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>.
</span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>La
Polizia controlla che tutti rispettino l’obbligo di rimanere
mascherati per tutta la durata del viaggio. Qualcuno pensa di farla
franca? Viene gentilmente invitato a scendere. Il signore che aveva
segnalato il “caso” dei due passeggeri privi di dispositivo di
sicurezza - ormai ci siamo abituati a parlare come un manuale te</span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>c</span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>nico
- gongola con un chiaro eccesso di nevrosi. Volano parole grosse.
“Tutta colpa loro se poi a settembre ci ritroveremo di nuovo come
l’anno scorso!”. </span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>Nitrisce
di rabbia, mentre u</span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>na
signora vicino ha appena finito di disinfettare in modo compulsivo i
sedili sui quali si </span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>sistemerà
con la figlia. Anche lei gioisce per lo zelo dell’altro passeggero.
Poco dopo si inabisserà in una lunga telefonata mettendo comodamente
i piedi sui sedili da lei stessa disinfettati. </span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>Ormai
siamo un popolo altamente igienizzato.</span></span></span></span></span></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>E</span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>cco
cosa mancava da un po’: osservare, ascoltare, mimetizzarsi tra gli
altri al di fuori di uno schermo, e se capita scambiare due parole con
chi condivide uno stesso tratto di strada. La socializzazione! Non ne
hanno bisogno soltanto i ragazzi, come si è detto tante volte nei
mesi </span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>scorsi</span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>,
ma anche gli adulti. Che però ogni tanto la inquinano con malumori e
incomprensioni e quello che in triestino è un’intraducibile parola
dal suono onomatopeico: “cinciut” = “folletto, incubo notturno,
senso d’oppressione, strana irrequietezza” (dizionario <i>Il
nuovo Doria</i>, M.Doria-N.Zeper). Ovvero, per estensione, stato
d’animo di persona “agitata, scorbutica o di cattivo umore”. Il
minimo in era Covid? Ma questo c’era già prima, via, e pure in
dosi massicce. Ognuno poi il suo malanimo lo cura come può e crede. Scambiare due
parole con altri passeggeri a bordo di un treno può essere altamente
terapeutico per alcuni, perché ti porta fuori dal tuo mondo popolato
di incubi notturni anche di giorno. Pertanto, più passano le ore,
più il viaggio appare una grande benedizione del cielo.</span></span></span></span></span></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>Ancora
la Polizia che passa e s</span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>bircia
nella gabbietta di una ragazza seduta: c'è un gatto grigio scuro senza pelo,
“effetto tipo vellutino”, dice </span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>la
</span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>ragazza
con accento toscano </span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>e
“t” aspirata</span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>;
“è un gatto anallergico”, </span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>le
fa eco il fidanzato</span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>.
Beatitudine del viaggio che ti porta su treni che uniscono
l'Italia e non la dividono, come nella demente gazzarra politica. A
bordo due signori campani di una certa età; lui mostra orgoglioso il
passaporto vaccinale della sua regione: una tesserina digitale
che ha garantito solo De Luca. Come sempre originale e unico,
appunto. </span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>Mi
cambio mascherina nell'intercapedine tra una carrozza e l'altra. Il
signore dice che secondo lui c'è una speculazione su queste
mascherine: se siamo vaccinati questo non basta? Allora hanno ragione
i no-vax? </span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>Quante
domande sono aleggiate e continuano ad aleggiare in questi mesi! E quanto abbiamo rischiato di
rompere rapporti di amicizia o colleganza per diversità di vedute su
questo o quell’altro aspetto della pandemia. Ma perché non fidarsi di chi ne sa più di noi? Allora è vero che tutte le crisi, come avevo letto tempo fa, sono prima di tutto crisi di fiducia: che non ti fidi più di nessuno e ti vuoi fare giustizia da solo, invocando una libertà che nessuno ha mai negato a nessuno. Basta farsi due passi sotto un carcere e il concetto brilla chiaro. </span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>Dialogare,
comunicare, parlarsi, anche attraverso una museruola. “Come bambini
che l’hanno fatta grossa”, ha scritto l’anno scorso profeticamente la poetessa
Mariangela Gualtieri nella poesia sul lockdown “9 </span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>marzo
</span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>2020” (<a href="https://www.youtube.com/watch?v=yvyXncMb6TM" target="_blank">qui il link</a>).</span></span></span></span></span></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><b>L</b></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><b>a
grande bellezza</b></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>
– Ed eccoti, grande bellezza, ci sei sempre! Sei sempre rimasta lì
ad aspettarci. Roma è lì da secoli, strato dopo strato nel quale
anch’io mi rispecchio. Ripasso ciascuno dei sedici anni trascorsi
lì, tra le strade della capitale più calda ed affettuosa che io
abbia mai conosciuto. Quel posto dove ti senti a casa subito. Dove
tutto è possibile: incontrare “barboni” e nobili lo stesso
giorno; Roberto Saviano alla Basilica di Massenzio che regala una grande lezione su Dante e un gran bazar di guide turistiche fuori dal Colosseo che offrono visite guidate come panini o bibite sul treno; il Papa da San Pietro che impartisce </span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>la
</span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>
benedizione </span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>da
una finestrella lontana </span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>e
la “stracciona” seduta davanti al Viminale che impreca contro il
cielo: “Solo per questo non deve leccare i piedi a nessuno!” </span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>Il
soggetto resta sospeso nell’aria, </span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>assieme
alla rabbia profonda</span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>.</span></span></span></span></span></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>Siamo
voce. Siamo paesaggio sonoro. Mi lascio </span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>avvolgere dalle tante voci </span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>di
dialetti e lingue multiformi</span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>:
voci romane, francesi, spagnole, inglesi, misto-mare. Un flusso
musicale ininterrotto nel quale fare il bagno, schivando i tanti
monopattini che sono la vera novità post-Covid tra le strade della
capitale. Monopattini e monnezza, monopattini e turisti che iniziano
di nuovo ad arrivare e a dare nuova linfa a questa città benedetta
dal Padreterno prima che da Romolo e Remo.</span></span></span></span></span></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>Roma
è il primo </span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>S</span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>ud
che incontri </span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>scendendo
dal </span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>No</span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>rd</span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>.
Il </span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>S</span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>ud
del calore e del degrado umano. Il </span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>S</span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>ud
della bellezza sfacciata </span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>del
cielo blu mediterraneo</span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>
e degli orologi che vanno ognuno all'ora che vuole, </span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>come
ha notato acutamente la cugina informatica</span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>.
Il </span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>S</span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>ud
della spazzatura fuori dai cassonetti e della povertà abbandonata a
se stessa. Come statue nelle nicchie </span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>delle
chiese</span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>,
i "barboni" stazionano tra una vetrina e l'altra, sui
marciapiedi, nei posti lasciati vuoti da vasi di fiori. Sono le
statue dello scarto. Della solidarietà </span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>tanto
invocata da Papa Francesco</span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>.</span></span></span></span></span></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>Poi
alzi lo sguardo ed è lo stupore degli oleandri bianchi, fucsia, rosa
nelle strade, e dei pappagallini verdi fluorescenti che fanno il loro
tipico verso stridulo tra gli alberi del centro, dopo il carosello di rondini impazzite che svegliano la città al mattino presto. Roma grande parco
esotico di palme e vegetazione lussureggiante a due passi dal caos
del traffico. Lì una bouganville fucsia acceso si inerpica accanto
ad un posto che vende pizza al tag</span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>lio da sogno di un mezzogiorno infuocato</span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>;
ti giri e, </span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>a
due passi dal capolavoro del Mosè di Michelangelo a San Pietro in
Vincoli,</span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>
</span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>ti
viene incontro una massima messa lì così, da chissà quale poeta di
strada: “</span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>Nun
me godrò ‘n soriso fino ‘n fonno finché sarò cosciente der
fatto che da quarche parte in questo assurdo monno...tanta gente nun
soride affatto!</span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>”.
Sembra che dentro scorra un continuo dialogo silenzioso tra la
capitale e chi gira per le sue strade. Dappertutto sono messaggi da
meditare o semplicemente guardare e portare a casa: “Siamo sudati
di allegria”. </span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>Verità
di un luglio infuocato.</span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>
“Non sei tu ad essere diverso, ma gli altri </span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>tutti
uguali</span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>”.
</span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>Confortante.</span></span></span></span></span></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>E
poi gli incontri. Quelli che capitano così, </span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>per
caso, quando meno te lo aspetti,</span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>
come quello con il signore seduto di fronte </span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>nei
giardini di Piazza Vi</span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>t</span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>torio
recentemente rinnovati. Ha </span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>una
vita da raccontare: la distrofia muscolare, il ricover</span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>o</span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>
per Covid con la moglie, </span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>l’aggressione
subita a causa de</span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>l</span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>
suo handicap, </span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>ma
anche le passioni che fanno vivere, come l’arte, la comunicazione e
la scrittura. E</span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>
ancora</span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>
</span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>il
nobile immobiliarista e pure agente di spettacolo di attori famosi,
che snocciola massime di saggezza profonda come questa, simile ad un
detto triestino: “Case saranno che noi non saremo”. </span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>Come
a dire: cerca, cerca, ma nel frattempo vivi al meglio la vita. Senza
scordare che “il tempo migliore è quello che sembra perduto”.</span></span></span></span></span></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><b>Oh,
vita!</b></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>
- </span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>Come
posso io non celebrarti Roma, </span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>canterebbe
anche Jovanotti</span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>?
</span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>Sei
naturalmente predisposta al dialogo, al contatto umano, ai rapporti
interpersonali. </span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>Roma
</span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>è</span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>
comunitaria nel DNA, nessuno si sente escluso. Nessuno, nemmeno i
tanti, tantissimi senzatetto che sono accampati un po' dappertutto.
</span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>Forse
è l’effetto del Covid, o forse l’occhio si è abituato ad un
Nordest dove non </span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>c’è
posto per</span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>
quel tipo di povertà </span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>vissuta</span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>
per la strada sotto lo sguardo di tutti.</span></span></span></span></span></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>C’è
chi approfitta delle tante fontanelle di acqua fresca e gratuita per
lavarsi in pieno centro. Sotto il Lungotevere è aumentato
l’accampamento di tendine per chi non ha davvero altra scelta se
non quella di dormire sotto i ponti. Fuori dalla Stazione Termini
qualcuno ha “prenotato un posto”</span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>
</span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>ammassando
le sue masserizie – </span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>sacchi
di plastica e coperte - </span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>dove
di notte si sistemerà a dormire. “Sa perché fanno così?”,
spiega il tassista. “Perché </span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>nei
posti dove potrebbero dormire hanno paura che qualcuno gli rubi la
loro roba”. </span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>Questo
lo sapevo anche da Ginni, africana dal cuore mite che mi ha insegnato
più di tanti maestri titolati.</span></span></span></span></span></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="color: #222222; font-family: georgia; text-align: left;"><span style="font-size: medium;">E
faccio un bagno di umanità e di sudore. E dentro si rinasce a nuova
vita. Perché Roma è anche oasi spirituale di chiese ad ogni angolo,
e di tanto silenzio e contemplazione. Anche fuori dalle chiese. Anche
sulle terrazze del quartiere Testaccio, dove ho vissuto a lungo
respirando l’aria serena della sera. Qui la pandemia ha rinvigorito i rapporti umani, paradossalmente, proprio durante il
primo lockdown dell’anno scorso: “Ci siamo ritrovati qui sulla
terrazza a fare yoga, o a fare conversazione in inglese, o a mangiare
qualcosa assieme”, raccontano gli ex vicini di casa. E quei rapporti nati così, sull’onda del buio
di un evento inaspettato e tragico, hanno generato vita.</span></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><b>E
c’è dell’oro in questo tempo strano</b></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;"><span><span><span>
– Allora sì, ha davvero ragione la poetessa Mariangela Gualtieri: “C’è
dell’oro, credo, in questo tempo strano”. C’è dell’oro, ma bisogna
prendersi il tempo di contemplarlo. </span></span></span></span></span></span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;">Per reimparare che siamo ricchissimi, viviamo in paradiso ma ce lo scordiamo. S</span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;">ul treno del rientro distribuiscono gratis </span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;">acqua </span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;">di Fiuggi</span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;">, </span></span><span style="font-family: georgia; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: left;"><span style="color: #222222;">gel igienizzante, mascherine. In bagno c’è il sapone e la carta igienica. Tutto scorre, e all'arrivo altre sorprese con il sapore d'estate: una crociera di mezz'ora a venti all'ora per raggiungere da Grado l'isola di Barbana, dove ad attendere i pellegrini c'è in chiesa una "gatta mistica" - così dicono i benedettini che ora hanno in custodia il santuario - felice di partecipare alle messe; e al tramonto il Castello di Miramare di Trieste animato da note shakespeariane. Pertanto, seppure ancora nel bel mezzo di una pandemia, non posso non evocare Etty Hillesum e lodare questa vita nell'estate 2021. </span></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><span style="text-align: left;"><span>* scritta benaugurante sui poggiatesta dei sedili dell'Eurostar. Questo è un post asincrono buttato giù tra </span></span><span style="text-align: left;">luglio e agosto</span><span style="text-align: left;"> e pubblicato solo ora come testimonianza per il futuro. </span></span></p>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6241316261809628554.post-86760734958472959372021-01-16T20:06:00.001+01:002021-01-16T23:33:23.440+01:00Estranei sulla strada<p><span style="font-family: georgia; text-align: justify;">Io li ho visti. Non sapevo dargli
un nome ma li ho visti che sbucavano fuori dagli alberi dei boschi che
lambiscono la strada statale, a pochi passi dall’Università “grande”. Li ho
visti mentre ero in macchina e tornavo da scuola: giovani, pochi anni in più
degli studenti, volti dalla pelle scura, felpe consunte con il cappuccio, una
bottiglia d’acqua in mano, a gruppetti di tre-quattro, camminare uno dietro l’altro
verso non so dove. Mi sono domandata chi fossero: certo “migranti”, come
diciamo quando non sappiamo da dove vengano queste persone né dove vadano, ma siamo
certi che non sono triestini in cerca di asparagi in Carso.</span></p><p><span style="font-family: georgia; text-align: justify;">E poi li ho visti di nuovo, proprio
a pochi passi da dove sono nata. In periferia, quasi di fronte al negozio di
giornali che conosco da quando sono bambina. Erano stati fermati da una
camionetta militare ed erano seduti per terra, questa volta un gruppetto più
nutrito. Ma pioveva, e di nuovo ero in macchina, e di nuovo dovevo andare da
qualche parte e non potevo fermarmi, così l’ho fatto ancora una volta. Ho voltato la
testa dall’altra parte. Poi me ne sono dimenticata.</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="line-height: 115%;"><span style="font-family: georgia;">L’ho letta la parabola del buon
samaritano, la conosco bene, l’ho pregata e l’ho anche riletta nell’enciclica di
Papa Francesco 'Fratelli tutti', nella parte intitolata appunto “Un estraneo
sulla strada”. E loro erano precisamente questo: estranei sulla strada. Avevo
letto e sapevo dentro come ci si deve comportare, per non ritrovarsi un bel
peso sulla coscienza. Ma non l’ho fatto. Sono andata avanti, e ho dimenticato,
sopraffatta dal resto. <o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="line-height: 115%;"><span style="font-family: georgia;">Oggi posso dare un nome a questi
estranei sulla strada. Oggi so, e non posso più tacere né dimenticare. Ho
ascoltato la presentazione del dossier “I migranti senza diritti nel cuore dell’Europa”,
organizzato questa mattina dalla <a href="https://www.facebook.com/RiVoltiAiBalcani/" target="_blank">rete “RiVolti ai Balcani”</a>,
ed ho sentito parlare chi sta dedicando la sua vita e il suo impegno a quella
che oggi è una criminale “politica di respingimenti” che a catena, un Paese
dopo l’altro, nega un diritto fondamentale a degli esseri umani che hanno l’unica
colpa di voler abbandonare la loro patria, in Asia o Medio-Oriente, alla
ricerca di una speranza di vita. <o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="line-height: 115%;"><span style="font-family: georgia;">Oggi sono certa che quei ragazzi provenivano
dalla “rotta balcanica”. Forse ce l’avevano fatta ad arrivare fin qui, a
differenza delle migliaia di persone che vorrebbero varcare il confine della Croazia
per arrivare nel cuore dell’Europa, e vengono brutalmente respinte dalla
polizia croata. Sono respingimenti che in alcuni casi possono essere definiti
anche vere e proprie deportazioni - quali parole dobbiamo ancora risentire in
questo nostro tempo -, per impedire che queste persone arrivino anche da noi,
in Italia. Ci sono i numeri e le testimonianze: più di 21mila persone respinte
tra marzo 2019 e il 2020 dalla Bosnia-Erzegovina. E noi? Noi cosa c’entriamo?
Anche l’Italia – è stato ricordato questa mattina – fa parte di questo
meccanismo di violenza. Anche noi siamo complici. Ma non lo sapevamo. <o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="line-height: 115%;"><span style="font-family: georgia;">Ora che lo sappiamo, cosa
possiamo fare? Restiamo indifferenti, così come è successo già altre volte
nella storia? Ce ne laviamo le mani perché abbiamo altro a cui pensare, vedi
alla voce pandemia? C’è qualcosa che comunque possiamo fare, seppure in un momento
in cui siamo tutti immersi in una gigantesca emergenza che però non ci nega il
diritto di essere curati, di mangiare, di dormire con un tetto sulla testa, di
stare al caldo in un appartamento con termosifoni bollenti? <o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="line-height: 115%;"><span style="font-family: georgia;">Possibile che documenti e
documenti firmati da Paesi che si dichiarano democratici e civili, ivi inclusa
l’Agenda 2030 per lo Sviluppo sostenibile dell’Onu, per la quale tutti noi
siamo chiamati ad impegnarci, non riescano a fermare la barbarie che si sta
consumando a pochi passi da noi? <o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="line-height: 115%;"><span style="font-family: georgia;">Continuano a risuonarmi nella testa
le parole di Primo Levi che racconta l’inferno di Auschwitz: <o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="line-height: 115%;"><span style="font-family: georgia;">“Voi che vivete sicuri <br />
Nelle vostre tiepide case,<br />
Voi che trovate tornando a sera<br />
Il cibo caldo e visi amici: <br />
Considerate se questo è un uomo.” <o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="line-height: 115%;"><span style="font-family: georgia;">E ancora, nella prefazione del libro: “A molti, individui o popoli, può accadere di
ritenere, più o meno consapevolmente, che ‘ogni straniero è nemico’. Per lo più
questa convinzione giace in fondo agli animi come una infezione latente; si
manifesta solo in atti saltuari e incoordinati, e non sta all’origine di un
sistema di pensiero. Ma quando questo avviene, quando il dogma inespresso
diventa premessa maggiore di un sillogismo, allora, al termine della catena,
sta il Lager.” <o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="line-height: 115%;"><span style="font-family: georgia;">Sì, ci sentiamo impotenti oggi di
fronte a quello che sta accadendo a pochi chilometri da casa nostra. Ci sentiamo
impotenti ma non possiamo più far finta di niente. </span><span style="font-family: Georgia, serif; font-size: 14pt;"><o:p></o:p></span></span></p>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6241316261809628554.post-58232673516448402362020-12-31T19:29:00.000+01:002020-12-31T19:29:40.233+01:00Te Deum industriale<p><span style="font-family: Georgia, serif; font-size: 14pt;">Ed ora sì che si può chiudere il sipario su questo anno 2020:
il primo d.C., dopo il Coronavirus. </span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Georgia",serif; font-size: 14.0pt; line-height: 115%;">Abbiamo contemplato nel silenzio l’arcobaleno che fa pace tra Dio e gli uomini sulla terra,
dopo una pioggia sottile ed innocua.<br />
Abbiamo visto germani e cormorani volare lisci sul mare calmo, placido, quasi
fermo, concentrato a riflettere solo il cielo di nuvole e di azzurro scuro
invernale. Cielo industriale di una zona dove bisogna per forza riconciliarsi
con i contrasti; dove l’inceneritore funziona anche oggi, 31 dicembre, ma sullo
sfondo rosa-azzurro volano in controluce i gabbiani, leggere ed aeree sagome nere. <br />
<br />
Nel canale di periferia che uno si aspetterebbe soltanto putrido, melmoso e maleodorante,
affiorano ricci sugli scogli in un pomeriggio di bassa marea; proprio i ricci
che amano i fondali puliti, che sono garanzia di mare immacolato da bandiera
blu. E in lontananza vedi anche loro, i due cigni bianchi soavi, che proprio
durante il lockdown hanno figliato qui, in questa paradossale oasi ai confini
della città. <br />
<br />
Sembra di essere nel film “Miracolo a Le Havre”: stessi colori freddi, stessa
sensazione che il miracolo c’è, sta avvenendo, proprio oggi, proprio ora, alla vigilia di un Capodanno anomalo. Il miracolo di un tramonto infuocato tra le
nubi, e l’arancione che si dipinge lì, davanti agli occhi, stagliato sul Carso
con l’ospedale di Cattinara che potrebbe essere una delle dolomiti rosa del
Trentino. Sarà che, al di là delle diottrie perse, oggi vediamo meglio e più intenso? <br />
<br />
Una trasfigurazione l’hanno vissuta anche i nostri computer nei mesi
scorsi: gli schermi si sono animati di volti di studenti con tutti i loro umori
contrastanti da adolescenti sui quali è piovuto un disastro imprevedibile come
una pandemia; e con i volti umani, presenze di gatti e cani mascottes, e pure
nipotini in fasce, e sorelle flauto-munite, e genitori impegnati nel loro
lavoro "smart". E il computer è diventato luogo
comunitario, non solo di “didattica a distanza”. <br />
<br />
Allora lascia, Signore, che questo anno si chiuda. E che se ne apra un altro. Con altre visioni e miracoli inaspettati. Come quello di un presepe industriale che si rinnova. E che se ne fa
un baffo di tutta la follia degli uomini che ancora non sanno vivere in pace. E
che non gli basta un virus da combattere, hanno ancora energia per farsi la
guerra tra loro. <o:p></o:p></span></p>Unknownnoreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-6241316261809628554.post-59412348791859837242020-08-22T16:59:00.000+02:002020-08-22T16:59:41.575+02:00Pandemia di umanità<p><span style="font-family: Georgia, serif; text-align: justify;">Dunque
si può fare. E’ possibile. Anche in tempo di pandemia. Anche nell’estremo
Nord-Est non sempre social-friendly, per parlare diplomatico. Si può convivere
tra animali ed umani su uno stesso moletto proteso nel mare. A destra una
riserva marina protetta, abitata da cormorani neri come tizzoni e colonie di
germani; a sinistra una riserva umana, anch’essa protetta. Ma senza cartello.
Umani che per qualche ora si proteggono dalle brutte notizie, dai pessimismi
diventati habitus mentali, dai catastrofisti e pure dai complottisti del virus.
Ce ne sono ancora in giro, racconta la signora che lavora “in psichiatria” e
sarà per questo che sembra così aperta e predisposta al dialogo: quando lavori regolarmente
con la mente umana considerata scarto alla regola, non puoi che sviluppare
massima tolleranza ed apertura nei confronti del tuo prossimo.</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Georgia",serif;">Mezzi
bagnati dal mare che va e viene sul molo semiaffondato, con i cormorani che
vigilano seri e compassati sugli scogli della riserva marina di fronte, ci si
tuffa nel dialogo. Nella conversazione che genera vita. La libertà, il lavoro,
il senso di comunità e di collettività che sta scomparendo, osserva la signora:
dobbiamo essere responsabili gli uni degli altri, e poi la libertà – per rispondere
a chi pensa ancora che la mascherina ne sia un’odiosa limitazione – non è forse
una condizione prima di tutto interiore? Essere liberi dentro, è questo che
conta. Non metterci le catene da soli. Non schiavizzarci a furia di star dietro
a cellulari, schermi, diktat del così fan tutti e guai a chi resta indietro.
Sono più libero senza mascherina ma con licenza di uccidere anche solo con le
parole, o posso essere tranquillamente libero anche con la mascherina ma
attento a te che mi parli? <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Georgia",serif;">Libertà
andiamo cercando, e attorno a noi ce n’è in abbondanza, prima di tutto nella
contemplazione della beatitudine di questo piccolo spazio di “cemento libero”
dove si riesce a convivere civilmente tutti assieme: la signora psichiatrica,
il labrador nero Maya di 11 anni (i cani sono naturale elemento di socializzazione
tra umani, ed è significativo che solo del cane alla fine si riesca a sapere il
nome), il barboncino isterico (femmina anch’essa e sempre in attacco della labrador
Maya: usuali dinamiche tra donne) e la sua abbronzatissima padrona in topless
nordestico; i tedeschi in vacanza, una madre e una figlia, un padre e una
figlia, il fustacchione color nero cormorano che ha avuto subito, appena
arrivato, il via libera per lo scoglio gentilmente concesso dalla vecchia che gestisce,
per regole interne della tribù balneare, l’intero appezzamento di cemento. </span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Georgia",serif;">E’
lei che squadra chiunque metta piede sul moletto libero: pelle di pollo arrosto
ruspante, occhio vigile, sguardo a terra vago e sprezzante se non si è ammessi,
lasciapassare immediato se si è riconosciuti subito come parte della tribù (“la
se pol meter là, lo scoglio è libero”). E il fustacchione ce l’ha subito il lasciapassare,
anche se appena si sistema e fa il bagno, si scuote l’acqua dai capelli più
furiosamente del labrador Maya, e si accende due sigarette di seguito. Ma la
vecchia vigila e non sanziona. Mentre fa cenno di no con la mano ad un altro
tedesco che si è appollaiato sullo scoglio della riserva marina e forse avrebbe
intenzione di fare un bagno. Non c’è un vero e chiaro confine tra moletto
libero e riserva marina; non è come al 'Pedocin', dove c’è addirittura un muro
tra uomini e donne. Qui no, qui le regole si sanno per esperienza, e la
ragazzina che sconfina nel mare apparentemente libero viene subito richiamata
all’ordine. "Ma come si fa a non sapere che lì non si può?" Se pol, se pol. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Georgia",serif;">I
germani si accostano ai bagnanti, i cormorani danno le spalle quasi sprezzanti,
e qualche medusa crea un microscopico panico nei presenti Ma tutto rientra velocemente nei
ranghi. E quando si va via ci si sente felici di aver fatto parte per qualche
ora di una comunità improvvisata, a pelo d’acqua (e di cani). A due passi da un’oasi
marina. </span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Georgia",serif;">Questo sì che ti riconcilia con la vita e con il ritorno in patria. <o:p></o:p></span></p>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6241316261809628554.post-42111493501842697492020-03-28T11:31:00.000+01:002020-03-28T11:31:31.246+01:00Dentro<br />
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: Georgia, serif; text-align: justify;">Chi ha sempre vissuto dentro ora
è come se si ritrovasse a casa. E mentre ascolto la radio che parla di “conosci
te stesso” e di “vita interiore” e di “solitudine che costringe a pensare”,
ringrazio per gli anni in cui ho sperimentato questo lungo apprendistato. Alla
ricerca di un “mondo altro”, di essenzialità, di tutto quello che nessun virus,
nessuna guerra e nessuna malattia potrà mai portarci via: ciò che è dentro di
noi e non fuori.</span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: Georgia, serif; text-align: justify;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: Georgia, serif; text-align: justify;">Fuori possono esserci nemici di
ogni genere, ma chi frequenta se stesso al di sotto delle onde agitate del mare
sa altrettanto bene che i nemici veri sono dentro: paure, angosce, sensazioni
di inadeguatezza, e poi, ancora peggio, indifferenza, insensibilità, durezza di
cuore, e potremmo continuare all’infinito il catalogo delle brutture dell’anima.
Ma oggi è bene fermare qualche pensiero bello, qualche immagine da ricordare
per sempre, come quella inaudita di ieri del Papa che porta il mondo in una
piazza San Pietro deserta e annegata di pioggia. Con tutta la fatica, la
sofferenza e la fede di un uomo che è profondamente uomo, ma aperto a quel mistero
grande che ci sovrasta tutti.</span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: Georgia, serif; text-align: justify;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: Georgia, serif; text-align: justify;">Paradossi di questo tempo: chiusi
ma aperti. Ingabbiati ma senza perdere un granello di quella libertà che vola
alto. Proprio come i gabbiani che l’altro giorno guardavamo in cielo: alti,
supremi, stupendi. Prima che la clausura diventasse seria e rigorosa, c’è stato
anche il tempo di vedere un cigno che preparava il nido dei suoi piccoli con quella
pazienza e meticolosità che sembra appartenere per grazia naturale al mondo animale.
E il tempo c’è ancora per assaporare il silenzio, questa notte quasi irreale,
da giorno di neve in periferia. </span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia, serif; line-height: 107%;"><br /><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia, serif; line-height: 107%;">La periferia: tanto odiata e
vituperata prima. Ed ora benedetta ed amata perché ci ha abituati alla reclusione
e all’isolamento, che in questi momenti ci accomuna tutti ed appare un’oasi di
pace se paragonata al delirio di doversi muovere ogni giorno con un’auto, più
di una volta giorno, anche per un pezzo di pane o un giornale. Poco fa hanno
suonato i volontari del Comune che offrono questo incredibile servizio di spesa
a domicilio: c’è stato un tempo, in passato, con la grave malattia di mio
padre, che non so cosa avrei dato per vedere arrivare in casa dei giovani così
ben disposti, sorridenti e disponibili. Ora questa emergenza ci regala anche una
nuova apertura del cuore. Di cui tanto sentivamo il bisogno. </span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia, serif;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia, serif;">Ed improvvisamente anche la
permanenza in casa con la propria mamma anziana ma piena di vita appare una beatitudine che riscatta le
tante nevrosi passate, anche se la povera donna ha dovuto rinunciare alle
sigarette visto il momento, e qualche nevrosi resta (anche nella figlia che non
fuma fuori ma dentro per i motivi di cui sopra). </span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia, serif;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia, serif;">E mi viene persino da sorridere se penso che la vita da monaca di clausura mi è sempre sembrata
tanto bella e desiderabile, ed ora – se il virus non ci porta via – mi è
consentito questo inedito noviziato. Fatto di ritmo di lavoro, preghiera,
riposo, contatti con il mondo esterno a piccole dosi e certo, non è la stessa
cosa ritrovarsi con uno schermo davanti e non di persona, ma forse avevamo
bisogno anche di questo. Di schermarci un po’, di ritrovare noi stessi, di
allontanarci dal caos frenetico ed impazzito del mondo che corre troppo veloce
e non sa nemmeno dove va. Per questo, caro e stramaledettissimo virus, ti
voglio ringraziare ed al tempo stesso chiederti gentilmente di andartene, ora,
perché forse alcuni di noi la lezione l’hanno capita.</span></div>
Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6241316261809628554.post-23627515973834653332020-03-05T16:03:00.001+01:002020-03-05T16:29:58.323+01:00Era ora<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">Ed
era arrivato persino un virus per fermarli un po’. Per mettere un freno alla
loro boria di superdotati e superaccessoriati umanoidi di nuova generazione. Un
microscopico virus chiamato curiosamente “corona-virus”, di regale provenienza cinese
esattamente come il 90% di ciò che acquistavano quotidianamente, li aveva messi
alla prova regalandogli la gioia di ritornare a pensare e a godersi un po’ di
sano tempo libero. Un tempo che ha tempo, libero da impegni vincolanti e
stringenti. <br /><br /><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">Qualcuno
aveva potenziato soltanto i contatti digitali, sull’onda delle indicazioni e
precauzioni previste persino dalla legge, ma altri avevano intensificato invece
i contatti umani, seppure alla debita distanza. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;"><br />Nuove
visioni d’intorno: famiglie con bambini in giro il lunedì mattina tutti assieme
in bicicletta, avvistamenti di mamme con figli al seguito a far la spesa il
martedì verso mezzogiorno ("Compriamo le mele e facciamole in pastella!" "Mamma,
cos’è la pastella?"), un signore con tuta mimetica da ciclista che fa la spesa
anche lui a mezzogiorno con il casco in testa, che forse anche il casco è in fondo
un modo per tenere la distanza di sicurezza dai tanti virus che circolano nell’aria. </span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;"><br />E insomma l’umanità si ritrovava in formato inedito da alba del Terzo
millennio: rinnovata, rilassata, quasi a briglia sciolta.<br /><br /><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">Si
vedevano persino lezioni all’aria aperta, perché le scuole
erano chiuse e gli insegnanti di educazione fisica avevano consigliato di
respirare in luoghi aperti (outdoor, si diceva in gergo), così le
classi si erano inventate la didattica delle lezioni a piccoli gruppi di
studenti, ciascuno a un metro di distanza dall’altro, seduti spesso a gambe
incrociate a contemplare il mare. A parlare di letteratura, scienza,
matematica, ma anche di vita. Vita che ad ogni istante va assaporata e vissuta
nel profondo. Non dando mai niente per scontato. <br /><br /><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">E
la storia si faceva così, ciascuno raccontando la propria storia: una storia di
storie vive, che si scrivono in quel momento assieme, non solo virtualmente su
Instagram. La storia di come tu ed io viviamo questo tempo. E come confrontandoci,
possiamo viverlo ancora meglio. La scuola non solo come luogo di passaggio di
conoscenze ma esperienza di vita comunitaria che ci accomuna tutti, insegnanti
e studenti.<br /><br /><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">Non
era raro scambiarsi sorrisi tra passanti durante le passeggiate o trovare un ufficio
postale deserto con impiegati gentilissimi, o ancora perdere tempo ad osservare
i pesci e le meduse giganti ingolfati nel golfo. <br /><br /><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">I
loro potenti strumenti informatici, intanto, li informavano di una tragedia che
si stava consumando negli stessi giorni a qualche migliaia di chilometri di
distanza: quasi un milione di profughi che stavano lasciando la Siria in fuga
da un conflitto decennale deciso dai potenti del mondo sulle teste della
popolazione inerme. </span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;"><br />Sapevano, ma si lavavano le mani di continuo, perché queste
erano le indicazioni ufficiali. <br /><br /><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">Si
estinsero così, lavandosene le mani, travolti da uno tsunami che li inabissò. <br /><br /><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">Qui
il manoscritto si interrompe e mi dispiace parecchio perché la storia sembrava, almeno in alcuni punti, un po’ la nostra. Ma deve essere solo un’impressione del momento. Effetti stupefacenti
dell’Amuchina che avevo portato in Burkina Faso nel 2009. Evidentemente scaduta. </span><span style="font-family: "georgia" , serif;"><o:p></o:p></span></div>
<br />Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6241316261809628554.post-54288164543410494892019-12-24T19:46:00.000+01:002019-12-24T19:46:19.706+01:00Grazie<br />
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: Georgia, serif; font-size: 12pt; text-align: justify;">Che tu sei qui, che la vita
esiste, che il potente spettacolo continua e tu puoi contribuirvi con un solo
verso.</span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: Georgia, serif; font-size: 12pt; text-align: justify;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: Georgia, serif; font-size: 12pt; text-align: justify;">Che il Natale si rinnova ogni
anno, ed è ogni anno diverso.</span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: Georgia, serif; font-size: 12pt; text-align: justify;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: Georgia, serif; font-size: 12pt; text-align: justify;">Che ci sono ancora persone capaci
di farti emozionare, commuovere, parlare al tuo cuore. Come Simone Cristicchi
in concerto a Trieste la settimana scorsa, in uno scambio d’amore tra la città
della “scontrosa grazia” e il poeta che ha saputo cantare con sapiente
delicatezza la follia, l’esodo, il lavoro nelle miniere, la parabola triste di artisti colpiti da sventura, le calunnie piccole e grandi di chi si diverte
a veder crollare i suoi simili.</span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: Georgia, serif; font-size: 12pt; text-align: justify;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: Georgia, serif; font-size: 12pt; text-align: justify;">Che anche il film di una fiaba
antica come “Pinocchio” può regalare una gioia bambina ad un’intera sala di un
cinema di un centro commerciale anonimo, ed ancora una volta si rinnova il
miracolo dell’arte che trasfigura e ridona vita.</span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: Georgia, serif; font-size: 12pt; text-align: justify;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: Georgia, serif; font-size: 12pt; text-align: justify;">Che tu sei qui, e puoi fare anche
compagnia a chi non ha compagnia. Al signore che al cinema ci va da solo e non
sa a chi dirlo che il film è bellissimo e “no xe facile”. Non è facile no, caro
signore, non è facile nulla: non è facile la vita, non è facile fare un film
così pieno di effetti speciali e volti umano-fiabeschi, tant’è che il regista
ci ha impiegato quattro anni, così ha raccontato. E che dire di quella meraviglia di
Geppetto-Benigni? “Bravissimo, bellissimo”, a qualcuno lo deve pur dire il
signore solo. Altrimenti implode.</span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: Georgia, serif; font-size: 12pt; text-align: justify;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: Georgia, serif; font-size: 12pt; text-align: justify;">Come quell’altro signore che
anche lui riversa tutto ad un gruppo di amiche sconosciute, sedute al tavolo
vicino di un improbabile ristorante del centro: dolori, sfortune, drammi enormi
di una vita che non è stata facile. “No xe facile”: non è stato facile
sopportare lutti, violenze e tanto altro difficile da scrivere. Perché poi c’è
il mistero più indicibile del mondo che sta per compiersi in questa notte. E
chi ci crede, sa di non essere più solo.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6241316261809628554.post-3569627197725326512019-06-19T14:37:00.000+02:002019-06-19T14:37:05.297+02:00Rituali d'estate<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia, serif; font-size: 12pt;">C’è qualcosa di antico e commovente nella prima prova scritta
che inaugura la sessione degli esami di maturità, a pochi giorni dal solstizio d'estate. La società liquida di Bauman ritrova
qui un argine e un limite: 6 ore di tempo senza cellulari e pipì soltanto dopo
che sono trascorse 3 ore; l’uso della penna e di un foglio di carta bianco; la
possibilità di sintonizzarsi con il proprio cervello per più di due ore di seguito, senza interruzioni
e distrazioni di Whats’app o ricerche su Google, a tu per tu con il proprio mondo interiore, questo sconosciuto. Gli studenti sono nudi, e
miracolosamente silenziosi. Ed avviene una metamorfosi: anche la classe dei più
mariuoli diventa per qualche ora un’oasi di volti angelici che leggono, scrutano, pensano,
sottolineano, riflettono.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia, serif; font-size: 12pt;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia, serif; font-size: 12pt;">Sport e mafia sembrano essere tra le tracce più gettonate. “Quanta
strada nei miei sandali, quanta ne avrà fatta Bartali”, cantava Paolo Conte, ed oggi
si offre del grande ciclista l’immagine del Giusto tra le nazioni allo Yad Vashem di Gerusalemme, proprio per aver aiutato centinaia di ebrei grazie alla
forza delle sue gambe. Lo sport al servizio di una causa più grande, in
contrasto stridente con gli insulti razzisti negli stadi di oggi. La mafia è al
centro di ben due tracce: nel testo di Sciascia tratto dal “Giorno della
civetta” per l’Analisi del testo e nella commemorazione dell’uccisione del generale Dalla Chiesa per la Tipologia C, e chissà che qualche studente più
audace non approdi dritto dritto al grande nodo italiano della trattativa Stato-mafia.
Ma c’è anche la “bellezza che salverà il mondo” del caro Dostoevskij e il tema
dell’illusione della conoscenza, che può portare l’uomo a scoperte vertiginose o
alla distruzione dell’umanità, come nel caso della bomba atomica. Per i più
poetici e amanti della letteratura Ungaretti del “Porto sepolto”, titolo della raccolta quanto mai attuale
in un tempo di porti chiusi e sepolti.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia, serif; font-size: 12pt;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">E mentre i volti dei ragazzi appaiono concentrati e sereni, intenti a
leggere il <a href="https://www.corriere.it/scuola/maturita/cards/maturita-2019-ecco-tutte-tracce-commenti-prima-prova/bartali.shtml">papiro di 9 pagine delle tracce</a>, al TG improvvisamente la scuola
diventa la seconda notizia della giornata, o addirittura la prima sulle pagine
online dei quotidiani. E per un momento, nel tritacarne delle notizie usa e
getta da 1 minuto di concentrazione, fa capolino la profondità, la necessità di
prendersi un tempo serio per leggere tutte queste tracce, qualora ci si volesse
documentare, ed eventualmente anche soffermarsi a pensare e riflettere. Ci si
accorge di essere davvero inseriti nella “dittatura totalitaria del presente”,
come scrive T.Montanari nella proposta B1, e di avere per questo tanto bisogno
di immergerci il più spesso possibile nello stupendo patrimonio storico e
artistico che ci circonda, perché “il passato che possiamo conoscere attraverso
l’esperienza diretta del tessuto monumentale italiano ci induce a cercare
ancora, a non essere soddisfatti di noi stessi, a diventare meno ignoranti”. Ma
se ogni giorno i TG si aprissero con un pezzetto delle tracce di
maturità? <span style="mso-spacerun: yes;"> </span><o:p></o:p></span></div>
<br />Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6241316261809628554.post-88707433643963926092019-06-15T19:37:00.000+02:002019-06-15T19:37:06.314+02:00Area di ristoro per umani<br />
<div class="MsoNormal">
</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">“Area cani”, spiega il cartello
fuori dal parco, che ospita anche un piccolo monumento al cane ignoto, con
tanto di coccarda tricolore al collo. E dov’è l’area umani? L’oasi di ristoro
per umani accaldati e stanchi?<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">E’ qui, attorno a te che ti
aggiri nella calura della metropoli più bella del mondo: Roma. Roma vituperata,
bistrattata, calpestata, insozzata, calunniata, abbandonata, pigiata nei bus
stracolmi. Ma pur sempre Roma città eterna di una eterna bellezza. Bellezza di
monumenti ed edifici, come osservano i turisti argentini ai quali si illumina
lo sguardo a parlare di questa stratificazione di storia presente ad ogni
strada del centro. Ma soprattutto bellezza e splendore di umanità. A cui
abbeverarsi quando ci si sente aridi e deserti.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Nel centro più centro della città
alle 7.30 del mattino un piccolo gruppetto di donne staziona fuori da un
portone. E’ il palazzo che ospita un rinomato centro di cura e prevenzione dei
tumori al seno, dove si può venire a fare un check-up di esami ad un prezzo
modico e, soprattutto, senza prenotazione previa. Unica indicazione: presentarsi
al più presto, e infatti le prime arrivano qui anche alle 6.30-7, dopo essersi
alzate alle 4. Già fuori dal portone un po’ ci si conosce, si scambiano due
parole, il clima è familiare e soprattutto solidale, come sempre quando c’è di
mezzo la salute. Una volta entrate, la sala d’attesa è animata dalla presenza
di un televisore acceso su Raiuno: le notizie del Tg e poi Unomattina. Il salottino
da noi, e il salottino da loro, ma il nostro è decisamente più divertente e confortante.
Perché basta allungare l’orecchio e si possono sentire chicche simili: “Io,
signora, guardi, vedo che ridere è la salvezza, nella vita ci vuole leggerezza,
ho superato i 60 anni, sono stata femminista, ma che pesantezza! Invece sa
adesso cosa penso? Mi alzo ogni mattina alle 4 e dico che sono fortunata ad
alzarmi per andare a lavorare, visto che c’è gente che neppure riesce ad
alzarsi. E poi sento gli uccellini e, siccome anch’io faccio i miei rumori,
dico che siamo tutti parte di una stessa orchestra.” Per me queste parole valgono
più di qualunque visita. Me ne potrei anche andare felice e soddisfatta senza alcuna
mammografia di rito. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Nel bar a distanza di pochi metri,
spremuta d’arancia e cornetto, mentre l’usuale orecchio sinfonico che si sintonizza
sulle orchestre esterne capta parole interessanti. Il barista dice che lui non ne
sente il bisogno, l’avventore che addenta il cornetto dice che non è tanto
questione di sentire, quanto di volontà. Discorsi da teologia spinta. Infatti
mi giro e chi parla è un prete, impegnato a convincere il barista che
confessarsi non è questione di sentimento ma di decisione interiore, di
volontà. Ed è lì che mi viene spontaneo intervenire, perché qua o a un certo
punto ci si innamora e quindi le cose si sentono con il cuore, anche in fatto
di fede, oppure possiamo diventare un esercito di gente che bacia rosari e
chiude i porti. Si dichiara cattolica e non è capace di empatia profonda. Brandisce
simboli religiosi ed è impermeabile alla sofferenza altrui. Entiendes? A questo
punto il barista racconta la bellissima storia del suo nome: Salvatore, così
chiamato perché davvero salvato dal passaggio della statua del Salvatore in un
piccolo paese della Sicilia durante la festa del patrono. Ora ci vogliamo
buttare a mare perché Salvatore non sente più il bisogno di confessarsi? Via,
amico prete, pensiamo alto. E altro.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia, serif; font-size: 12pt;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia, serif; font-size: 12pt;">In alto, fuori da una chiesa, un
cartello chiaro all’ingresso: “Facemo bene mo’ che c’avemo tempo”. Beatitudini
riportate una ad una a caratteri ben leggibili, tanto per ricordarsi quale
sarebbe la nostra carta d’identità: mitezza, amore per i nemici, l’impossibile
conciliazione tra Dio e denaro, l’ipocrisia del giudizio sugli altri mentre ci
si ritiene sempre perfetti e intoccabili, la predilezione per gli ultimi. Un bel programmetto
di vita che, a seguirlo sempre, porterebbe tutti dritto in paradiso già su
questa terra.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia, serif; font-size: 12pt;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Fuori dall’area sacra di Largo
Torre Argentina, dove hanno fatto fuori Cesare e oggi prolifera una nutrita
colonia felina, un signore con ampia pancia che deborda fuori dalla camicetta è
spiaggiato con accanto il suo gatto trovatello nella gabbietta. Tipico
esemplare di “barbone” romano con storia illustre alle spalle: era amico di
Ruggero Orlando e Claudio Villa, ed ora dice di essere impegnato in associazioni
che lavorano per gli orfani e per gli anziani. Dalla bocca sdentata un
complimento: che bel vestito, dove l’hai preso? Sarebbe perfetto per una mia
amica 70enne! </span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Benedetta Roma, oasi di ristoro di varia, variopinta e variegata
umanità.<o:p></o:p></span></div>
<br /><br />
Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6241316261809628554.post-57829357027574497552019-02-09T12:45:00.000+01:002019-02-09T12:45:34.757+01:00Con un solo verso<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;">Mi guarda con il labbro in giù, stupito e perplesso: guardi
Sanremo? Dovresti guardare piuttosto i talent, specie quelli europei.</span></div>
<div class="MsoNormal">
</div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia, "Times New Roman", serif;">Ma il punto è proprio questo: il talent è sfoggio di bravura e di voce. Sanremo
racconta l’Italia in cinque comode serate, da gustare sul divano tra pensieri
che corrono come cavalli imbizzarriti durante il giorno e che miracolosamente,
di fronte allo schermo della 69esima edizione del Festival della Canzone
italiana, si placano. Per lasciare il posto all’ascolto di un racconto in
musica: consolante, confortante, rasserenante, e pure divertente. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia, "Times New Roman", serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia, "Times New Roman", serif;">“Se non ci penso più, mi sento bene”, canta quell’ugola sopraffina di Arisa. E
come darle torto? Lo dice sempre anche l’insegnante di yoga: quanti pensieri in
quella testa. E d’altra parte mica tutti hanno la vocazione di S.Giovanni
Battista decollato. Via la testa, via i pensieri. La prossima volta ci penso. “Sono
pronto sono pronto, a non esser pronto mai, per essere all’altezza dell’amore”,
fa subito eco Nek. Ed echi dell’Amore con la A maiuscola, da Dante a Borges, ispiratore
della canzone, scorrono come una sequenza di film. L’Amore che ti fa sentire
sempre impreparato, sempre inadeguato. Finché non ti viene da ruggire con Loredana dai capelli blu: </span><span style="font-family: Georgia, "Times New Roman", serif;">“Che cosa vuoi da me?”. Una </span><span style="font-family: Georgia, "Times New Roman", serif;">domanda che tutti portiamo in petto più
volte al giorno, grandi e piccini, di fronte ad un mondo che ci vuole
eternamente connessi e che ci allontana sempre più gli uni dagli altri.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia, "Times New Roman", serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia, "Times New Roman", serif;">“Ho sedici anni, ma è già più di dieci che vivo in un carcere”, parola di
D.Silvestri: ne fanno esperienza prima di tutto i più giovani. Nelle tante prigioni
dentro le quali si sentono sbattere le ali come pipistrelli impazziti, mente
costantemente gli adulti si sforzano, come bravi maestri, di richiamarli al
rispetto di regole “per una vita che non esiste più da almeno 20 anni”. Ci
guardiamo attorno e “dov’è l’Italia amore mio? Mi sono perso”. E molti con te,
Motta che canti con uno sguardo del tutto privo di sorriso e forse per questo così
intenso.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia, "Times New Roman", serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia, "Times New Roman", serif;">“Abbi cura di me”. Ecco cosa dovremmo fare tutti invece che
giocare alle piccole grandi guerre quotidiane delle incomprensioni e degli
sguardi in cagnesco, ammesso che i cani si guardino così come sappiamo fare noi
umani sempre meglio. “E non esiste un altro giorno che sia uguale a ieri/Tu
allora vivilo adesso/Come se fosse l'ultimo/E dai valore ad ogni singolo attimo”. Hai ragione caro Simone, “perché il potente spettacolo continua – aggiungerebbe il poeta W.Whitman -, e tu puoi contribuirvi con un tuo verso”. Anche di una canzonetta
sanremese. </span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;"><span style="line-height: 107%;">
<!--[endif]--><o:p></o:p></span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6241316261809628554.post-31364417864530999182019-01-12T12:37:00.000+01:002019-01-12T12:44:39.979+01:00Buongiorno sognatori<span style="font-family: "georgia" , serif; text-align: justify;">Caro/a
Eden che ti chiami come il Paradiso, l’anno si è aperto in tua compagnia: sul
treno Venezia-Roma te ne stavi lì, abbandonato dove stanno i giornali da treno.
Superbo, splendente, pieno di fiori rosso-arancio. Non si sbircia mai nei diari
degli altri, ma scusami, ho ceduto alla tentazione e ti ho letto. Un’aria
leggera di giovane turista americano in visita, 20 anni appena compiuti a Firenze,
dove stavi seguendo un corso di lingua e cultura italiana. Meraviglia, stupore,
sovreccitazione nel girare per le strade della città che esiliò Dante e attraverso
quella immensa sofferenza gli permise di scrivere un capolavoro mondiale come la
“Divina Commedia”. Ammirazione e gioia per piccoli gioiellini medievali come
Siena e San Gimignano. Una pagina con il disegno di una finestra aperta sul
cielo toscano. Quella grande bellezza che ancora attrae nel nostro Paese frotte
di turisti innamorati dell’arte e del cibo made in Italy.</span><br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , serif;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , serif;">E
allora, siccome ti ho incontrato, è a te che dedico queste righe. Magari
riuscirai a comprenderle, o forse no. A proposito, ti chiami Eden, e non saprei
se nel tuo mondo Eden è un lui o un lei. Ma la questione non è così appassionante,
e mi rivolgerò a te proprio come ci si rivolgerebbe al Paradiso. Non c’è
occasione più ghiotta che scrivere ad un diario abbandonato che si chiama
Paradiso: un giardino di delizie, in origine, un luogo dove c’è armonia,
bellezza, e quella cosa strana a cui tutti aspirano che si chiama felicità. Lo sai che esiste persino la repubblica di
Felicizia? Ne ha parlato il nostro Presidente nel discorso di fine anno, dopo
aver ben spiegato che cosa significa un’altra parola tanto abusata in questi tempi: sicurezza. La possibilità di vivere assieme rispettandoci ed
accogliendoci tutti in quanto esseri umani. Senza paura delle diversità. Senza
trasformare tutti gli stranieri in potenziali nemici da cui
difenderci. Qualche anno fa ho scritto un breve “Elogio
dell’insicurezza” che parlava in fondo un po’ di questo. Mi sembrava di
avvertire già dei segnali di intolleranza che in questi ultimi tempi sono
diventati urli di sirene, grida violente, contrapposizioni brutali che sembrano
aver perso il senso della realtà. E ci stanno dividendo tra noi. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , serif;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , serif;">Siamo
stati capaci di dividerci persino sulla vicenda di 49 disperati, abbandonati in
mare per quasi 20 giorni nel gelo, nelle notti insonni per la forza delle onde.
Donne, bambini, ragazzi dalla pelle scura. Uomini. Un continuo rimpallo
di responsabilità, la chiusura netta e perentoria dei nostri porti per una chiusura
netta e perentoria del cuore, della mente, di tutto ciò che ci rende ancora
intimamente umani. In nome di un “popolo sovrano”, di un pugno di voti, di una
serie di pericolose alleanze. Il gioco dei potenti di sempre: Erode aveva dato
la parola. Consegnaci la testa del Battista, questo l’ordine della madre ad una
figlia succube. Ed Erode esegue perché si era impegnato davanti al pubblico dei
suoi adulatori. Della sua corte di servitori. Un dubbio gli sfiora la
coscienza, un pericoloso perché lo disturba per qualche secondo come un'ape fastidiosa ma deve
eseguire perché altrimenti non lo voteranno più. Lo accuseranno di aver detto
una cosa e di averne fatta un’altra. Quante altre volte nella storia si sono
consumate tragedie perché nessuno ha avuto il coraggio di dire no. Perché la coscienza,
come osservò Hannah Arendt durante il processo al gerarca nazista Eichmann, era
stata totalmente oscurata. E al primo posto c’era un comando da eseguire. La
banalità del male. La totale mancanza di empatia con l’altro. E di sintonia con le proprie corde interiori. In nome di un ordine superiore che dà sicurezza alla nostra vita e al nostro ruolo sociale. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , serif;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , serif;">Mentre
scrivo, caro Eden, mi accorgo che volevo parlare di paradiso e ho finito per
parlare di inferno. E ho pure titolato questo pezzetto “Buongiorno sognatori”. Ma
lo sottoscrivo ancora. Una marea di transfughi, profughi, emigranti, fuggitivi, esuli, sognatori, ha popolato ed arricchito tutti i Paesi del mondo, da Venezia agli Stati Uniti, dalla Russia a Riace, Calabria.
Chi fuggiva dai “barbari”, chi dalle persecuzioni religiose, chi dalle
dittature, chi semplicemente sognava un futuro migliore. Centinaia di ragazzi abbandonano
l’Italia per studiare o lavorare all’estero. Sognano qualcosa di meglio di
quello che offre il loro Paese a chi ha studiato tanto e spesso non trova
luoghi di lavoro adeguati al livello della propria preparazione. Il sogno di un
futuro più bello è un sacrosanto diritto di ogni creatura umana. Non è chiudendo
i porti che si possono chiudere anche i sogni. Concordi con me? Tu, poi, ti sei
sobbarcato 30 ore di viaggio per arrivare in Italia, e puoi capire di cosa parlo.<br /><br /><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , serif;">In
attesa di avere una tua risposta, trovo conforto in un libro: “Ci sono luoghi
al mondo dove più che le regole è importante la gentilezza”. L’autore è Carlo
Rovelli, un fisico teorico che come molti veri scienziati non è chiuso in dogma
o in un pensiero unico, ma sa guardare il mondo con occhi aperti e capaci di
mettersi in discussione. Racconta di essersi trovato ad entrare in una moschea
in Africa, dove vige la regola di essere scalzi per rispetto del luogo sacro. Si
sentiva straniero come un bianco si può sentire straniero nel cuore dell’Africa.
E pure osservato perché scalzo ma con le scarpe in mano. In realtà in una
moschea le scarpe non si devono proprio vedere, ma non per questo gli chiudono
la porta in faccia gridandogli qualcosa di brutto. Un anziano prenderà le sue
scarpe, le metterà in un sacchetto di plastica scura e gliele riconsegnerà
sorridendo. “Sono senza parole – scrive l’autore –, esistono posti al mondo
dove più che le regole è importante la gentilezza”. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6241316261809628554.post-53421524724282290312018-08-09T18:03:00.001+02:002018-08-09T18:03:19.640+02:00Siamo tutti nella stessa barca<br />
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: Georgia, serif; text-align: justify;">Apprendiamo
con un certo sgomento, frammisto ad ilarità repressa, che l’attuale governo del
cambiamento ha intenzione di porre mano anche ad una quanto mai urgente
revisione e censura dei proverbi italiani.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia",serif;"><br />“Siamo
tutti nella stessa barca”, per esempio, nella traduzione inglese “We’re all in
the same boat”, è stato di recente stigmatizzato in quanto reo di andare in
direzione contraria rispetto alle direttive governative in tema di mare e
migranti. Il proverbio è stato scelto come slogan della prossima Barcolana,
regata velica che si svolge da 50 anni nel golfo di Trieste, diventata ormai
evento di grande rilievo internazionale. “Un manifesto che fa inorridire,
diffuso proprio mentre il ministro degli Interni Salvini è impegnato a ripulire
il Mediterraneo”, ha dichiarato il vicesindaco leghista della città (<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Repubblica</i>, 8.8.2018, p.22).</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia, serif;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia, serif;">Sulla
stessa onda, si attendono dichiarazioni revisioniste e proposte censorie su
versi di canzoni quali “E la barca tornò sola”, con il correlato “Mare crudele-mare
crudele”, da espungere dalla canzone di Renato Carosone in quanto ritenuto offensivo
nei confronti delle attuali politiche migratorie, seppure salvato in corner da
quella strafottente ripetizione di: “E a me che me ne importa?”.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia",serif;"><br />Censura
completa su refrain di grandi classici del repertorio pop italiano quali “Vorrei la pelle nera” oppure su
versi troppo espliciti come i seguenti: “Pittore ti voglio parlare, mentre
dipingi un altare. Non sono che un povero negro, ed un favore ti chiedo”. Nonostante
la provenienza veneta, verranno certamente sanzionati presto anche i Pitura
Freska con il loro ormai antico motivetto “Sarà vero/dopo Miss Italia aver un
Papa nero?/No me par vero”.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia, serif;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia, serif;">Tutti
da rivedere anche i modi di dire che tirino in ballo i neri, quali “essere una
pecora nera”, “vedere nero” et similia. Troppo schierati.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia",serif;"><br />Inoltre,
c’è da aspettarsi di questo passo una seria revisione di tutto il fenomeno migratorio italiano,
affidata a menti illuminate che presto ci informeranno che tutti gli italiani
emigrati all’estero o semplicemente dal Sud al Nord Italia a partire dagli
inizi del Novecento, altro non erano che crocieristi in vacanza. <br />
</span></div>
<span style="font-family: "Georgia",serif;"><br /></span>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia",serif;">
Non sia mai, poi, che qualche rappresentante del governo del cambiamento
rilegga nel tempo estivo un breve racconto di Leonardo Sciascia (<i>Il lungo viaggio, </i>tratto dalla raccolta<i> Il mare color del vino</i>), in cui si racconta di un gruppo di emigranti italiani
in fuga verso l’America, ingenue vittime di un subdolo raggiro che farà loro
credere di essere arrivati a New York mentre in realtà la barca ha solo fatto
il giro della Sicilia, e tutti sbarcheranno esattamente a casa loro, da dove
erano partiti. Cinismo estremo dell’impresario, o scafista come si direbbe oggi, che qualcuno potrebbe prendere
come spunto da applicare in zona libica.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia, serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia, serif;">Fortuna
che questa è realtà virtuale di un sogno di mezza estate, mentre restando nella
realtà reale mi permetterei di consigliare la </span><span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;">visione di <a href="http://www.raistoria.rai.it/articoli-programma/litalia-della-repubblica-un-popolo-di-emigranti/33578/default.aspx">"L'Italia della Repubblica: un popolo di emigranti"</a>, documentario </span><span style="font-family: Georgia, serif;">andato in onda qualche sera fa su Rai Storia. E.Olivero, fondatore del Sermig di Torino, con volto calmo e sereno, concludeva
dicendo che proprio l’emigrazione dal Sud al Nord Italia tra la fine degli anni
Cinquanta e i primi anni Sessanta ha umanizzato e dato calore ad una terra che
sarebbe stata molto più fredda senza quel vitale apporto di Meridione. Da vedere.
Per sognare come ancora oggi il nostro Paese può restare e diventare più umano
proprio grazie a chi scappa da terre ostili.</span></div>
<br />
<br />
<br />Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6241316261809628554.post-48759152210122491152018-06-21T11:48:00.000+02:002018-06-21T11:53:41.856+02:00Pietre preziose<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">E dunque, finalmente, una notizia di cui rallegrarsi. Nel
mare di disperati che annegano nell’indifferenza generale, apostrofati da una
delle più alte cariche dello Stato come turisti che non possono "decidere loro
dove cominciare e finire la crociera”, in mezzo al mare delle cattive notizie e
della cronaca nera nella quale molti ormai hanno preso gusto a crogiolarsi se
non altro perché pare faccia salire l'audience, ecco comparire all’orizzonte un pezzo di
sole giallo bello forte. Quasi da insolazione di agosto. Eppure è giugno. E
sono appena iniziati gli esami di maturità per mezzo milione di studenti italiani.</span><br />
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">E la buona notizia è proprio questa. Che una buona scuola c’è
davvero se qualcuno ha proposto <a href="http://www.istruzione.it/esame_di_stato/201718/Italiano/Ordinaria/P000_ORD18.pdf">tracce intelligenti</a>, umane e piene di sensibilità
come quelle che il mezzo milione di studenti si è trovato a leggere ieri nell’ansia
del dopo-notte prima degli esami: l’uguaglianza nell’articolo 3 della Costituzione,
il tema della solitudine nell’arte e nella letteratura, la creatività come vero
capitale umano sul quale scommettere, e ancora una pagina di letteratura di
G.Bassani come spunto per riflettere su come le leggi razziali del ’38 abbiano annientato la vita degli ebrei italiani nel secolo scorso. </span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">La generazione del ’99, quella che un secolo fa venne
chiamata a combattere sul fronte della Grande Guerra, ha combattuto ieri un’altra
importantissima battaglia. Quella di restare per 6 ore senza cellulare a
pensare e scrivere su un pezzo di carta bianca a righe, anche detta carta protocollo. Un oggetto vetusto, forse in via d’estinzione, eppure tanto
pieno di sorprese per chi scrive e per chi poi dovrà leggere. Quando ricapiterà
mai? Sei ore per riflettere su F.Petrarca, che nel ‘300 scriveva nel </span><i style="font-family: Georgia, "Times New Roman", serif;">De vita solitari</i><span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;"><i>a </i>che la solitudine
permette di “stare come in un posto di vedetta, osservando ai tuoi piedi le vicende
e gli affanni degli uomini </span>[...] <span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">e così dimenticare gli autori di tutti i mali
che ci sono accanto, e talvolta anche se stessi”.</span><br />
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;"><br /></span>
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">Sei ore per lasciarsi illuminare da Alda Merini ed Emily
Dickinson, non a caso due voci di poesia femminile capaci di parlare di solitudine
con l’essenzialità di un verso, per ritrovare “un’anima al cospetto di se
stessa – infinità finita”. Sei ore per renderci conto che ciascuno di noi ha un
talento e che vale la pena scoprirlo, spegnendo per qualche ora il cellulare ed
accendendo cuore e cervello, perché “è solo quando ci sono condizioni e tempo per
riflettere che possono rivelarsi intuizioni preziose, soluzioni impreviste”
(C.Bordoni, </span><i style="font-family: Georgia, "Times New Roman", serif;">La noia creatrice</i><span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">, 2017).
E che ci sono “tempi per esplorare la strada maestra e tempi per scrutare le
vie laterali. E, forse, i tempi più intensi sono quelli in cui il richiamo
delle vie laterali ci porta a cambiare strada maestra, o piuttosto a farcela
scoprire per ciò che era già ma ancora non comprendevamo.” (G.Didi-Huberman, </span><i style="font-family: Georgia, "Times New Roman", serif;">La conoscenza accidentale</i><span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">, 2011).</span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">C’è appunto bisogno di tempo. Quello che oggi le nuove
tecnologie ci stanno strappando secondo dopo secondo se non ci autoregoliamo da
soli. Tempi vuoti, tempi di noia, tempi da non riempire per forza con qualcosa. “Ti viene qualche dubbio su dove stiamo andando”, raccontava in treno un
giovanissimo e talentuosissimo biologo di Latina ad un suo coetaneo triestino
della minoranza slovena, teatrante e agricoltore al tempo stesso. “E’ sempre
tutto molto veloce, quando guardo mia sorella rimbambita davanti ad Instagram mi
cadono le braccia…certo, detta così sembra che facciamo discorsi da vecchi”,
ammettevano i due ragazzi. Ma poi il finale, grandioso: “Tornare all’agricoltura.
E’ lei che decide il tempo.”</span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">Qualcuno ha scritto che si tratta di una “scommessa mancata”,
che i ragazzi temi del genere non saranno in grado di affrontarli, ma
personalmente credo invece che i ragazzi del ’99 stupiranno gli adulti
sfiduciati e pessimisti che stiamo diventando con il tempo che passa e le
numerose crisi – reali o virtuali – che ci circondano.</span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">Il capitale umano siamo noi, e siamo noi adulti assieme ai
ragazzi che diventeranno gli adulti di domani. E’ possibile far finta di
niente, abbrutirci con il cinismo, la cattiveria, la maleducazione, il pensar
male, le calunnie e la diffamazione: esperienze quotidiane che alcuni vivono
ancora oggi negli ambienti di lavoro del progredito e civilissimo occidente. E’
possibile chiamarci fuori dicendo che in fondo noi il nostro dovere lo stiamo
facendo, è colpa degli altri. Ma, come ebbe a cantare un caposaldo del pensiero
filosofico italiano nazional-popolare parecchi anni fa, “gli altri siamo noi”.
Non ci vogliono grandi politologi o politicanti dell’ultim’ora a darci nuove
regole di convivenza civile. Basta anche riprendere Umberto Tozzi del ’91.
Anacronistico dite? Il problema sarà quando anacronistiche saranno considerate
le tracce dei temi dati ieri all’esercito del mezzo milione di maturandi. E
speriamo davvero che questo non accada mai. <o:p></o:p></span></div>
<br />Unknownnoreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-6241316261809628554.post-82940943663457973142017-04-15T19:29:00.000+02:002017-04-15T19:29:44.318+02:00Tirocigno d'amore<span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;">La natura ci cura. Ci consola, conforta, allarga l'orizzonte. E' come quando si prega: vedi oltre l'orizzonte visibile, e dilati il cuore. Vedere un cigno bianco, creatura delicata ed elegante, che solca il mare di un canale industriale inquinato e maleodorante, riapre alla speranza. La purezza che non ha paura di sporcarsi, cercando l'essenziale: un riparo, un luogo in cui viaggiare per un po', e magari anche trovare il coraggio di generare nuova vita. </span><br />
<span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;"><br /></span>
<span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;">Qualcuno stenta a crederci. A credere ancora alla bellezza, alla bontà, all'autenticità. Eppure è vero: una coppia di cigni bianchissimi ha fatto un nido accanto ai rovi e agli sterpi, davanti ad una fabbrica che non conosce festività e domeniche e lavora sempre, ad ogni ora, producendo un rumore sordo continuo. Ma la cigna, evidentemente, non teme. Sa di avere accanto un compagno fedele e previdente, che saprà difenderla al momento opportuno. E si offre agli sguardi di chi passa: qualche camionista, sparuti pescatori, un fotografo, solitari abitanti di periferia, e una signora che ogni sera viene in visita. </span><br />
<span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;"><br /></span>
<span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;">"Se non vengo sto male", dice la signora, che ha trovato in queste creature quella bontà e mitezza che pare in via di estinzione tra gli umani. Sa tutto di loro: usi e costumi (i cignetti nasceranno tra 40 giorni, e a un certo punto li coverà anche lui), alimentazione (pane sì, ma ammorbidito nell'acqua), viaggi, spostamenti, e pure qualche notizia di cronaca nera animale. Ma, più che la curiosità o il desiderio di conoscenza, è l'amore a guidarla. Quei cigni sono diventati la sua famiglia. Ha combattuto con un tumore, si è scontrata con la sanità locale, con l'indifferenza e la mancanza di pietà. Se accende la radio e sente le brutte notizie di un mondo in guerra, preferisce spegnere perché le sale la rabbia. Perché a suo parere gli Stati dovrebbero occuparsi di non vendere armi ed investire piuttosto nella scuola, nella sanità, nel bene pubblico. E solo così allora, "lei avrebbe un sorriso grande così e anch'io avrei un sorriso grande così". </span><br />
<span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;"><br /></span>
<span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;">Però mentre parliamo, il sorriso arriva. Perché se si comunica davvero con il cuore, non si può non sorridere, almeno ad un certo punto della comunicazione. Per simpatia, per empatia, per solidarietà. Ed è straordinario come, grazie al miracolo di una coppia di cigni che sta per partorire nuova vita in una zona industriale di una città del Nord Est, si accenda la vita anche tra gli esseri umani. Aveva ragione quello studente di tanti anni fa che, in un tema sullo stage appena concluso in officina, scrisse: "un tirocigno molto formativo". Oggi questo "tirocigno" mi appare in tutta la sua brillante chiarezza. Abbiamo tutti bisogno di un lungo, istruttivo tirocigno d'amore. Per reimparare a non farci troppo del male, e a prenderci cura gli uni degli altri. Senza pretendere che l'altro sia quello che voglio io, senza aspettarsi nulla, nella consapevolezza di non poter fare più a meno di questo amore.</span><br />
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<span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;">Vedi che scherzi ti gioca questo aprile. Quale nuova saggezza porta con la primavera. E' il più "crudele dei mesi", come dice T.S.Eliot citato da una cara amica quasi ogni anno ma quest'anno no. Forse perché quest'anno è stato marzo a sfoderare una certa sua amara crudeltà. Se ne sono andate due persone carissime in poche settimane: Simona e mio padre. I giornalisti, quando scompaiono i famosi, dovrebbero avere sempre pronto un "coccodrillo" per commemorarli, ma quando bisogna ricordare un'amica e un padre non si possono avere parole pronte così, in poche battute. </span><br />
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<span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;">Cara Simona, tu il tirocigno l'avevi fatto, eccome se l'avevi fatto. Un animo generoso, una voce dolcissima, una meravigliosa ironia e voglia di ridere. Te ne sei andata all'improvviso a 45 anni, dopo che avevamo condiviso l'avventura più inaspettata e incredibile di questa vita: il concorso per diventare insegnanti, noi che eravamo state giornaliste free-lance per gran parte del nostro tempo mortale. </span><br />
<span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;">Caro padre, che dire anche a te? Un po' ci hai fatto penare, a me e alla mamma (e noi abbiamo fatto penare te!), ma sono felice che tu ora possa vedere cieli nuovi e terra nuova. La tua anima ne aveva tanto bisogno. E sono certa che il tuo tirocigno l'hai fatto anche tu abbondantemente. E pazienza se a volte non ci siamo proprio capiti al volo. Avremo tutto il tempo del mondo per ritrovarci pienamente in sintonia.</span><br />
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<span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;">Forse un breve tirocigno lo auguro a chi, in ospedale, si è lasciato trascinare dalla routine, dal fatto che un anziano con una malattia neurodegenerativa importante diventa in pochi istanti soltanto un letto di ospedale e non più una persona bisognosa di cura costante e di vicinanza amorosa. Scherzando, mi è più volte sfuggito che non occorre andare in Svizzera per farla finita. Basta semplicemente finire al Pronto Soccorso nelle mani di chi non conosce la tua storia e ti separa dalle uniche persone che ti tengono in vita con il loro amore. Ma domani è Pasqua. Ed è la festa della vittoria della vita su ogni morte e ogni ferita. Dunque apriamoci a questo squarcio di gioia e perdoniamo tutto il resto. Viva i cigni di periferia. </span>Unknownnoreply@blogger.com1