venerdì 3 giugno 2011


L’albero della vita

Un libro sapienziale. O una preghiera, come ha scritto Roger Ebert, uno dei più grandi critici cinematografici americani. Questo è per me ‘The tree of life’, il film di Terence Malick vincitore della Palma d’Oro all’ultimo festival di Cannes. Uno di quei film che ti lasciano a bocca aperta, senza poter aggiungere niente per paura di rovinare quello che hai visto.

Si inizia con la domanda che Dio fa a Giobbe nell’omonimo libro biblico: “Dov’eri tu quando io ponevo le fondamenta della terra?”. E si prosegue con un’altra serie di domande che l’essere umano – credente o no - può rivolgere a Dio durante la sua esistenza terrena, soprattutto dopo essere stato toccato dal dolore di un lutto drammatico come quello della perdita di un figlio.

Perché?
Dov’eri?
Com’è possibile?
Cosa siamo noi per te?

Le risposte sprofondano, mentre sullo schermo scorrono meravigliose immagini che evocano il Big Bang, la creazione, la potenza della natura, il miracolo della vita che si rinnova in tutte le sue forme, dalle più piccole bollicine d’acqua all’eruzione di un vulcano. Caos indistinto, luce, materia, acque, abissi, creature del cielo e della terra.

L’essere umano sembra piccola cosa di fronte alla grandezza infinita dell’universo. Proprio come alla fine del libro di ‘Giobbe’ (cap.38-39), quando Dio racconta all’uomo piegato dalla sofferenza tutto quello che ha fatto dall’inizio del mondo. E sono prodigi, che alla fine faranno esclamare a Giobbe: “Comprendo che puoi tutto e che nessuna cosa è impossibile a te”.

Prodigio mi pare anche andare al cinema ed essere immersi in una riflessione di sapienza cosmica che regala lacrime e commozione autentica. E una grande speranza, che nella lunga sequenza finale ha il sapore di un paradiso di resurrezione dove ci ritroveremo tutti, finalmente riconciliati anche con il male fatto o ricevuto.  

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