lunedì 12 novembre 2012

12.11.2011: un anno fa, per non dimenticare


La febbre del sabato sera

C'è un tempo per guardare dalla finestra. 
E c'è un tempo per partecipare.
Ieri era una giornata da partecipare, così scrivo per chi per i più vari motivi non ha potuto partecipare. Per testimoniare. Per condividere. Per non dimenticare. Per i nipoti futuri, semmai ci saranno. Come diceva ieri sera la ragazza siciliana trapiantata a Roma per studiare: "Sono uscita di casa per vedere, per raccontare ai miei nipoti che c'ero anch'io, perché di sicuro un giorno studieranno sui libri di scuola quello che è successo in questi venti anni in Italia e mi chiederanno perché". 

E' un'amica lontana a suggerirmi di andare a festeggiare anche per lei a Montecitorio. Ma Montecitorio è sbarrato, anche arrivando a piedi dalla strada della rinomata gelateria 'Giolitti'. La Polizia non fa passare, "signora, mi capisca". Sono ormai diversi anni che Roma si blinda nelle zone dei palazzi del potere. E' un potere blindato, quello che abita lì dentro, logica conseguenza delle auto blindate. Il vicino palazzo Chigi, sede del Governo, è transennato, ma attorno c'è aria di sussulto popolare. Cori, fischi, 'il bunga bunga fallo con Larussa', in via del Corso anche bandiere di Forza Nuova che provocheranno qualche tensione. 

E' l'ora del dubbio e dell'incredulità: si dimetterà davvero o all'ultimo momento si rimangerà tutto? Una signora ammette di essere come S.Tommaso: "Signò, se nun ce metto il naso nun ce credo". Un'altra pregusta il momento in cui sarà l'Italia finalmente a prendersi gioco degli altri premier europei. Ma viene redarguita: "Signora, se ci hanno preso in giro è perché c'è qualcuno che è riuscito a dare della 'culona' ad una signora come la Merkel". E l'analisi prosegue acuta: "Pensiamo di liberarci di lui come dell'unica causa di tutti i problemi, ma sono gli italiani che l'hanno 'prodotto', come Mussolini a suo tempo. Siamo noi che dovremmo liberarci da noi stessi". Alta filosofia di piazza, che si gusta di più perché non mediata da nessuno schermo o trasmissione di turno. E' l'agorà della partecipazione, della discussione, della passione politica. Che, grazie al cielo, non è morta.

Poi a un certo punto parte un plotone di giornalisti, fotografi e cameramen di corsa in via del Corso. E' Silvio che si allontana verso palazzo Grazioli, dove regna un silenzio scuro e teso, come le facce dei carabinieri che sono appostati lì davanti per sbarrare la strada a chiunque, anche al signore che vorrebbe raggiungere il ristorante dove ha prenotato una cenetta romantica. Niente, non è serata di cenette romantiche, signore, se ne renda conto.  
Con un signore giunto appositamente da Crema e due ragazze siciliane, ascendiamo verso il Quirinale, dove Berlusconi è atteso per le dimissioni ufficiali davanti al presidente della Repubblica Napolitano. 

Il clima è incandescente. Sbarramento di poliziotti a dividere le due ali di folla assiepata in parte sotto alle Scuderie del Quirinale, in parte sotto al palazzo sede della Corte Costituzionale, coronato da angeli che suonano le trombe. Sembra di sentirli quegli angeli, nella voce del coro che intona a più riprese l'Allelujah di Haendel. Geniale trovata che conferisce un po' di grazia superiore ai cori che urlano 'buffone', 'mafioso', 'ladro', 'fuori la mafia dallo Stato'. L'inno di Mameli si alterna con 'Bella ciao', diretto da un violinista scapigliato. 

Tantissimi i giovani, molti già pronti con bottiglia e bicchiere in mano come fosse Capodanno. C'è chi staziona lì da due ore, e non vuole perdersi il posto in prima fila per urlare tutta la propria rabbia. Quando si capisce che Silvio sta arrivando, le urla irrompono, le orecchie si assordano, manca poco che si assalti il Quirinale come la Bastiglia, non fosse che lì c'è S.Giorgio che si appresta a lottare con il drago e tutti confidiamo in lui. I minuti avanzano, "Silvio facce cenà", "Te ne vai o no, te ne vai sì o no", "A casa!", ma di case ce ne ha troppe quindi meglio direttamente "In galera!". Alle 21.41 si diffonde la voce che le dimissioni sono arrivate. Tripudio, bottiglie che si stappano, baci, trenini, cronisti di tutto il mondo che in tutte le lingue ne danno il lieto annuncio.

Roma per qualche ora è in festa: macchine e motorini strombazzanti, sventolamenti del tricolore come nei momenti epici di vittoria della nazionale ai Mondiali. La febbre del sabato sera prosegue ancora davanti a palazzo Grazioli. Una mamma dice ai bambini: "Solo per questa sera potete dire la parolacce". Sì, per una sera possiamo dirle. Possiamo sfogarci, e gustarci la speranza che c'è ancora una parte di Paese che spera in un futuro migliore. 

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