martedì 6 marzo 2007

Sarde

Da quando il prete del Benin mi ha detto che loro sugli autobus fanno conversazione, mi sento ancora meglio predisposta ad attaccare bottone con chiunque sia seduto al mio fianco sugli autobus romani. Ieri un sardo che mi ha scambiata per una sarda (di Sassari, per la precisione). Dice che lui c'ha un fiuto pazzesco e i sardi li annusa subito. Mancava anche essere scambiata per una sarda. In dialetto triestino si direbbe che forse l'uomo voleva tirare sarde (e sardoni). Ovvero: attaccare bottone non per scopi di semplice conversazione.

Ieri, però, avevo l'aria sconvolta in quanto reduce da visita ad ospedale per consulto cistico e quindi penso che il sardo fosse in buona fede. Buona fede ma nessun tempo radiofonico. Parte a raccontare cose mezze in dialetto mezze in italiano, io dico che quest'estate sono stata per la prima volta in Sardegna, esprimo qualche commento sulla 'sardicità' e lui attacca una specie di barzelletta eterna sui sardi carabinieri (che qui, dice, sono il 90% dei sardi in circolazione). Le fermate corrono, io a un certo punto gli faccio il countdown come i registi Rai: guardi che tra 2 scendo, guardi che tra 1 sono arrivata, ma egli rimane appeso al racconto. La vita a volte è anche questione di tempi radiofonici.

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