mercoledì 22 febbraio 2006

Irina e le altre

Irina mangia la pista sotto i piedi. Non scivola e basta; vola, abbraccia, si tuffa nel ghiaccio. Come se quella fosse casa sua e non un luogo di competizione. Energia e sicurezza, sì, come dice la commentatrice dalla tv ormai congelata in un freddo olimpico perenne. Ma anche gioia che brilla negli occhi e naturalezza in ogni movimento. La disciplina cede il posto all’entusiasmo (come lo intendevano i greci: uno che è ispirato da un dio), al divertimento, al godimento intenso di quei pochi minuti in cui si consuma la performance. E ti vengono i brividi, perché il talento è così. Ti si dispiega davanti con una forza a cui non puoi sottrarti. E ti coinvolge comunicandoti qualcosa di scintillante, di bello, e in qualche modo anche di amoroso.

Penso che così dovrebbe essere per ogni disciplina artistica. E mi piacerebbe che fosse così non solo nell’arte, ma anche nella professione che uno sceglie, se la vita ti dà la possibilità di scegliere. Studi, ti impegni, ma quando sei lì, un po’ di estasi per quello che fai, un po’ di sano divertimento non dovrebbe mancare. Altrimenti sei un esecutore, un bravo o cattivo esecutore e basta. Oppure uno che alla fine dice, con voce moscia: “Voglio pattinare per me stessa e non per un risultato”. E tu provi imbarazzo, e anche un po’ di pena, perché è chiaro che uno le cose dovrebbe farle per sè stesso/a e non per un risultato, epperò questa è la dichiarazione di saggezza di un’italiana che viaggia in diciannovesima posizione e quindi lasci correre.
E l’emozione che ti ha regalato Irina la tieni nel cuore.

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