sabato 20 ottobre 2007

Guardare oltre

"E' questa vita precaria che non ti conzente di guardare oltre" (con marcato accento sudico).
Mi imbarazzano sempre le dichiarazioni di 'giovani' precari raccolte prima di manifestazioni come quella di questo pomeriggio qui a Roma, nel primo giorno di vero autunno-tendente all'inverno. La 'giovane' precaria con cui si è concluso il TG3 di oggi ha 35 anni, è calabrese ed ha alle spalle una serie di diplomi Isef & dintorni. Parla di 600 euro mensili, di contratti che vanno e vengono in scuole e palestre, di sogni che non si realizzano e genitori che ancora li sostengono. 

La telecamera impietosa mette a fuoco il volto occhialuto e preoccupato della 'giovane', fornendo testimonianza vivente del fatto che il precariato non è solo uno slogan di cui si appropriano a targhe alterne destra e a sinistra ma una realtà.  Realtà che però ha sempre bisogno di conferme in carne ed ossa, dunque cosa c'è di meglio di una single 35enne dall'aria triste e pure un po' rugosa, che nega la possibilità di uno 'sguardo oltre' altrimenti detto famiglia-casa-vita piena? Anche per questa 'giovane' sfigat...disastrat...sbagliat...precaria la piazza si mobilita di nuovo,
a quasi un anno di distanza da un'analoga manifestazione nella quale la qui scrivente aveva sfilato con il felice cartello al collo recante eloquente scritta: 'Scado il 30.6.2007' (e poiché la scadenza era quella del contratto scolastico più lungo e angosciante della mia vita, precaria ma pur sempre vita, ben si comprenderà che il cartello era un lieto auspicio più che una frustrazione).

In qualità di scaduta, dunque, mi piacerebbe esprimere qualche considerazione possibilmente non oziosa come la posizione nella quale siedo e dalla quale non intendo schiodarmi perché oggi fa troppo freddo per la media romana di ottobre, e il mio fisico in questo momento ha bisogno di pace, calma, tranquillità e calore domestico anche detto del focolare. (E in una casa priva di riscaldamento questa frase acquisisce uno spessore tutto suo, ammettetelo.) In altre parole non scendo in piazza mancandomi l'abbigliamento adatto alle rinnovate condizioni atmosferiche. Perso l'usuale tempo in inezie che non interessano a nessuno, rivango nel cervello se per caso vi abitassse una considerazione - almeno una - valevole di essere comunicata attraverso questo strumento tanto, troppo ozioso per la mia vita precaria e molto, troppo oziosa a volte.

E la considerazione è: ma va' da via el cü (in milanese stretto) con questa storia che se sei precario non puoi avere una vita e uno sguardo oltre. Non ci credo nemmeno se qualcuno me lo dimostra con carta bollata. Non ci credo perché in questi anni ho visto gente che si ama con amore vero in case condivise altamente precarie, e gente che si ama di amori finti in case ricche e meravigliose dove sembra non manchi niente. Non ci credo perché penso a tempi molto più precari come il dopoguerra, e continuo a sentire vecchi che rimpiangono quei tempi come molto più sereni, solidali e felici. Eppure, santocielo, non doveva essere facile, all'epoca, reinventarsi un'esistenza più o meno da zero.

Così oggi la 'lotta contro la precarietà' mi sembra uno slogan troppo demagogico e generico per essere sostenuto. Abolire la legge Biagi? Può essere un inizio, ma l'impressione di fondo è che nessuno stia raccontando la storia nella sua complessità. Bisogna avere il coraggio di dire che le condizioni di 'fissità lavorativa' del passato non sono più proponibili e che il 'salario' esiste ancora nel linguaggio di qualche uomo della sinistra estrema: oggi è tutto molto più fluido e questa fluidità ha anche i suoi vantaggi. Ma al di là della politica, che non è il mio forte, rimango convinta nel profondo che non è la precarietà ad impedire di 'guardare oltre'. Continuo anzi a pensare che la precarietà possa essere, paradossalmente, un richiamo ad una vita più sobria ed essenziale, che impara a fare a meno di quel superfluo che appesta anche le nostre relazioni private. E' questo il leit-motiv che mi ha spinto qui a Roma dall'estremo Nord-Est, solo che quando c'è la tramontana le energie vengono meno ed affiorano folate di bora interiore.
Finale ventoso ed aperto alla speranza.

1 commento:

utente anonimo ha detto...

brava Lucia, sei molto saggia.
io ricordo i tempi del dopoguerra, ed anche quelli della guerra, quello era il vero precariato perché quanto ti alzavi al mattino non avevei alcuna certezza di arrivare vivo fino a sera e speravi sempre in un miracolo: una pagnotta di pane tutta per te.
beppe il perditempo