domenica 13 settembre 2009

In bocca veritas

"La bocca parla dalla pienezza del cuore", dice il Vangelo, e oggi la Chiesa ricorda Giovanni Crisostomo, il cui cognome significa letteralmente 'dalla bocca d'oro'. Lasciando sullo sfondo queste premesse, colpisce sempre la visione di una fila di turisti che attendono di mettere la mano nella Bocca della verità, il mascherone di marmo con le fauci spalancate sotto il porticato della chiesa di S.Maria in Cosmedin qui a Roma. Colpisce perché il nostro sembra essere il Paese dove è più difficile accertare la verità, il Paese che di per sè costituisce un'anomalia agli occhi degli stranieri ('Ma come fate? Ma com'è possibile?' Il riferimento ovviamente è al premier e alla sua capacità di essere ancora al governo nonostante tutto ciò di cui è accusato, ivi inclusi i fatti più recenti). Lo ha scritto anche Tobias Jones nel suo 'The dark heart of Italy', libro che tutti noi italiani dovremmo leggere per renderci conto sempre meglio di chi siamo, assumendoci così una parte di responsabilità per il livello di degrado morale al quale siamo arrivati. O forse è vera la tesi di 'Videocracy', che cioè siamo ormai lobotomizzati da 30 anni di televisione che ha ucciso qualunque senso critico? Non ci voglio credere e quasi quasi vorrei domandare alle persone che stanno per consultare la Bocca della Verità se sono italiani o stranieri. Se sono italiani c'è ancora qualche speranza. Se non altro di riconoscimento di una parola che rischia di non esistere più nel nostro dizionario.

1 commento:

Arlon ha detto...

Oh che chicca questo post. Mi hai fatto venire in mente il libro "Morte della Pizia".
Che cos'è la verità? E' un sapere esoterico da serbare o sapere da aprire a tutti per ulteriori ricerche di verità? E' qualcosa che esiste e va scoperta, scavando sempre più a fondo o è qualcosa sempre imperfetta, che si costruisce di versione in versione, di strato in strato, aggiunti da persone che parlano tra di loro, si raccontano, costruiscono la verità (che però è a questo punto è menzogna)?
Anche nell'irriverente "Morte della Pizia" tutti cercano e credono di avere in mano la verità: la verità ordinata e sistemica degli dei; la verità politica e strategica del veggente; la verità fantasiosa della Pizia; la verità degli ateniesi che si rivolgono all'oracolo e che credono nel suo potere vaticinante; la verità della sfinge, che sa un'altro pezzetto di verità, e la verità da interpretare sciogliendo il suo enigma, pena la morte; la verità di Laio, di Creonte, di Giocasta, di Merope, di Edipo, che si compie sotto il peso armonico della volontà divina e si orienta tra enigmi e oracoli (che però sono costruiti o fantasiosi); la verità, infine, dell'autore, che tesse le trame del racconto e cede di fronte alla possibilità che un evento possa essere narrato enne volte in modo diverso (Queanau), possa essere complicato e semplificato a piacimento cento volte (Manganelli), possa essere ambientato in posti diversi e fantasmagorici pur parlando sempre della stessa città (Calvino).
E noi non siamo poi così diversi, tra giuristi che hanno in mano il codice della verità; politici che sentenziano strategicamente la loro verità; sacerdoti che del culto della verità sono custodi; scienziati sociali che credono di spingersi sempre più a trovare la verità, raccontata o documentata; astrologi e declamatori di oroscopi che nel vaticinare la verità settimana per settimana, giorno per giorno, anno per anno, si sono sostituiti a pizie e veggenti, Tiresia e Cassandra. E anche noi ogni giorno rimoduliamo la nostra verità per orientarci nel caos, convinti che sulle nostre teste stia leggero sospeso un disegno, che solo gli dei conoscono. E se la verità fosse roba degli dei, prova della loro esistenza (per noi) e, come dice Ivan Karamazov, testimonianza della nostra fallibilità?