lunedì 2 febbraio 2009

Coca-cola vietata a Roma dopo le 21

Nemmeno il regime comunista più duro e intransigente avrebbe potuto immaginarlo: nel centro di Roma, quartiere Testaccio, è vietata la consumazione di Coca-cola in piazza o comunque distante dal bar/ristorante/pub dove viene venduta.
Oibò, e com'è possibile? Improvvisamente l'Occidente si ribella contro una delle sue figlie più riuscite e gasate?
No, si tratta più semplicemente di un provvedimento del sindaco Alemanno. Così almeno spiega il pizzarolo a noi che chiediamo due pizze per asporto e, ad usum digestionis, un barattolo di Coca-cola.
"Eh, mi spiace, non possiamo venderli". Punto interrogativo. "Decisione del sindaco, niente bibite per asporto dopo le 21". Ma le dobbiamo portare a casa, non ci aggireremo ai giardinetti brandendo il barattolo come un'arma di estinzione di massa. "Niente, mi dispiace".

Avevo vagamente sentito parlare dell'argomento, che però pensavo riguardasse solo gli alcoolici. L'estensione del divieto anche a quella che a buon diritto qualcuno chiama nettare degli dei (occidentali), appare una sorta di delirio di onnipotenza se non un'autentica scemenza. Verità o eccesso di zelo del pizzarolo?
In nome della sicurezza cos'altro vieteranno in futuro?
Urge una risposta.

"Considerate la vostra s(c)emenza. Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza" (Inferno, canto XXVI, Ulisse)
Scusa l'aggiunta della 'c', Dante, ma quando ce vo' ce vo'.

1 commento:

utente anonimo ha detto...

Lucia hai messo la "C" nel posto giusto. Mai "C" fu più azzeccata. Salvatore