E allora gettiamoci nella mischia, scendiamo nelle strade e viviamola uniti quest'Unità d'Italia! Suvvìa, per un giorno mettiamo da parte le polemiche, le acrimonie, le rabbie e cantiamo l'inno. Anzi, non solo l'inno. Anche il canto del Piave e la ‘Bella Gigogin’, che a me ricorda tanto le elementari, quando la maestra ci faceva cantare le canzoni di guerra. Allegre, le canzoni di guerra. Guarda te come va il mondo, a volte: le canzoni di guerra son più pimpanti di certe canzoni di Sanremo.

I Promessi Sposi d’Italia - Corriamo al Tempio di Adriano, piuttosto, che leggono i ‘Promessi Sposi’. Sul programma si prevedono tre ore di lettura affidata alle voci degli stranieri di seconda generazione (figli di immigrati qui in Italia), che si alterneranno a quelle di attori e cantanti famosi. E siamo lì, l’orecchio teso ad ascoltare le parole di questo grande romanzo che, più passa il tempo, più lo si apprezza: per il profondo sguardo dell’autore sull’interiorità dei personaggi, per la lingua pulita, per il ritmo del racconto. E le tre ore diventano tre ore e mezza, ma va bene così se non fosse che manca la concentrazione e il silenzio per seguire il testo: un telo sottile ci separa dalle ‘quinte’ dove i famosi vengono fotografati, intervistati, ringraziati, omaggiati. Perché nessuno, se non alcuni di noi colti da impazienza, cerca di riportare ordine nel caos? “Devi metterti in salvo dalla rabbia altrui. E dalla tua”: conviene seguire il consiglio di Fra’ Cristoforo.
E piove – E piove sulla Notte tricolore romana, come se la natura volesse dire: caro uomo, è inutile che ti affanni a progettare e a stabilire date e ricorrenze, tanto alla fine arrivo io e ti guasto i piani. La facciata del palazzo dove ha sede ‘Il Tempo’, accanto a Palazzo Chigi, si colora anche lei: tricolore e frammenti di italianità da manuale per stranieri, dalla Loren che urla ‘Robbberto!’ (1999: Oscar a ‘La vita è bella’) alla Anitona che invita Mastroianni nella Fontana di Trevi: ‘Marcello, come here!’ (‘La dolce vita’, 1960). Una certa emozione ti coglie anche sotto l’ombrello, insieme ad un fondo di nostalgia per i bei tempi andati, e un sottofondo di tristezza per i tempi attuali. Sarà la malinconia dell’acqua che cade? Quel rattrappimento del cuore che ti prende quando il cielo è grigio e l’umore anche?
Miracoli del Pozzo - Ma la festa per l’Unità d’Italia arriva ogni 50 anni, e siccome credo che ai novanta non ci arriverò, questa me la voglio godere tutta da capo a fondo. Un’intimissima, gratuitissima e preparatissima visita alla Chiesa di S.Ignazio, luogo gesuitico per eccellenza, mi riconcilia con l’Italia unita. La conduce una giovane che mi pare un pezzo da museo in via di estinzione: parla in modo semplice, con entusiasmo e partecipazione, non sbaglia i congiuntivi ed è felice di fare il suo lavoro. Davvero un cimelio, che forse è stato esposto proprio per la straordinaria occasione. Usciamo ammirati per i miracoli d’arte e prospettiva che si era inventato nel Seicento quel personaggio incredibile che fu Andrea Pozzo: pittore, architetto, ottico, matematico, animo ingegnoso, e pure gesuita. “Una ‘bbbomba’”, commenta una signora. Ce ne sono ancora in giro di ‘bombe’ simili?
Fischi uniti - S’è fatta quasi mezzanotte, quando la piccola folla radunata davanti all’Altare della patria fischia con gran potenza e sentimento il ministro della Difesa Ignazio La Russa. E’ un grande e partecipato momento di unità popolare, preceduto da una imbarazzante attesa del collegamento con la tv che vuole immortalare gli italiani festanti che canteranno uniti l’inno dItalia. E noi, dopo aver fatto i bravi cittadini, fischiamo e urliamo sempre uniti (“Buffone!” “A casa!” “Vai ad Arcore!” “Vai da Bossi!”) con maggiore convinzione, perché il Paese immaginario della televisione sappia che c’è un Paese reale che contesta e dice no.

A scuola di Costituzione - A un certo punto una signora, nel silenzio della piazza, grida: “Viva l’Italia!”. E’ un grido solitario e quasi disperato, che suona strano proprio in questo momento storico, quando sembrano essere di più i motivi di scontentezza per le sorti del nostro Paese, rispetto a quelli che ci rendano davvero orgogliosi di essere italiani. Forse bisogna ripartire dalla scuola. E dalla Costituzione. Iniziare a leggerla tutti assieme, impararne a memoria i primi 12 principi fondamentali, tutti bellissimi e pieni di una saggezza antica. “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro” (art.1). “Ma è ancora sul lavoro che si fonda l’Italia?”, chiede ad un costituzionalista una studentessa del ‘Tasso’, storico liceo classico romano rimasto aperto ieri tutto il giorno per ospitare conferenze e incontri speciali. “E su cos’altro vorresti fondarla? – le risponde il costituzionalista, giovane e bravissimo -. Il lavoro è anche il tuo impegno di studente, l’impegno di ciascuno nel proprio mestiere”.
Gran bel conforto conclusivo, nella festa dell’Unità, che cede il passo ad un'altra giornata della memoria: quella in ricordo delle vittime delle mafie che domani 19 marzo si festeggerà a Potenza. “Ricordiamoci - ha detto don Ciotti, padre fondatore di ‘Libera’ - che la Costituzione è il primo testo antimafia, sta a noi farla diventare cultura e costume del paese”.
Nessun commento:
Posta un commento