lunedì 6 novembre 2006

Requiem in morte della proposizione subordinata

Ho sbagliato tutto. L'altro giorno in classe ho voluto parlare delle proposizioni subordinate, che sarebbero quelle come questa (relativa), e poi anche più complicate, visto che (causale) spesso si sente la necessità di specificare cose per rendere (finale) la vita più articolata, sebbene (concessiva) non sempre ce ne sia bisogno.

La prof si sbraccia. Usa il gesso, la lavagna, l'inventiva e la voce, ridotta più o meno a zero nelle ore di lezione. Foglio e penna, si scrive. Coro di no e mugugni. "No, dài, professorè, ce parli lei e noi stiamo a sentì". E no, ragazzi, qua dobbiamo fare degli esempi pratici e voi dovete scrivere. Allora: visto che oggi mi sento stanca, (VIRGOLA) andrò a dormire presto. Qual è la subordinata? "Professorè, ' a virgola!". Che faccio? Rido? Piango? Tiro un gesso in fronte al ragazzo?

Niente di tutto ciò. Calma e gesso e primo premio alla fantasia del giovane, e alle proposizione coordinate che in fondo non sono poi così male nella loro semplicità. E legano tutto, e si fanno capire, e anch'io le uso spessissimo, e in fondo sono l'espressione più verace del nostro presente sincopato, e se poi ci metto ogni volta la virgola davanti alla 'e', quasi quasi provoco l'iperventilazione del lettore, che è pure una pratica yoga e fa bene alla salute.

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