domenica 4 marzo 2007

Matti

Sono contenta che abbiano vinto i matti a Sanremo. Vengo dalla città dei matti per eccellenza, Trieste, dove per dire 'guarda quel tizio' si dice 'ara quel mato', e ogni volta che ci ritorno dentro di me si conferma l'ipotesi che quell'angolo di estremo Nord-Est sia un manicomio all'aria aperta.

Il matto cantato da Cristicchi è poetico, quelli che si incontrano sugli autobus a volte mi fanno paura. Paura che inveiscano contro di me, o forse paura di vedere nei loro occhi qualcosa che in fondo mi appartiene. Il matto può avere perso la testa per amore, per eccesso di solitudine, per senso di separazione dal resto del mondo. Matti, in fondo, lo siamo tutti. E che la follia abbia trionfato alla 57esima edizione del Festival della canzone italiana, è un segno niente male.
Sign of the times. Tu-dun-tun-tun.

5 commenti:

bigsoul ha detto...

Avrebbe potuto scriverla anche Pino Roveredo quella canzone. Anzi, se ancora non l'hai fatto, ti consiglio di leggere "Mandami a dire"... :)

F4Bi4No ha detto...

(il volo del)matti(no) è dalle 9 alle 10.

Dichtung ha detto...

Trovo interessante la spiega di Carpinteri nell'articolo
Qui il «mato» è anche savio; altrimenti è «mato mato»
su
http://www.istrianet.org/istria/linguistics/istroveneto/tc2002.htm

lucicosmo ha detto...

Ciao Dichtung,
ben ritrovata!

Dichtung ha detto...

Grazie Lucì (vado e vengo, abbi pazienza)!