venerdì 2 luglio 2010

Humane vivere

Qual è il futuro dell'umana convivenza nelle grandi città? Riusciranno i nostri eroi a rimanere umani resistendo all'ondata di caldo che d'estate arroventa il cemento e la testa? Dopo essersi in alcuni casi fumati il cervello, gli umani metropolitani si fumeranno anche l'aria a furia di sigarette, arie condizionate e cellulari impazziti? Sono domande che mi appassionano, più della politica e delle leggi-bavaglio, che pure ieri mi hanno spinta in piazza Navona qui a Roma. E forse la risposta è nella piazza, tradizionale luogo di incontro, agorà da ripristinare boicottando una volta per tutte gli anonimi centri commerciali che vorrebbero sostituirsi alle piazze in carne ed ossa.

Per la verità ieri a piazza Navona non eravamo in molti. Via, ammettiamolo altrimenti facciamo torto alla realtà dei fatti. Colpa dell'afa. O della stanchezza ad essa connessa. Vi è però forse anche un'altra ragione che toglie altrettanta energia ad un gesto che sarebbe, di per sè, assai rivoluzionario ed eversivo per il solo fatto di riunire in modo reale e non televisivo tante persone in uno stesso luogo.  E la ragione è che ripetendo all'infinito il gesto di scendere in piazza, alla fin fine si toglie potere alla stessa piazza. Abuso di piazza, mi verrebbe da dire, che alla fin fine genera assuefazione e toglie fiducia nel fatto che quel modo di radunarsi sia davvero efficace. Non avevamo già detto tutto nella prima grande mobilitazione del Popolo Viola il 5 dicembre dell'anno scorso? E prima ancora ad ottobre, manifestando per la libertà di stampa? E poi ancora a febbraio di quest'anno, ricordando che la legge è uguale per tutti? Adesso chi deve agire agisca, ma ciascuno di noi ha anche un mestiere, un lavoro, una passione da alimentare. Con o senza Berlusconi. Mettere da parte le nostre passioni per deprimerci e rattristarci è forse uno dei più sciagurati effetti provocati da questo sciagurato personaggio.

In ogni caso la piazza romana di ieri un merito, per quanto mi riguarda, lo ha avuto. Ed è stato di farmi sentire cittadina di un un grande paesone. Piazza Navona ieri era anche un po' piazza Unità a Trieste, dove in un pomeriggio è matematicamente sicuro che qualche volto noto lo intercetti, e su questo tipo di intercettazioni non c'è nessun ddl che tenga. C'era la signora pia della chiesa di Testaccio, quella che aziona i canti registrati con il telecomando dal primo banco (fulgido esempio di donna devota d'altri tempi), così come il giovane antropologo che vive in una casa comune lavorando - gratis - per un'associazione che prima o poi riceverà anche i finanziamenti del Comune. Di passaggio la fidanzata modenese di un ex coinquilino calabrese, il giornalista napoletano letteralmente a spasso con moglie teatrante, ed infine le giovani coinquiline attuali, una viterbese l'altra milanese, aria spaesata e mezzo piede pronto ad andarsene. Tutti esuli a Roma per i motivi più vari, tutti stranieri ma stranamente a casa. Potenza della capitale.

Dal palco ho sentito Tiziana Ferrario, volto noto del TG1, e il suo tono era vibrante. In lontananza le telefonate di Ennio Morricone e Dario Fo. Molti i testimoni delle molte ingiustizie italiche sul palco, tra cui la sorella di Stefano Cucchi e i ragazzi delle Agende rosse di Borsellino. La frescura della fontana del Bernini a refrigrerare la testa, e gli incontri personali a rianimare un po' un luogo che mi è sembrato complessivamente spento, moscio, senza vita. Forse bisogna ripartire da qui: dalla piazza, dal dialogo, dall'incontro al di là di ogni bandiera e di ogni palco, dall'anziana dell'Associazione partigiani che vorrebbe lanciarsi nella fontana per emulare l'Anitona felliniana, ed è un gran peccato che non lo faccia davvero. Lasciamo che Berlusconi si esaurisca da solo grazie alle sue mille giovani segretarie al seguito (giovani segretarie, contiamo su di voi), e vigiliamo che ad esaurirsi non siano le nostre forze e soprattutto le nostre speranze per un futuro migliore, che può iniziare ad ogni minuto che passa.
 

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