lunedì 10 agosto 2009

Il mare d'agosto

Roma mia non ti conosco. Almeno per un giorno voglio scordarmi di te, che pure mi sembri la città più bella del mondo. Il cemento infuocato, il traffico, la bolgia umana dappertutto. Sudo solo al pensiero e invece ho bisogno di aria, mare, sole, acqua. Il treno è il mezzo perfetto per compiere il rito di passaggio dall'urbe alla spiaggia. E' in orario, ha l'aria condizionata moderata per leggere un giornale, scrivere un sms, guardarsi attorno, gustare il panorama di campi, girasoli e balle di fieno arrotolate che già ti danno l'aria di vacanza.


Xvzycfkddaliuintrakl è tappezzata di ombrelloni ed umani tutti raccolti come in un'oasi del deserto. Diserto la parte a pagamento e mi dirigo senza indugio verso una delle due estremità gratis. Se paghi hai la sabbia ma devi stare nelle retrovie: il loggione spiaggiaro perché le prime file son riservate a chi ha prenotato per tutti i 3 mesi d'estate. Le solite ingiustizie ed incoerenze di un sistema che vuole educarci ai lavori a tempo e poi ci punisce con i posti peggiori se noi il tempo lo decliniamo giorno per giorno.

L'ala gratuita non contempla la sabbia ma solo il cemento e gli scogli: non hai pagato, dunque che vuoi? In realtà tutto è facilmente aggirabile, come sempre in Italia. Posteggi l'asciugamano nella sezione gratuita e poi trasmigri a fare il bagno dove c'è la sabbia, che fa tanto Sardegna per i poveri o Grecia scontata. Urlano i bambini armati di retino acchiappa-pesci e meduse, urla il papà spossato ("ma che mi vuoi costringere a diventare maleducato?" oibò, che strana costrizione), urla anche il giovane al cellulare che dà indicazioni stradali all'amico che deve raggiungerlo.

L'unico che non urla è il signore seduto accanto su una sediolina da campeggio: prima parla da solo, poi si allontana e ritorna con una massaggiatrice orientale che lo manipola da capo a fondo con finale di forti colpi alla schiena. "Mi raccomando, a domani, stessa spiaggia stesso mare". Ride la massaggiatrice e se ne va in cerca di altri sciancati occidentali, peraltro mostruosamente abbronzati come tizzoni non ardenti ma già arsi.

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