giovedì 9 dicembre 2010

Prime donne

Comprati un paio di scarpeForse tutte noi, donne, siamo un po' prime donne.
Non lo vogliamo dire, non lo vogliamo ammettere, ma sotto sotto,
nell'alluce del nostro piede destro e anche in quello sinistro,
alberga un istinto da primeggiatrice e vincitrice.
E in quali battaglie, ci sia lecito chiedere in questo dialogo a tu per voi?
Nella grande arena della vita,
dove si contano feriti e morti e malmenati dalla vita stessa,
ma anche tanti che ancora coraggiosamente camminano a testa alta,
continuando a credere e sperare (e combattere, si sarebbe detto in altri tempi, che qui preferiamo non evocare).
Sì, donna, dillo. Ammettilo a te stessa innanzitutto.
Tu vuoi essere una prima donna.
Esser seconda, esser sconfitta, esser messa da parte non ti piace.
Qualora ciò dovesse succedere, però, tu sai di avere una carta da giocare:
comprarti un paio di scarpe. 
Non devi essere tirchia, come dice il cartello che ho fotografato fuori
da un negozio del quartiere in cui vivo qui a Roma, e quindi quelle come me non hanno davvero possibilità di riscatto. La mia tirchietà è in realtà una scelta di frugalità volontaria, ma quando lo dico molti  sorridono in tono canzonatorio: via, hai il braccino corto, banalizzano. Ma non è così. E comunque, anche se fosse,
il braccino mi si deve accorciare per forza visti i tempi.
 
Ma torniamo alle scarpe, donne.
Ieri sono stata distratta da una tipologia di calzatura con tacco vertiginoso indossata da una ragazza presente ad una conferenza assai impegnata (si parlava di mafia, con nomi e cognomi enumerati da Giulio Cavalli, il giovane teatrante che, dopo aver denunciato i mafiosi del Nord, gira con la scorta).
Era una di quelle scarpe strozza-piedi, nuova variante post-moderna degli strozza-preti, che in fondo (i preti dico) o son coinvolti in casi di cronaca pedofila, oppure sono ormai poco interessanti per la cosiddetta opinione pubblica, ed è un peccato perché certi preti dicono cose davvero interessanti, persino dal pulpito delle chiese. Ma si sa come va il mondo, è più facile fare di tutta una erba un fascio che enumerare le erbe una ad una, cogliendone le sfumature di colore e gli aromi pratolini.
Ci siamo di nuovo perse, donne, ma l’arte della divagazione dovrebbe essere il nostro forte, o no? Volete seguire sempre un pensiero tutto chiaro, tutto coerente, tutto causa ed effetto? Ma questo è il pensiero tipicamente maschile, e guardate dove siamo finite a furia di dare retta solo agli uomini.
Quindi, o donne, svegliamoci! E fidiamoci un po’ di più anche della nostra apprezzatissima arte del fare (e dire) molte cose contemporaneamente, che tanto poi al punto di partenza si ritorna sempre e comunque perché la vita è un eterno ritorno da dove siamo partiti o magari anche fuggiti.

La ragazza compresa nel seguire il discorso di Giulio Cavalli
è chiaramente compressa nei piedi. Lo si vede ad occhio nudo,
e nudi sono anche i piedi della ragazza, nonostante siamo ormai
in inverno avanzato. Ed io vorrei chiederti, o ragazza: ti sei portata dietro la scarpa da fuori o la indossavi anche alla fermata dell’autobus? E non avesti freddo? Oppure pensasti che la donna comunque deve soffrire e quindi soffristi senza però darlo a vedere?
Ma il piede non mente, come d’altronde tutto il nostro corpo. Dalla scarpa strozza-piedi tacco 12, infatti, il piede emerge arrossato, quasi livido, per poi andare a rintanarsi, di certo in forme rattrappite impossibili da immaginare ma ben conosciute dalla ragazza in questione, verso la punta: una punta piccola, come il becco di un’anatra o la prua di una barchetta di carta. E lì dentro ci starebbero tutte e 5 le dita dei piedi, o giovane?
Non ci credo. Ci deve essere qualche trucco a me ignoto.
La tua vicina, per esempio, sfoggia un alluce libero, anch’esso proveniente da un piede nudo adagiato in una scarpa da Cenerentola sui trampoli, ma concepita in modo meno claustrofobico. Vi è infatti sull’estremità della scarpina tacco 12 un piccolo pertugio dal quale il pollice pedestre può affacciarsi per assaporare uno spazio di libertà. Una libertà ovviamente vigilata, come tutte le libertà di questo nostro tempo, che appare però apprezzata dal dito ornato di smalto. Esso, finalmente, può respirare, ed infatti la tua vicina ha un’aria molto più rilassata di te che, seppur seduta, mostri evidenti segni di sofferenza.
 
Cavalli snocciola nomi e cognomi di mafiosi noti e meno noti, per arrivare anche a Silvio Berlusconi, che appare dunque una specie di ciliegina sulla torta, l’anello mancante per avere sempre più chiaro come i manifesti che sventolano i nomi di centinaia di mafiosi catturati, siano in realtà uno specchietto per distrarre le allodole (noi) dalle reali responsabilità che i nostri governanti hanno nella cattiva gestione del Paese: una gestione che, in un aggettivo, appare sempre più malavitosa.
Ragazza, mi sorge un dubbio: ma non è che sei venuta pensando che il Cavalli parlante fosse il Cavalli stilista?
Just Cavalli!
Corri Cavalli, corri ti prego, fino a Samarcanda io ti guiderò!
No, scusa ragazza, non ti voglio sottovalutare, ed anzi alla fine della conferenza ti chiedo come si sta in quelle tue scarpettine da femme-fatale, che in fondo ti invidio dal più profondo dell’alluce. “All’inizio fanno male, ma poi ci si abitua. Se ne vuole comprare un paio, vada da ‘Prima donna’”.
Cosa dicevamo all’inizio?
Siamo tutte prime donne, dalle doppie punte dei capelli alle punte dei piedi.
PS: ma non è che indossare questo genere di scarpe aiuta a sentirsi ancora più compartecipi di un dolore universale che certamente include anche le disgrazie del nostro Paese? Sulla questione devo meditare.

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