venerdì 13 agosto 2010









Fini di comunicazione di massa





Orbene parliamo di Fini, cioè dell’argomento del giorno? No. Il tema è affrontato nel migliore dei modi sul ‘Fatto quotidiano’, così dopo l’invocazione di rito ("Dacci oggi il nostro 'Fatto quotidiano', che lo leggiamo e capiamo meglio in quale Paese viviamo"), possiamo anche dedicarci ad altre riflessioni agostane. 





Ieri sono stata attratta da una specie di moto-go-kart parcheggiata fuori da un negozio. Era, tanto per cambiare, in doppia fila, accanto ad un’auto classica che a sua volta stringeva un paio di motorini. Primo pensiero: quale profluvio di mezzi di trasporto abbiamo creato! Quali mirabili menti ci sono dietro al funzionamento di un motore, che infatti per Aristotele era una presenza divina nelle nostre vite (il ‘motore immobile’ che fa muovere tutto il resto). Secondo pensiero, seguito a ruota: ma, oibò, si può sapere dove diamine dobbiamo andare con tutti questi motori mobili? Sarà mica che abbiamo smarrito la strada ma continuiamo comunque a produrre le più diverse forme di trabiccoli solo per il gusto di andare-andare-andare-nessuno-sa-dove-né-perché? 





Mi pare di ritrovare un paradosso simile nei mezzi di comunicazione. Dovrebbero essere mezzi, cioè modi per comunicare, connetterci gli uni agli altri, diminuire le distanze, e invece possono diventare fini: avere il cellulare di ultima generazione, l’i-phone, l’i-pad, l’i-tune, l’i-mac, l’i-tek, l’i-bum, l’i-ho, l’i-hai, l’i-hu. Non importa cosa ci farò. Non importa se davvero riuscirò a comunicare meglio. Non importa accrescere la qualità di ciò che sto per comunicare. Importa avere il mezzo di comunicazione più venduto del momento per il gusto di averlo. Il futuro è alle porte. A cavallo di un go-kart imbraccerò nella destra un i-phone e nella sinistra un i-bum: per andare dove o dire cosa, a nessuno interessa, anche perché alla prima curva indicativamente mi infrangerò sul primo platano che incontro. Gloriosa fine dei fini di comunicazione di massa.



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