venerdì 28 ottobre 2011

Cultura bene comune

Dopo 4 mesi di occupazione, gli occupanti del Teatro Valle a Roma hanno indetto lo scorso 20 ottobre un'assemblea pubblica per esporre i punti del nuovo statuto della Fondazione Teatro Valle Bene Comune. Una riflessione a margine. 

Alcune parole parlano, altre no.
Alcune parole parlano di vita, muovono colori, odori, sensazioni,
accendono idee, impulsi, stimoli, reazioni,
provocano risvegli, illuminano il buio, fanno tuonare lampi.
Altre parole arrivano piatte, secche, astratte, inespressive, lontane.
Per esempio: cultura bene comune cosa vuol dire? Cosa esprimono queste tre parole avvicinate? Che la cultura, il nostro patrimonio culturale appartiene a tutti. Ma il concetto rimane ancora distante. Forse vuol dire che tutti dovrebbero poter apprezzare e gustare una poesia di Montale, una commedia di Shakespeare, una performance teatrale contemporanea, un concerto per pianoforte e orchestra di Beethoven, un'opera di Anish Kapoor, un quadro di George de La Tour, e la lista potrebbe continuare all'infinito.

Ma se al posto di questa lista arriva un'altra lista di parole come 'assemblea comunarda', 'emersione della categoria bene comune', 'comunità di lotta per i beni comuni', 'bene comune genere giuridico nuovo', 'beni comuni fuori commercio', 'riempire la forma con al sostanza', 'logica aziendalistica del qui e adesso', 'contrapposizione tra avere ed essere', 'le utilità che questo luogo produce' (e la lista potrebbe proseguire),
il cittadino comune quale idea di cultura bene comune riuscirà a farsi?

Il cittadino comune infatti non capisce e guarda le facce che queste parole pronunciano, e vede volti tesi, compresi, arrabbiati, volti che gli ricordano certi quadri dei protagonisti della Rivoluzione francese: cupi, tristi, rancorosi. Ed è al linguaggio rivoluzionario che si ispira anche quello degli occupanti: theatralité, assemblea dei comunardi, uguaglianza. Ora il cittadino comune ha un problema con la Rivoluzione francese: sa che nell'arco di pochi anni i sacrosanti principi rivoluzionari sono stati spazzati via dal 'Terrore', e la triade libertà-uguaglianza-fraternità è diventata presto eliminazione di non la pensava allo stesso modo.

Una contraddizione che sembra affiorare anche nel Teatro Valle nel momento in cui la cittadinanza presente pone domande all'assemblea dei Comunardi o solleva questioni specifiche sullo statuto in corso di elaborazione: le risposte non arrivano o arrivano come da una trincea di guerra, dove sia necessario difendersi da un nemico.
Quale uguaglianza, allora? Quale bene comune? Forse solo ed unicamente quello dei Comunardi stessi? Echi della 'Fattoria degli animali' si odono da lontano.

Un 'operatore teatrale' chiede quale sarà il budget per la gestione del Teatro ed ottiene una risposta sul costo degli armamenti in Italia. Un altro cittadino domanda se vi sia una differenza tra lo statuto del Piccolo Teatro di Milano e quello della nuova Fondazione. Gli arriva una risposta piccata da parte di chi questo statuto non lo conosce e via, lo leggerà ma la domanda non sembra risultare comunque gradita. Un altro, infine, invita ad evitare qualunquismi quando si parla di contatti con le istituzioni e poi se ne denigrano i rappresentanti. La polemica si accende aspra e furiosa.

Non una parola di entusiasmo, di gioia, di stupore, di consapevolezza e gratitudine per questa 'cultura bene comune' da parte di chi si prepara a gestire uno dei teatri storici di Roma, si spera non solo come esperimento rivoluzionario ma come reale apertura a tutto quel magma di energie della scena contemporanea che sono presenti nel nostro Paese. Perché si possa davvero ricominciare a respirare. Tutti assieme.

2 commenti:

utente anonimo ha detto...

Ciao Lucia, un saluto da Grenoble ! Non sono riuscita a vederti prima che tu partissi, mi è dispiaciuto. Spero tu stia bene. Io non tanto ma mi sono presa 5 mn. per leggere i tuoi biglietti cosmeticomici... Un abbraccio, Angela. 

utente anonimo ha detto...

Ciao Angela,
saluti da un'Italia ad alta tensione!
Lucia