lunedì 22 febbraio 2010

Caravaggio per dimenticare

Nel desiderio di dimenticare la nefasta conclusione del Festival di Sanremo, indegnamente coronato dai versi di un ragazzo che afferma di voler far l’amore in tutti i modi, in tutti i luoghi in tutti i laghi in tutto il mondo”,
si accetta anche di vedere una mostra la domenica mattina a Roma. Per esempio quella sul Caravaggio appena aperta alle Scuderie del Quirinale, omaggio ai 400 anni trascorsi dalla morte del tormentato pittore che ha vissuto su questa terra soltanto 39 anni.
C’è una fila da domenica, appunto, ma si tollera perché è necessario ricomporre il cervello reduce dalla nottata televisiva, immortalando soltanto quella scena che forse
sarebbe piaciuta a Fellini: gli orchestrali sanremesi che, per protesta nei confronti del ‘giudizio popolare’ (= televoto) capace di eliminare alcune delle canzoni più belle di questo Festival, stracciano gli spartiti accartocciandoli per terra. Un gran bel segno di vita e di vitalità, per dire che la musica non può essere sepolta così impunemente sul palco dell’Ariston, e che lì sotto, dove materialmente si produce il suono che ascolteremo, qualcuno è ancora in grado di reagire e dire no. Anche opponendosi al ‘popolo sovrano’, gran chimera di una democrazia che, non avendo più rappresentanti degni di rappresentarci, delega tutte le decisioni alla pancia della gente, basta che sia cellular-munita.

Dunque con la testa che rimbomba dell’ennesima ingiustizia che si è consumata sul suolo italico, ci si mette in fila per vedere il Caravaggio. E si incontra un’umanità nuova, o forse la stessa, chissà, che ieri notte ha votato Scanu e il trio principesco. Non è certo questo il caso del signore con la coppola e due vivacissimi occhi azzurri incorniciati dalle lenti tartarugate. Anche lui sembra un po’ una tartaruga, così mite e annoso, ed anche assai rugato. Il signore viene da Rimini, è qui per un congresso che inizierà domani cioè oggi, e approfittando del treno arrivato presto, ha pensato prima di venire a vedersi la mostra. Quanto durerà la fila? Secondo me entriamo alle 12.30, rispondo sorretta da una speranza domenicale. Lei è ottimista! L’ottimismo è il sale della vita, lo diceva anche Tonino Guerra con un accento delle sue parti, o no?
Quando gli chiedo cosa ne pensa dell’Italia di oggi, lui prima dice di vederla “malandata”, e poi che c’è molta “acquiescenza”, e già questi due termini meritano di essere trascritti per la loro antica dignità. Caro nonno di Rimini, è proprio vero che ci siamo acquiesciuti, il che vuol dire alla fin fine addormentati, narcotizzati e rintronati perché se io le cantassi adesso su due piedi la canzone di Valerio Scanu, o nonno adottivo, lei non ci crederebbe che questa accozzaglia di ormoni giovanili e sentimenti mielosi con melodia orecchiabile abbia potuto meritare la medaglia d’oro. E comunque lei Sanremo non lo ha mai seguito, neanche all’epoca in cui c’era solo la radio, “perché dovevo studiare, e lavorare, eravamo seri noi”.

Entriamo 15 minuti più tardi delle previsioni, e il peggio deve ancora arrivare. Una guida spiega con il microfono quanto è viva la natura morta della canestra di frutta (segue commento di un signore: “Vien da mangiarla!”), mentre dietro una mamma di famiglia vuole stringere a sè madre, figlio e marito proponendo con voce da insegnante la spiegazione puntualissima – letta da catalogo – di ogni singola opera del Caravaggio esposta in mostra. Un gesto tanto materno quanto indisponente per il signore che si è procurato l’audioguida e vorrebbe sentire quella, non le didascalie della signora maestra di famiglia.
Ogni tanto intravedo nella penombra il nonno di Rimini, sta fermo e silenzioso a contemplare come secondo me bisogna stare di fronte all’arte di qualunque genere. I volti del Caravaggio parlano da soli, la storia sacra vive con le facce di vecchi popolani e prostitute amate dal pittore. Noi non dobbiamo aggiungere niente, solo ascoltare e lasciarci toccare dalle immagini. Ma ci tocchiamo anche tra noi, anzi ci spintoniamo, ops, scusi, è la folla, la ressa, il popolo sovrano che chiede ed esige di vedere, e io continuo a trovare “molto interessante la mia parte intollerante, che mi rende rivoltante tutta questa bella gente”. Caparezza dixit, e io mi associo: mai più una mostra nel fine settimana, anche se a Sanremo il prossimo anno dovessero vincere Albano&Romina redivivi.

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