lunedì 9 marzo 2009


Brandelli di Occidente

Continuo a ritrovarmi stregata dagli alberi del Lungotevere ancora decorati dalla piena di dicembre. Non riesco a camminare come se niente fosse: quelle migliaia di brandelli di plastica impigliati, abbarbicati, alcuni letteralmente avvinghiati ai rami attraggono la mia attenzione, esteriore ed interiore. Mi sento una giovane marmotta che esamina scientificamente i residui della mareggiata sulla spiaggia, o un detective archeologo che ha disposizione solo dei reperti per comprendere la vita della società oggetto del suo studio.
Sui rami c’è di tutto: oltre ai già citati ed onnipresenti involucri di assorbenti, oggi ho messo a fuoco una camicia a righe, una bustina di succo al limone, una scarpa, mezzo manichino di donna e una busta blu dell’Ikea, di quelle enormi che ti danno per invitarti al consumo in nome del risparmio. Mi sembra meraviglioso che uno dei simboli dell’Occidente sia finito così, stracciato tra gli alberi lungo il fiume. L’immagine porta con sé qualcosa di profondamente decadente, molto adatto ai nostri tempi. L’albero-appendiabiti naturale potrebbe parlare e dire: “Ecco, guarda, così finiranno tutte le vostre case, i vostri oggetti, saremo noi ad accoglierli, a dare loro un ultimo addìo tenendoli per un po’ tra le nostre braccia prima che siano del tutto sfigurati”. Sfigurati o trasfigurati?


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