martedì 1 ottobre 2013

Neuro-degenerations

Le chiamano malattie neurodegenerative 
perché parlare di impazzimenti sembrerebbe brutto: 
Alzheimer, Parkinson, che già a scriverli fanno paura. 
Chi li conosce, preferirebbe evitarli ma alla natura, 
al dna, ai neuroni evidentemente non si comanda. 
E questo dà già molto fastidio al moderno uomo del Terzo millennio
che tutto tocca, tutto gestisce, tutto comprende 
con il semplice sfioramento di dita su una tastiera. 

Di malattie neurodegenerative non si guarisce.
Quando arrivano te le devi tenere.
Un po' come la sindrome di B. Quando arriva te lo devi tenere, 
e sperare di limitare i danni. Salvo miracoli dell'ultimo minuto. 
E ai miracoli è sempre bene credere. 

Nessun medico, però, spiega che la neuro-degenerazione
avviene presto anche in chi circonda il neuro-degenerato,
in particolare i familiari, che a volte hanno l'impressione di trovarsi
un 'alieno' in casa. Con tutta la sofferenza che comporta
assistere alla trasformazione, alla metamorfosi radicale di chi 

è sangue del tuo sangue. 

Millenni di storia, scienza, progresso, scoperte ed evoluzioni
sembrano non aver insegnato nulla ad alcuni medici, 
che ostentano sicurezze di medicine e prescrizioni
ma scordano spesso un principio che sta alla base di ogni cura:
il rapporto umano, la comprensione, la reciproca fiducia,
il sentirsi parte di uno stesso cielo e di una stessa terra. 

Nessuno che prenda per mano, consoli, rassicuri, conforti.

Ci sono i 'test cognitivi', e le pasticche da prendere
e mi raccomando ogni tanto lasciate stare, non date corda, 
e tu cerchi di seguire il consiglio ma di fronte al volto implorante
e sofferente di chi non si ritrova più nel suo corpo
alla fine cedi. E dici: restiamo umani.

Solo che poi accendi il televisore
e vedi che, caspita, di neuro-degenerazioni ce ne sono a bizzeffe 
un po' dappertutto, perché mentre barconi di gente disperata 
affondano e bambini muoiono in Campania nella 'terra dei fuochi',
e un meraviglioso Papa parla parole di speranza,
e meno male che c'è lui sennò davvero ci coglierebbe la disperazione,
mentre tutto questo accade, contemporaneamente
vorresti avere al tuo fianco il miglior neurologo della terra per 
dirgli di prendere nota di altre clamorose patologie
stranamente concentrate in un sol uomo:
incapacità di riconoscere le proprie colpe,
impossibilità di farsi da parte quando il momento lo richiede,
disabilità totale ad occuparsi del bene pubblico (ho detto pubblico, 
non pubico: di quello abbiamo visto che se ne è occupato a sufficienza),
e che altro dire?

Di sintomi ce ne sarebbero a sufficienza per richiedere urgentemente
una visita all'Inps per il riconoscimento di invalidità, anche detta legge 104,
che poi parentesi darebbe qualche vantaggio all'invalido di turno, 
specie se non finto ma vero al 100%.

Ma lì, nei palazzi del potere, 
la malattia è evitata come la peste,
tutti convinti di essere immuni da ogni male, 
e di poter imperversare in ogni trasmissione che glielo consenta.

Eppure vedi, caro B.,
alla fine si tratta di accettare. Questa è la parola chiave che ti ripetono tutti.
Accettare un dato di fatto,
accoglierlo,
magari grazie ad un bravo medico che ti illumini.
E secondo me tu ne hai tanti lì vicino a te.
Accetta di essere mortale,
ed anche un po' neuro-degenerato,
e tutti attorno a te si sentiranno meglio.
Come?
Vuoi allora dare al nuovo morbo 
il tuo nome e cognome?
Niente di più facile.
Berlusconismo idiopatico.
Anche detto morbo di Silvinson.
Non si cura ma si può accettare.
Indicazione per familiari, cittadini e giornalisti: non dare peso ad ogni parola,
lasciar correre, ritrovare i propri spazi, mettere una distanza.
Non dimenticare mai il gusto vero della vita. 

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