venerdì 4 marzo 2011


Intimissimamente
 
Ci sono parole che dovrebbero essere pronunciate soltanto nell’intimità. E a bassa voce, badando che le ascolti soltanto il destinatario, come quando uno scrive una lettera e la indirizza ad una persona perché quell’unica persona la legga.
Con l’avvento delle nuove tecnologie, invece, si è ormai diffusa l’usanza di parlare e scrivere per un ampio uditorio, che è ampio per scelta o per cause di forza maggiore: quando uno, per esempio, parla al cellulare in un autobus, è evidente che lo sentiranno tutti i suoi vicini. Lo stesso discorso vale per le conversazioni a bordo di un treno, ma anche per quelle che si fanno per strada e che anzi, in presenza di traffico urbano, diventano ancora più roboanti.
 
Sarà forse per questo progressivo ampliamento dell’audience che ormai tante parole, anche le più delicate, iniziano ad essere gridate, urlate e affidate anche ad ambienti che non sarebbero naturalmente predisposti ad accoglierle: un lungo preambolo forse inutile, ma i cappelli a volte proteggono non solo la testa ma anche certi pensieri che ci mettono un po’ di tempo ad uscir fuori dal cervello o dal cuore trasformandosi in parole scritte.
 
Tu, per esempio, perché vai in biblioteca? Per concentrarti e trovare un’oasi di silenzio in cui leggere, studiare, pensare, scrivere. Oppure perché vuoi vivere a impatto zero anche per il tuo portafogli e quindi, invece che comprare un libro, lo vai a leggere in biblioteca. Penseresti in biblioteca di essere coinvolto e travolto da discorsi ‘intimissimi’? No. E invece preparati.
 
Arrivi verso l’ora di pranzo, quando c’è il cambio turno ed alcuni bibliotecari si preparano ad uscire. Una, in particolare, è in vena di chiacchiere. Oltre a sfoggiare un ampio décolleté da ‘Isola dei famosi’, che poi si scoprirà essere corredato da minigonna e stivaloni, è preoccupata di non riuscire a trovare aperto ‘Intimissimi’. “Sai, per quei push-up…è che ormai voi me conoscete”.
E io lo so, signora bibliotecaria, che tutte noi abbiamo bisogno di sostegni, di rialzi, come indica la parola ‘push-up’, però non ho capito perché tutti dobbiamo essere informati di questa sua esigenza. E poi lì, in una delle biblioteche più solenni ed illustri di Roma.
 
“Questa è la bibbb(3b)lioteca dei neurodeliri”, dice poi, e io questa espressione me la segno, perché inizio ad avere l’impressione che tutti i luoghi chiusi – dalle aziende agli ospedali – dove gli esseri umani trascorrono un numero eccessivo di ore a stretto contatto gli uni con gli altri, si trasformano alla lunga in ‘serre di neurodeliri’. Non saprei dire perché, ma so che questa espressione, seppure trasformata e modificata, l’ho sentita anche da altre parti. Inizia a neuro-delirare uno, e via di seguito tutti gli altri.
Si salvi chi riesce comunque, anche nel trambusto, a continuare imperterrito a leggersi un libro.

3 commenti:

utente anonimo ha detto...

cristo, quanto conosco bene questa situazione!Hai tutta la mia solidarietà, e aggiungo che non è solo a Roma, ma anche a Firenze e Pisa (sì, persino in quella famosa torre del conte Ugolino trasformata in Biblioteca), e so bene il senso di "schiacciamento" che opprime quando trovi tutte le strutture del vivere sociale ridotte a sala d'aspetto di dispensari di medicine per derelitti....Solo nelle Biblioteche dei Dipartimenti universitari si può avere la fortuna di incontrare personale composto di persone autentiche...., oppure andando fuori, come qui in Germania...
Un abbraccio solidale,

Elisa

utente anonimo ha detto...

ehm, ma qual'è la bibblioteca? Così a caso come tematica conversazionale mi ricorda la BVE, ma "solenni ed illustri" ? palazzo Venezia? Fuochino? Lo so che non lo diresti mai, ma mi rendo conto con raccapriccio che anch'io sono vittima dell'esibizionismo conversazionale da cellulare: quando squilla in luoghi pubblici relativamente anonimi non mi chiedo neanche più se è il caso di rispondere o no, e finisco per infliggere le mie conversazioni ai presenti. Orrore :(((( come disintossicarsi?
paola

utente anonimo ha detto...

E spegnerlo ogni tanto?
Cosa costa?
Io per esempio in biblioteca entro rigorosamente SENZA cellulare, che ho provveduto a lasciare nell'armadietto.
Via, un fioretto quaresimale...