Chissà se se lo sarebbe mai immaginato quello scricciolo di donna dal sorriso buono che un giorno Roma si sarebbe svegliata quasi in assetto di guerra, con sirene ed elicotteri in cielo, e fischietti delle forze dell'ordine per far sfrecciare le autoblu, e la facciata di San Pietro decorata con il volto di una suora incorniciata di bianco e di azzurro, e più di centomila persone a riempire la piazza, e tutto questo per lei?
I santi non sanno mai di essere così santi. Vivono e basta. Obbediscono ad una chiamata, ad un'urgenza interiore, ad una forza a cui non si può dire no.
Così è stato per Madre Teresa, ed è bello che alla fine della sua santificazione di ieri, in una piazza San Pietro bagnata da un sole cocente, Papa Francesco abbia aggiunto, in finale, che "non sarà facile chiamarla Santa Teresa, continueremo a dirle Madre Teresa". Non a caso madre, non a caso un nome che appena lo pronunci, senti il cuore che batte. "Forse non parlo la loro lingua, ma posso sorridere", diceva.
Via della Conciliazione è vuota mezz'ora prima dell'inizio della messa. Controlli stretti ma non si respira la tensione di altri grandi eventi. Bottigliette d'acqua distribuite dalla Protezione civile, e quel senso del pellegrinaggio che ti prende quando vai a San Pietro a piedi, e non vedi l'ora di ritrovarti nella folla, per odorare, guardare, sentire che davvero esiste una Chiesa cattolica, cioè, alla lettera, universale. Non ci sei solo tu e nemmeno la tua piccola comunità di riferimento. C'è un mondo che si ritrova per celebrare, cantare, lodare, pregare, stare in silenzio. O anche semplicemente guardare.
Bambini, anziani, facce che sembrano parenti, lingue astruse, inglese superstar, spagnolo papale, sudore internazionale, cappellini e foulard per il sole, schiene abbronzate, volti paonazzi, sorrisi gratuiti, una mamma che allatta e prega, suore, preti, handicappati, una corale predisposizione alla bontà, alla tenerezza, come se proprio questi momenti fossero piccoli balsami lungo la strada. Soste rinfrancanti sul cammino. Qualcuno che ti offre da bere quando hai sete di speranza, di gioia, di accoglienza. Come se quell'abbraccio del colonnato di Bernini diventasse carne. E ci rendesse tutti più umani.
Ma il sole non perdona. E allora molti preferiscono l'ombra e il maxischermo su via della Conciliazione. Molti di quelli che non hanno preso il biglietto d'ingresso e però non hanno voluto mancare a questo grande giorno. Un grande giorno per una donna minuscola. Quella donna che in un esame di giornalismo di una decina di anni fa, avevano chiesto di paragonare a Shirin Ebadi: due premi Nobel per la pace, due donne, una cattolica, l'altra musulmana. Una santa dei poveri e un'attivista per i diritti umani. Entrambe con il cuore lacerato dalla sofferenza per chi non ha voce. Per chi tende la mano e non trova nessuno dall'altra parte.
I più belli sono gli indiani. Le tante famiglie indiane accorse per l'occasione. Le donne nobilmente vestite con colori da favola, mariti e figli più occidentali. Alcuni sono perfettamente bilingui. "Papà, ma è finita la messa? Se n'annamo?" Segue risposta del padre in indiano stretto. E poi c'è l'occidentale vestita da indiana che un po' vorrebbe contestarla questa cerimonia vaticana in grande stile, e si aspettava da Francesco qualche discorso più tuonante sulla povertà. Perché noi se non contestiamo non siamo contenti. E' ormai un vizio che ci contraddistingue, e infatti le culture dei Paesi altri ci stupiscono sempre perché ci sembrano tutti fin troppo contenti e gentili, mentre noi pare che abbiamo sempre da digerire rospi. Anche quando ci offrono pranzi sopraffini.
Papa Francesco consegna ufficialmente questa nuova santa non alla Chiesa, non ai cristiani, non a chi crede o ha il bollino del bravo cattolico. "Oggi consegno questa emblematica figura di donna e di consacrata - ha detto il Papa - a tutto il mondo del volontariato: lei sia il vostro modello di santità! (...) Non esiste alternativa alla carità: quanti si pongono al servizio dei fratelli, benché non lo sappiano, sono coloro che amano Dio". E quando oggi, davanti all'ennesimo povero disgraziato che chiedeva la carità nel centro di Roma, ho preferito non incrociare il suo sguardo, anche perché impegnata a registrare sul cellulare una spettacolare versione di 'Every breath you take' eseguita da un giovane chitarrista davanti al Pantheon, questa frase me la sono sentita come una freccia nel fianco.
Nessun commento:
Posta un commento