martedì 6 novembre 2007

Per Enzo Biagi

Ciao Enzo,
prima che scocchi la mezzanotte volevo salutarti anch'io, che non ti ho mai conosciuto di persona.
Ho bevuto una pinta di sidro quindi la scrittura correrà di più.
Te ne sei andato in punta di piedi, l'ho saputo questa mattina da un sms di mia madre che pensava fossi già informata e invece io dormivo ancora.
Mi dispiace davvero molto perché quando se ne vanno grandi vecchi come te, tutti noi ci sentiamo orfani. Orfani di uno dei rari maestri in circolazione, se è mai possibile essere 'maestri' in un mestiere che o ce l'hai dentro oppure difficilmente qualcuno te lo può insegnare. Ma non è solo questione di mestiere. Tu ispiravi serietà e onestà di un tempo antico, ormai trapassato. Non portavi con te solo un'arte o un talento ma un'epoca, un modo di essere e di agire ai quali ho sempre guardato con nostalgia, come un film degli anni Cinquanta. E mi fai venire in mente quell'Italia dei piccoli paesi esplorata l'anno scorso alla radio: i vecchi al bar, l'umanità delle piccole cose, la concretezza della terra, tutto quello che nelle città sta sparendo soppiantato da un progresso senza volto, che di certo porta con sè valori positivi ma anche molto, troppo disagio.
Ho acceso la tv al primo tg disponibile e sono rimasta sconcertata nel vedere che dopo 5 minuti il Tg2 aveva già virato su notizie di cronaca nera pruriginosa, seguite dalla solita coda di servizi animali improponibili in un contenitore di informazione essenziale come un telegiornale: consigli sui cani giusti da acquistare per Natale e una speciale macchina per lavare i nostri amici a quattro zampe (una specie di lavatrice dove metti il cane e se vuoi anche l'umano vicino; la centrifuga pare non abbia effetti eccessivamente stordenti per nessuno dei due).
Mi auguro che chi di noi ha nel portafoglio la tessera di giornalista abbia il coraggio di non accettare questo degrado, che inquina forse più di un inceneritore.
Se puoi, dal cielo mandaci una speciale benedizione.

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