martedì 26 ottobre 2010

Il verde melograno metropolitano

Nel panorama di relitti umani dai quali in certi giorni mi sento circondata nelle strade della capitale, dove oltre alle varie scene di accattonaggio ai semafori capita anche di sentire bambini parlare di soldi con la stessa cinica disinvoltura degli adulti, arrivano talora sprazzi di illuminazioni naturali.
Alla fermata della metropolitana che parzialmente vede la luce, brillano fiori multicolori. L’occhio mette a fuoco il frutto del melograno, che già di per sè vale la contemplazione per quella sua caratteristica forma a sacchetto che vien voglia di aprire per gustarne i mille granuli. Attorno, fiori dal colore rosso acceso che sembrano evocare la celebre poesia di Carducci di cui viene in mente soltanto “il verde melograno dai bei vermigli fior”. Sosta interiore sull’aggettivo “vermigli”, che porta con sé un sapore antico, da vocabolo ormai in disuso o forse già in via di estinzione. Sosta ancora più prolungata davanti all’albero, mentre attorno il caos avanza: folle in continuo movimento, ragazzi dai volti disorientati, stranieri alla ricerca di una nuova vita, tutti accompagnati dall’incessante sottofondo di musica e pubblicità sparato dagli schermi piazzati alla fermata, perché non sia mai che qualcuno voglia veramente fermarsi, per esempio a contemplare fiori e frutti, figuriamoci, queste sono attività che non si addicono all’uomo e alla donna di città, congegnati per correre di continuo. Chi si ferma è perduto.
La realtà dei tanti volti persi e dispersi nella frenesìa della grande città sembra dire esattamente il contrario. 

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