venerdì 25 settembre 2009

Fiaccole contro

E' l'ora del tramonto, la celebre ora che volge al desìo e ai naviganti intenerisce il core. Ma attenzione, naviganti, vedete di non farvelo intenerire troppo questo cuore. C'è da tenere accesa una fiaccola e se non state attenti potreste finire dritti dritti al Museo delle Cere assieme a Padre Pio ed Einstein lì, fermi sulla soglia, a benedire la fiaccolata che sta per partire dalla piazzetta di fronte. Saremo qualche migliaia, a occhio e croce, non troppi né troppo pochi ma non certo 30mila come si legge oggi sui giornali locali. In ogni caso i numeri precisi non sono mai così essenziali nei racconti. Più che contare serve raccontare, ed è importante farlo se siamo testimoni di persona.

Paradossalmente l'oggetto che incute più timore in questa manifestazione che vuole dire no a tutte le intolleranze e a tutti i razzismi, organizzata ieri sera da Comune-Provincia-Regione tutti assieme e tutti presenti, è proprio la fiaccola. Da lontano sembra una mazza, un manganello, un grosso ramo dinamitardo. Un sprazzo di paura mi invade: arriveranno mica quelli di Casa Pound arrabbiati perché non desiderati e quindi pronti a dire no ad ogni intolleranza anche con l'uso della forza? Sopraggiungerà mica il Silvio in persona dalla vicina sede di Forza Italia, in via dell'Umiltà (mai via fu più azzeccata come sede di un partito), ad agitare la fiaccola con intento incendiario per un ultimo coup de théâtre neroniano?
Guardo l'ingresso del Museo delle Cere a cercare conforto nei volti di chi ormai non c'è più e osserva con distacco: dietro ad Einstein e Padre Pio, papa Wojtyla, Nino Manfredi in panchina e dietro, il volto incavato di Eduardo De Filippo: adda passà 'a nuttata.

E la notte non si fa attendere. In questo scorcio d'estate è buio già alle 19.15, quando si parte illuminati soltanto dal fuoco. Non siamo più abituati a questa luce naturale ed è bene rispettare le distanze di sicurezza per evitare che i più capelluti diventino in pochi secondi torce umane. Poche bandiere, come previsto: il centro interculturale 'Celio azzurro', la Cgil, le bandiere arcobaleno, l'Associazione genitori di omosessuali, i giovani rom che danno un calcio al razzismo, vestiti con tute blu come fossero in effetti giocatori di una squadra di calcio. Una signora distribuisce adesivi con la scritta 'Se non sopporti chi è diverso da te, clònati'. Un ragazzo traduce ad una ragazza straniera. Clone, clone, come la pecora clonata, che infatti fa da sfondo alla frase che risuona dentro come una grancassa. E' una specie di esame di coscienza profondo che siamo chiamati a fare tutti lungo il breve percorso che da piazza Venezia arriva al Colosseo. Un raro momento di sospensione totale del traffico, con la via dei Fori imperiali che diventa per alcuni minuti un pezzo di antica Roma.

Non ci sono discorsi né parole politiche. Aprono il corteo Alemanno e Zingaretti mentre a un certo punto arriva lieve e controcorrente Franceschini, in corsa verso 'Annozero'. Molti i fotografi e gli intervistatori. Una signora vistosamente vestita, illuminata da una telecamera, tuona contro "le bestie feroci che non hanno più umanità, cose del genere non le farebbero mai delle donne o degli omosessuali". Arrivati al Colosseo, alcuni spengono la fiaccola per terra come un grosso mozzicone di sigaretta e tornano a casa. La città riprende immediatamente la sua vita normale: traffico, fari, clacson, fretta, rumori molesti.
Davanti al museo delle Cere rimangono molte confezioni di 'torce a vento' inutilizzate. Portatele via prima che qualcuno le agiti impropriamente.

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