lunedì 21 aprile 2025

Ciao, Francesco

No, non ci vogliamo credere che non ci sei più. 
C'è ancora, dice la mamma, è qui tra noi. E' qui con noi. 
Un dolore immenso questa mattina e un pianto a dirotto. 
E' da una delle tante rumorose chat su Whatsapp che lo scopro: papa Francesco è morto. 
Ma come? Morto? Non è vero. Ti abbiamo visto ieri alla messa di Pasqua. Un filo di voce e il volto sofferente. Interdetti, non ce l'aspettavamo, sgomenti, atterriti, scioccati, sorpresi, affranti. La bellezza della lingua italiana restituisce tutta la gamma di sentimenti e sensazioni che si accavallano nel cuore di tutti in questi momenti. 

Ora le tv e le radio ti ricordano: ricordano le ultime settimane all'Ospedale Gemelli, le tua figura solenne e solitaria sul sagrato di piazza San Pietro a marzo del 2020, in piena pandemia. Ti ricordano per le tue stupende encicliche, Fratelli tutti, Laudato si'. Da leggere, mi scrivono da Roma, l'ultima Dilexit nos, dove si trova tutto il cuore e l'amore di quest'uomo per l'umanità. Il cuore al centro; il cuore, non la testa, non la razionalità che è stata capace anche di progettare l'orrore del secolo scorso e quello che riaffiora nel nostro tempo.
Le distanze si accorciano, la capacità di arrivare a tutti, la sospensione del giudizio verso ciò che non si comprende, dicono ora alla Tv. La Chiesa povera per i poveri. La Chiesa come ospedale da campo. I viaggi di pace e speranza nel mondo. Un papa rivoluzionario fuori dagli schemi. Il papa dell'accoglienza, dell'inclusione, con i migranti a Lampedusa fin dal primo momento.

Dodici anni fa, quel 13 marzo 2013 c'ero anch'io in piazza per la tua elezione. Ho pure rischiato di perdere una scarpa per l'entusiasmo che accompagnava l'annuncio del "gaudium magnum". Habemus papam! Non avevo messo a fuoco il tuo nome, non ti conoscevo. Ma ti abbiamo amato da subito. Per il tuo tono di voce vicino, intimo, quasi sussurrato, come un amico parla ad un amico, avrebbe detto S.Ignazio. E per quel bonario senso dell'umorismo capace di abbattere i più alti muri di orgoglio e superbia.
"Ogni volta che io entro in questi posti, mi domando: perché loro e non io?": il tuo sguardo spiazzante prima di entrare nelle carceri italiane a benedire i tanti uomini e donne invisibili agli occhi di noi tutti, se non quando ci sono notizie di suicidi o altre disgrazie che fanno accendere le telecamere sul disagio oltre quelle sbarre inaccessibili. 

Come rendere a parole ciò che hai rappresentato per molti di noi? Vicinanza, dolcezza, tenerezza, comprensione, apertura, gioia, compassione. Ma anche semplicità, familiarità, calore, affetto, bontà, sorriso, pace, gentilezza, simpatia. Un papà, un nonno, un amico carissimo. Tutto il meglio che si vorrebbe ritrovare in un essere umano. Tutto quello che dovrebbe essere il Vangelo preso alla lettera nel suo cuore più autentico. Tutto ciò che ciascuno di noi potrebbe essere per gli altri. 
Il sole, l'infinito, dice la mia mamma. A proposito, lo sai, papone che sei nei cieli, che se oggi sono qui, in questa che a volte è stata davvero una periferia esistenziale, è proprio grazie a te? Credo di avertelo scritto. Quante volte avevi parlato della solitudine degli anziani e dell'importanza di stare vicini a chi rischia di restare ai margini del mondo. 

Oggi si sentiva parlare di te anche dalla radio nel bagno di un ristorante. Le signore non dicevano niente, ciascuna attendeva il suo turno. Una parola l'avrei scambiata, ma qui nel Nordest ogni tanto il cuore mi si rattrappisce. Cuore mio, non avere paura. Sempre aperto, in nome di questo grande, stupendo uomo che ha attraversato il nostro tempo inquieto e a volte gelido. Grata di averti conosciuto, di aver coltivato la speranza e di aver visto cosa vuol dire essere cristiani veri, autentici nel Terzo millennio. Grazie Francesco!


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