venerdì 17 novembre 2006

Contromafie
17-19 novembre, Roma

Santi, musicisti ebbri di gioia o semplici cittadini impegnati, con il sacro fuoco della legalità che scorre nelle vene? Dopo aver sentito quella meraviglia della
Lauda di Francesco di Angelo Branduardi, non saprei dire cosa davvero ci può salvare dalla deriva totale.
Prima ho applaudito Giancarlo Caselli che, per chioma canuta e vigore, mi ricorda sempre un direttore d'orchestra teutonico. Ho applaudito e mi sono emozionata con migliaia di persone che questo pomeriggio hanno affollato l'Auditorium di via della Conciliazione per i primi
Stati generali dell'anti-mafia. Avevo bisogno di sentir dire con autenticità che "l'accantonamento di fatto della questione morale è la grande questione istituzionale", perché credo che la perdita di un'etica elementare sia alla base di molte degenerazioni sotto gli occhi di tutti.

E ho applaudito il grande don Luigi Ciotti, la sua parlata profetica, il suo modo di essere tutt'uno con quello che dice: testimone, cristiano, prete e uomo di profondo impegno civile. "Il problema non sono solo le mafie, ma siamo anche noi!", è necessario impegnarsi in prima persona nella scuola (sig), "non basta più indignarsi, dobbiamo provare disgusto per la violenza criminale", "paura e rassegnazione mai: tutti dobbiamo sentire forte la voglia di metterci in gioco".


E ancora, l'augurio di sentire il "morso del più", di non accontentarci di quello che facciamo, perché "un giorno non ci sarà chiesto se saremo stati credenti ma credibili", e allora "a che serve essere vivi se non si ha il coraggio di lottare?". Mi lascio coinvolgere da queste parole, che hanno un peso così diverso da quelle che uno può sentire alla radio o alla televisione. Perché ho preso un autobus e mi sono mossa personalmente per dedicare un pomeriggio a queste parole, ben scelte e selezionate. Non ho manovrato un telecomando ma sono lì con tutta me stessa, per questo l'attenzione è molto più densa e concentrata.

Arriva anche Prodi, che un po' viene contestato ma molto viene anche applaudito. "Fuori i corrotti dal Parlamento", grida qualcuno dalla platea, che Bianca Berlinguer - coordinatrice del pomeriggio - cerca di rabbonire come una brava insegnante. In quei momenti soffro, perché io al presidente del Consiglio gli voglio bene proprio per quella sua aria mite e indifesa, agli antipodi rispetto all'arroganza e alla prevaricazione di tanti uomini politici nostrani. Gli farei quasi da 'paladina' difensora, e sono tutta lì che mi torco e faccio il tifo interiore perché almeno si abbia la pazienza e il rispetto di lasciargli finire il discorso con il suo ritmo. Anche Prodi ribadisce il concetto che "il valore della legalità va insegnato" e che "nella lotta alla mafia la scuola è al primo posto". E mi viene in mente l'istituto professionale di Torre Maura, in una delle tante periferie di Roma, dove una scritta dava il benvenuto a chi entrava: "In questa scuola regna la mafia".

Alla fine, sullo stesso palco dei parlatori politici, una chioma arruffata e grigia, i movimenti di un danzatore zen, la compostezza dell'artista sereno per dare voce e suoni alla storia di San Francesco: uomo e santo, inventore di una delle lodi più belle della nostra letteratura italiana delle origini, cantore gioioso della bellezza del creato. Grande esempio di una santità che può combattere guerre durissime senza perdere ciò che di più umano si agita dentro di noi.

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