lunedì 12 maggio 2008

Tu mi tubi

Lei fa l'aggiustatrice di computer.
Lui l'aggiustatore di cose idrauliche.
Sono fidanzati e lavorano nello stesso negozio.
Io non capisco un tubo né dell'una né dell'altra materia, per non parlare di fidanzamenti,
ma so di certo che mi servono una serie di tubi di ricambio per il rubinetto del bagno.
Dentro al negozio c'è solo la ragazza che aggiusta computer,
che però in fondo non appare così digiuna di tubi.
Mi dà subito del tu e questo mi tranquillizza.
Dietro al bancone scorgo la sagoma di un cane.

Mi piace molto questa idea di lavorare con un cane che sta a cuccia mentre
tu cerchi di far capire qualche tubo ai clienti che, come è giusto che sia,
rivendicano il loro diritto a non capirci un tubo di tubi.
Il cane è davvero un quadrupede pacifico,
un quadrupede che non sta sul piede di guerra come il minuscolo canide
che ringhiava dietro alla vetrina di un negozio con gli annunci di vendita-case:
una specie di piccola scimmietta tremante, o meglio criceto col turbo ma sempre tremante,
sull'orlo dello sbranamento di qualunque simile si fermi anche a poca distanza dalla vetrina.
E' chiaro che anche il cane respira l'aria del negozio: se si vendono case a prezzi mostruosi, il cane non può che assorbire la mostruosità del luogo, e dare luogo (a sua volta) a latrati mostruosi; ove invece la questione è semplicemente l'amministrazione di un tubo, è chiaro che il cane
si limiterà eventualmente a tubare coi tubi, ma in un clima di grande serenità tubistica ed anche, in fondo, umana.

La ragazza esperta di computer a un certo punto dice di chiedere a mio marito se il tubo interno alla parete è di piombo o un'altra cosa impronunciabile che il cervello si rifiuta di ricordare. Come la visione del cane pacifico, anche questa idea che qualcuno mi consideri maritata mi appare ripiena di una qualche dolcezza lontana, pari al sogno di un maritozzo con la panna. Potrei continuare a far credere alla ragazza che in effetti io sia la moglie di qualcuno ma non ce la faccio, ho questa vena della verità a tutti i costi che prende sempre il sopravvento e deve precisare.
Così rettifico: chiederò al coinquilino. Coinquilino? Quid est coinquilinus? Vedo aleggiare la domanda sulla fronte della ragazza informatica, che si premura di precisare come il suo lavoro in fondo sia più semplice di quello del fidanzato: qua ci sono un sacco di pezzetti scomposti di tubi da rimettere insieme, lei invece si ritrova tutto lì, sullo schermo di un computer.
In ogni caso inizia ad armeggiare sul novello sifone, mentre io penso a quando ci ritroveremo sotto al lavandino col coinquilino, lui con le ciabatte da campeggio e io a piedi nudi, in un'improbabile intimità che mi fa sorridere primariamente per le ciabatte da campeggio. Tu mi tubi, anzi no...You Tube!

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