domenica 5 marzo 2006

Devi dirlo, ma con leggerezza
(Sono riuscita a trovare l'introduzione originale delle Cosmeticomiche, che risale al novembre del 2005, emmò la pubblico. La sintesi è qui a destra, nel micro-trafiletto del 'Chi sono'. Buona domenica a tutti)

Questo sito, che in origine voleva essere un libro, è un omaggio a Italo Calvino (Rif. per non leggenti calviniani: ‘Le cosmicomiche’). E già scrivendo questa frase mi sento un macigno sulla testa perché Italo, di suo, potrebbe avere qualcosa da ridire. E i fans di Italo anche, tanto più che quest’anno qualcuno ha ricordato il decennale della sua morte. Ma per fortuna arriva la celebre leggerezza, che poi ha sempre il copyright I.C. ed è ormai stracitata da tutti: ‘devi essere leggera’, ‘sì, dillo, va bene, ma con leggerezza mi raccomando’, ‘ci vorrebbe una rubrica non troppo pesante, leggera al punto giusto’. Ma come si fa ad essere leggeri come diceva Italo quando attorno siamo circondati da un’inconsistenza che ha perso qualunque tipo di ancoraggio con una almeno barlumica (invento l’aggettivo adesso ma si capisce) profondità?

Parlavi facile tu, Italo. Hai scritto quelle ‘Lezioni americane’ che sono un omaggio alla letteratura di tutti i tempi, le hai rimpinzate di citazioni, anche perché quelle, appunto, erano Lezioni da tenere all’università, e per forza che poi potevi scrivere di leggerezza e con leggerezza. Volando felicemente tra Ovidio, Lucrezio, Dante, Shakespeare, Emily Dickinson, Henry James, Boccaccio, Jonathan Swift, Leopardi. Ma noi, noi che siamo diventati analfabeti non di ritorno ma di andata e ritorno tutto compreso, analfabeti non solo di letteratura ma di gusto della lingua italiana, noi che in una redazione giornalistica ci stupiamo se qualcuno usa il dizionario, noi che a scuola quando dobbiamo correggere i compiti di italiano è meglio che ci facciamo prima una canna per tramortirci e vedere il meno possibile, noi che non riusciamo neanche più bene ad esprimerci a voce, noi che quando parla Nichi Vendola vorremmo avere il traduttore automatico perché tra lessico e subordinate ci disorientiamo, noi che adesso i giornali ce li fanno già con gli articoli sottolineati in giallo fosforescente per sapere quali sono le frasi più importanti altrimenti chissà, è possibile che perdiamo il filo. Ecco noi, che oggettivamente stiamo andando un po’ alla deriva, e non solo linguisticamente, come possiamo essere leggeri al punto giusto? Ci mancano gli estremi della questione. Ci manca l’ancoraggio, l’ancora sul fondo profondo. Non abbiamo il peso che ci tira giù, dal quale risalire per ritrovare la spuma delle onde. Conosciamo solo la spuma, e della spuma solo i riccioli più superficiali.

Tu dici: “la mia operazione è stata il più delle volte una sottrazione di peso”. Ma caro Italo, adesso noi il peso l’abbiamo completamente sottratto. Non ce n’è. Il ‘pondus’ dei latini, il peso che tra l’altro pensa, perché poi pondus e pensus sono collegati. Perdendo peso, abbiamo anche perso un po’ di pensiero. Siamo meno pesanti, e anche meno pensanti. Ponderare, in fondo, deriva proprio da lì: da pondus. Non ponderiamo, non riflettiamo, non ci soffermiamo. Questi verbi, lo riconosco, sono pesanti. E allora invoco il tuo aiuto. E ti cito di nuovo: “Esiste una leggerezza della pensosità, così come tutti sappiamo che esiste una leggerezza dela frivolezza; anzi, la leggerezza pensosa può far apparire la frivolezza come pesante e opaca”. E per questa introduzione basta così.

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