venerdì 17 giugno 2011

Metti un arsenale ad arte

Pensate di avere a disposizione un arsenale per dare libero sfogo alla vostra creatività. Un arsenale come quello di Venezia, con immensi padiglioni di mattoncini rossi e soffitti con travi a vista. Attorno, il mare della laguna, azzurro sotto il cielo di primavera. Che fate? State con le mani in mano? Via, fatevi venire almeno un’idea illuminante. Certo, c’è bisogno di tempo. Dovete sostare a lungo in questi spazi che un tempo videro all’opera centinaia di artigiani navali intenti a costruire galee e galeazze pronte a solcare mari lontani. Il luogo è così ricco di storia che non lo si può liquidare con uno sguardo fugace. Ma voi siete artisti, e il vostro fiuto non tarderà a suggerirvi ispirazioni che sarete obbligati a seguire.

Nascono forse così le opere che si possono vedere alla 54esime Biennale d’arte di Venezia, che per l’occasione trasforma Arsenale e Giardini in un grande museo dell’arte contemporanea internazionale, o meglio in un percorso avventuroso tra le creazioni umane delle più diverse fantasie e latitudini, dall’Argentina agli Emirati Arabi, dal Lussemburgo all’Honduras. Una specie di parco dei divertimenti artistici che possono lasciare indifferenti o coinvolgere per la loro bellezza, talora rappresentata proprio dal contesto espositivo.

Spiazza, per esempio, vedere in un padiglione industriale una mega scultura classica in cera guardata da un uomo la cui testa – anch’essa in cera, come il resto del corpo – deve aver preso fuoco qualche giorno fa e quindi è stata depositata a terra con cura; una fiammella ancora accesa brucia nel collo dell'uomo e preannuncia imminenti scioglimenti. Durerà l’opera di Urs Fischer fino alla fine di novembre? Forse no. D’altra parte il titolo scelto dalla curatrice Bice Curiger per questa edizione della Biennale è illumi-nazioni, e può essere che certe luci debbano spegnersi velocemente. Segno dei tempi.

Ti chiedi: è arte questa? Per una volta metti da parte la domanda e lasciati guidare dalla sorpresa. Potresti finire anche in una toilette (artistica) con due tazze gemelle (l'aspra vita di coppia?) e un lavandino pieno di bigliettini con frasi artistiche. Per esempio: “In art as in love, instinct is enough”. “In arte come in amore, l’istinto è sufficiente”. Portatene dietro un paio, che possono sempre tornarti utili nei momenti di aridità intellettuale.

In nome delle ‘illuminazioni’, sono molti gli ambienti bui, dove si cammina a tentoni e si ascoltano soltanto voci da altoparlanti dialoganti, forse per dire che ci stiamo tutti trasformando in altoparlanti incapaci di vero dialogo. Dal Sudafrica arriva una scultura che sembra un mega-dinosauro di gomma, plastica, stoffa. Intorno voci, canti, che ammaliano e invitano a proseguire il percorso.

Troppi i video, di cui si abusa già nella vita quotidiana. Meglio l’immaginazione di chi vuole evocare, come ‘The Black Arch’ delle due sorelle artiste dell’Arabia Saudita, per la prima volta presente alla Biennale: un cubo, un grande specchio, tante palline argentate, il rumore del mare, le voci dei gondolieri, immagini mosaicate sul pavimento. La Mecca a Venezia.

Poi arriva il padiglione Italia e, dopo le polemiche parzialmente seguite dai giornali, la curiosità di vedere con i propri occhi è tanta. Prima impressione: un’accozzaglia di tele & similia a tratti felice, a tratti trash, kitsh, decadente. Duecento opere di artisti presentati da intellettuali, scrittori, giornalisti, letterati, secondo quanto stabilito dal curatore Sgarbi, perché “l’arte non è cosa nostra”, come vuole lo slogan del padiglione nazionale. “Alla fine, però, son stati segnalati fidanzati, amanti…”: vox veritatis raccolta in loco.

Eppure alcune opere di impatto ci sono, come quella che rappresenta una chiesa con banchi, candele tricolori, la Costituzione sul leggìo al posto della Bibbia ed un enorme stivale rosso insanguinato sulla croce (Gaetano Pesce). L’Italia crocefissa dalle mafie, dalle ingiustizie che restano impunite, dagli interessi di parte che arricchiscono pochi a danno di tutti gli altri. In mostra anche una sezione del ‘Museo della mafia’ di Salemi: un soppalco soffocante dove a un certo punto – nel buio totale – si aprono 10 cabine in cui si può entrare per ricevere nuove, atroci, illuminazioni.

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