domenica 5 marzo 2006

Voglio essere pesante
(Questo l'avevo scritto subito dopo l'intro dedicata ad Italo. Sempre novembre. Sempre reazione alla leggerezza a tutti i costi. Molto personale: danger-zone!)

In questo preciso istante, per esempio, mi sento addosso una pesantezza di quelle da andare a fondo. Sarà l’inverno che avanza, sarà che oggi non lavoro. Ma mi sforzo e cerco di bilanciarmi scrivendo. Evitando di appallottolarmi su me stessa. Anzi, evitando di impallarmi. Come ieri il computer dell’ufficio. Prima entravo con una password e un nome utente e tutto funzionava. Poi niente, vogliono personalizzare, in maniera tale che io abbia anche la posta elettronica. E allora personalizza. Tutto al telefono con il tecnico, che a un certo punto fa il miracolo: gestisce lui il mouse, pur trovandosi in un’altra stanza, e io al telefono con lui che guardo il mouse che si muove da solo. Realtà virtuale purissima. I tecnici sempre veloci. Io sempre lenta, pachidermica, e fissata che qualunque cosa mi diranno, io non la capirò.

Dice: sei svampita. Anzi, sei stordita. Ma non è stordimento, è proprio convinzione, convincimento, testardaggine, cocciutaggine di non-comprensione. Io parto che dico: non capisco. E, puntualmente, potenza del cervello che riceve certi comandi, non capisco. Una password e un nome utente per entrare. Poi altra password, altro nome utente per accedere ad un altro programma. Finché nel cuore del pomeriggio tutto si impalla. Non riesco a lavorare, la parte vittimistica che abita in me conclude che è un segno: l’ufficio mi rigetta, non mi vuole, non mi ama. La parte che cerca di essere razionale fa il numero del tecnico (666: il diavolo, dice il caporedattore) e cerca di descrivere: senti scusa qui è tutto bloccato, ho lanciato il programma e si è impallato una volta, due volte, poi, bz, tronk, a un certo unto la descrizione sembra essersi inceppata come il computer, vorrei comunicare a gesti con il tecnico che, porca miseria, ha fatto il miracolo dell’uomo invisibile che manovra il mouse, e stavolta fa finta di non capire? Ma poi capisce. Capisce, sempre rapido, rapidissimo, e assicura che più tardi mi farà sapere.

Più tardi, infatti, mentre io sono emigrata in due computer diversi e mi sono nel frattempo un po’ innervosita per usare un gentile eufemismo, il tecnico chiama e dice la seguente frase che io mi sono segnata perché mi pareva indicativa: c’è un problema con il tuo profilo. Cioè scusa con quale profilo? Perché io di profilo so di aver un problema in questo momento. Per esempio ci sono troppi capelli che mi fanno un profilo da strega, anzi da spaventapassera con i fiocchi. Ma il tecnico 666 come fa a saperlo? Dunque chiedo charimenti, e quello ribadisce: c’è un problema con il profilo cosmetico. A me viene da ridere, perché anche il tecnico mi conferma qualcosa che io già so dentro di me. Si vede che anche il computer somatizza. Sente che c’è qualcosa che non va nell’utente, che sarei io. E si impalla. Si imbizzarrisce. Così abbiamo dovuto cambiare profilo. E sì, poche storie, chiururia estetica e via. Ma cosmetico può rimanere? Sì, cosmetico rimane. Bisogna solo cambiare la password, che è, tanto per essere originali, ‘giornalista’. Cosmetico giornalista è un problema. Lo sapevo, occorreva anche il tecnico 666?

2 commenti:

F4Bi4No ha detto...

Cerchiamo di volerci bene, eh?!

lucicosmo ha detto...

Volerci chi?