venerdì 18 febbraio 2011


Sanremo come la scuola?

Possibile che oggi un insegnante possa sentirsi come Roberto Benigni ieri sul palco di Sanremo? Cioè un giullare che con il sorriso e la comicità ammaestra una platea di vecchi, formata - tra gli altri - da politici e dirigenti aziendali in prima fila che ridono perché le circostanze richiedono di ridere ma in realtà si vede lontano un miglio che stanno su un altro pianeta? No, certo, l'insegnante non è un comico né un attore, e gli studenti non sono vecchi, ma è pur vero che molto spesso invece sono gli attori che si stanno trasformando in mirabili insegnanti, come è stato appunto il caso di Benigni ieri sera a Sanremo: quasi un'ora d'atto d'amore nei confronti dell'Italia unita e di tutti i giovani che l'hanno unita, anche inventandosi - come fece Mameli a 20 anni - l'inno di fronte al quale tutti sentono sempre l'impellente bisogno di alzarsi. Persino il Gianni (Morandi), dalla conduzione impassibile, ha detto di essersi divertito ma anche commosso per la performance dell'artista toscano, quindi si è trattato davvero di un momento memorabile, seppure ancora una volta specchio dei nostri tempi.

"Tempi tristi", dice la vicina insegnante mentre scendiamo le scale. La signora, gran fumatrice e grande prof (da quello che si può intuire), mi parla di scene allucinanti di classi che, a causa dell'ultima riforma Gelmini, sono sempre più ingestibili. Classi che per esempio, per non chiamare supplenti, si devono accorpare se mancano insegnanti, ed apriti cielo sul livello di giungla metropolitana che possono raggiungere 50 studenti radunati in una stessa aula. E poi i ragazzi "risentono del clima del Paese, non hanno più modelli di riferimento, sono ragazzi disillusi". Disillusi: aggettivo tremendo per un giovane, che dovrebbe essere tutto fuorché disilluso. Va bene arrabbiato, va bene anche incazzoso, ma disilluso no. Perché la disillusione è dei vecchi. Di quelli che hanno rinunciato a lottare, che ormai si mettono una coperta sulla testa e chi si è visto si è visto. Ecco perché la prof vicina di casa si sente come Benigni sul palco di Sanremo: perché le sembra di agitarsi invano di fronte a chi ormai inizia a credere che il mondo vada nella direzione indicata da quei vecchi seduti in prima fila nel teatro Ariston di Sanremo: quelli che tanto studiare non serve, perché per andare avanti e avere la poltrona - anche quella dell'Ariston - serve soltanto la buona parola di uno zio o di un ministro o di un presidente del Consiglio. 

Ma non è così, o giovani! Voi potete svegliare il Paese! Rimbocchiamoci le maniche e continuiamo a scendere in piazza, come abbiamo fatto domenica scorsa, come avete fatto voi due mesi fa, come possiamo continuare a fare finché questo nostro amato e odiato Paese non riprenderà a respirare di nuovo. E - ha detto Benigni ieri sera - "se la felicità ogni tanto si scorda di voi, voi non scordatevi di lei".

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