mercoledì 4 novembre 2009

Là dove c'era l'erba ora c'è...

Nel luogo dove stanno per essere edificati appartamenti di prezzo variabile tra i 370 e i 600mila euro (6000 euro al metroquadro, specifica la signora immobiliarista senza batter ciglio), si sono accampati in tende e baracche precarie alcuni afghani. Fino a qualche giorno fa avrei detto semplicemente stranieri ma ho scoperto la loro identità in un articolo pubblicato su PeaceReporter. Là dove c'era l'erba ora c'è un cantiere vicino alla Stazione ostiense, e prima ancora un grosso sbancamento nel terreno, un'ampia fossa che già nel suo trovarsi al di sotto del livello di strada calpestabile, dice una condizione: sotto ai nostri piedi vive un'umanità ai margini, rifiutata tra i rifiuti, che presto dovrà fare spazio alle costruzioni di cemento su otto piani riservate ai civili e civilizzatori abitanti di una metropoli come Roma.

Pare che tra un po' questo alloggio provvisorio fatto di coperte, legno, pietre e vario materiale di scarto, dove oggi faceva capolino anche un palloncino colorato viola-giallo a forma di fiore, verrà sgomberato ma un paio di camper dei Medici per i diritti umani (Medu) presidiano l'area per garantire un'alternativa abitativa a queste persone. Intanto alla recinzione metallica che delimita quello che è stato già ribattezzato 'Ground Zero', è stato appeso un grosso lenzuolo con una parte dell'articolo 10 della nostra Costituzione scritto a mano. Vale la pena di riportarlo per un ripasso personale di quella carta fondamentale che qualcuno, in nome del potere, ritiene di poter cambiare a suo piacimento: "Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d'asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge". Quali sono le condizioni stabilite dalla legge?

Un fotografo fotografa e poi va a parlare con un gruppetto di stranieri che stanno sotto ad una tenda. Io non lo so come vivessero in Afghanistan, forse più o meno così o forse meglio, molto meglio. Forse la forza della disperazione è tale che qualunque cosa è meglio del proprio paese d'origine, martoriato da una guerra dove tra l'altro anche noi siamo coinvolti. Vorrei avere il coraggio di avvicinarmi e chiedere ma a volte la vita va così, che sei spettatore muto anche per una forma di pudore, perché in fondo quella è per il momento casa loro e nessuno ti dà il diritto di intrometterti in casa d'altri così, mosso solo da curiosità. O forse sì, e sarebbe anzi auspicabile per rendere le nostre città meno anonime e fredde?

Qualche centinaio di metri più in là, ad un paio di palazzi di distanza, due giovani volontari dell'agenzia Onu per i rifugiati cercano sostenitori per le loro campagne. "Signorina, stiamo cercando degli angeli", precisa il ragazzo usando una formula che interiormente mi fa inorridire: fermare le persone per strada e dire che si cercano angeli con il portafoglio è svilente per gli angeli stessi. In ogni caso segnalo che lì vicino ci sono rifugiati in carne ed ossa che vivono in una situazione di estrema difficoltà. Non sono a conoscenza della situazione e non sembrano nemmeno troppo interessati all'argomento. Sono lì per reperire fondi, come si dice in gergo, eventualmente posso segnalare il caso sul sito internet dell'UNHCR. Se per caso doveste morire, spedite un'email all'Onu.

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