sabato 16 dicembre 2006

E' solo un gioco (e non dura neanche poco)

"Che fa, signora, se diverte aggiocà? Prova e poi lascia lì?"
Non ho voglia neanche di rispondere. Sono entrata distrattamente, dopo aver esaminato con cura le Birkenstock invernali decorate con animali dall'aria scema, come quelli che piacciono a me: fondo verde con cavallo donchisciottesco, fondo rosso con gatto felix, fondo blu con cane rincitrullito. Mi sono anche assorta almeno 5 minuti a fissare un'altra serie di Birkenstock tutte zeppe di parole del testo di una canzone che adoro: 'Kiss froma a rose' (Seal). Mi ci è voluto un po' di tempo per mettere a fuoco che la pantofolona tetesca parla proprio di quel testo, ma poi ho realizzato e mi sono immaginata a girare per la casa con piedi cantanti:
"And now that your rose is in bloom (pantofol-pantofol) /A light hits the gloom on the grey (spantofol-spantofol)". Ye-eh-ah.

Insomma ho trascorso almeno 10 minuti in contemplazione di una vetrina di scarpe, cantando dentro, mangiando un meraviglioso cornetto caldo alla crema e sbriciolandone una parte negli stivali esposti fuori. Quando entro, la signora che mi ha già fulminata con lo sguardo (credo per lo sbriciolamento del cornetto negli stivali), è convinta che io sia interessata alle Birkenstock. "Ah, sobbelllissime!". Ma non mi dica, signora, che qualcuno esce per la strada con quei cosi decorati così. "Eccerto!" (e figurati se il venditore ti dice che chi le compra se le tiene chiuse in armadio per la vergogna). Va bene, è una mattinata di tempo da perdere e lasciar scorrere, come al solito in controtendenza rispetto all'euforia natalizia, anche detta isteria da regalo. Quindi, anche se volevo in realtà provare delle ballerine, acconsento a provare prima le Birkenstock con gli animali scemi.

Si parte con il modello fondo blu e cane rincitrullito smembrato in due: testa su piede destro, natiche su piede sinistro. Dio, a guardarle dall'alto mi sembrano oggettivamente orribili. O comunque troppo grandi, troppo infantili, troppo sceme. "Guardi come je stanno: 'n'amore!". Vado avanti e indietro, mi guardo, le guardo, guardo la commessa che magnifica le qualità del Birkenstock (ignara che, venendo dalla profonda Mitteleuropa, le B. le frequento almeno da 15 anni), ma non sono per niente convinta. Un po' mi piacciono, un po' no. Chissà, magari cambiando colore...Le provo verdi (con il cavallo) e rosse (con il gatto). Cammino su e giù, mentre la commessa dà segni di impazienza e serve ormai altri clienti, che comprano con la rapidità del vento sborsando 150 euro così, senza colpo ferire.

Io invece ho sempre bisogno di tempo. Tantissimo tempo. Un tempo interminabile, che sfinisce, sfibra, esaspera, dice qualcuno. E' vero, io mi esaspero, e faccio esasperare, e forse anche il tempo si esaspera e sentirsi così dilatato. Ma è solo perché ci siamo abituati alla fretta e alle corse, e non sto qui a cavalcare questo tema che ormai è vecchio come il cucco e ne parlano tutti (ma nessuno fa niente per cambiare rotta). Mentre guardo il gatto scemo su fondo rosso, con la coda dell'occhio e dell'orecchio sento che la signora commenta qualcosa con la cliente di manica larga. Come a dire: bisogna avere pazienza con certi clienti (scemi), che non sanno scegliere o giù di lì. E allora scatta il moto d'orgoglio. Io qui non compro niente. Queste scarpe sono comiche, tu ne parli come fossero di Valentino, e in più ti scocci se uno rimane indeciso tra il cane, il gatto e il cavallo. Suvvìa, signora, un sorriso in più non guasta l'anima. "Allora, che ha deciso?". Niente. "Come gnente? Cheffà? Se diverte aggiocà?". E se anche fosse? Come cliente ho diritto ad entrare, provare ed uscire senza niente. Esco senza niente, felice del mio niente.

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