martedì 7 maggio 2013

L'insostenibile stupidità del razzismo



Un'amica mi propone di trascorrere una domenica alternativa. Non la messa ma una grande cerimonia di indiani sikh a Pasiano di Pordenone, nel Friuli occidentale. Si chiama festa del 'Vaisakhi': il libro sacro, l'equivalente della Bibbia per i cristiani, viene portato in processione tra le case di un piccolo paese dal volto piatto. Piatto come la campagna verde che ondeggia di erba alta al vento: bellissima, pacifica, sonnolenta. 

Sono le 13, non si vede un'anima viva in giro. I friulani son tutti a mangiare, gli indiani del posto sono al 'tempio', un capannone grigio trasformato per l'occasione in luogo sacro. Perché l'essere umano ha questo di bello: inventa, crea, cerca familiarità anche dove non c'è uno straccio di segno delle proprie origini. Ricreare un pezzo di India nell'estremo Nord-Est: tra Orienti magari ci si intende.

Le strade vuote, il deserto, ma ogni tot metri una bandierina arancione, come una piccola stazione di via Crucis più allegra o la segnalazione di una frasca. Andiamo incontro alla processione. Dentro, un certo languorino. E' pur sempre l'ora di pranzo. Ci sarebbero i grissini nella borsa, l'amica integerrima però domanda severa: tu porteresti i grissini al rosario? No, in effetti no. Ma gli indiani forse son più liberi di noi, e lungo la processione hanno allestito dei punti di ristoro come se si trattasse di una maratona: succhi al mango, una cosa liquida di tenero color rosa confetto, piattini di legumi speziati. 

Aprono il corteo gli spazzatori, quelli che spazzano le strade per purificarle e pulirle; poi si sparge l'acqua allo stesso scopo, odore di pioggia sull'asfalto caldo, e di certo son felici quelli che la processione han deciso di farla scalzi. Ai margini della strada, distribuzione generosa di libriccini per spiegare chi sono i sikh: 2% della popolazione indiana, vivono soprattutto nel Punjab, nord dell'India, hanno il turbante in testa di vari colori, ognuno dei quali simboleggia qualcosa (il blu l'entusiasmo, il nero la protesta, il bianco il servizio, l'arancione il senso della morte), non fanno uso di alcool, tabacco o altre droghe, sono vegetariani, sono devoti di un guru. Praticamente come la mia coinquilina che fa kundalini yoga. 

Guardiamo curiosi. Guardiamo con tanti punti interrogativi in testa ed anche un po' di apprensione, specie quando vengono simulati combattimenti e abilità nel maneggiare una lunga lama serpentata che dardeggia quasi fino ai piedi dei presenti. Finiremo mica con le gambe mozzate? Con i grissini sminuzzati? Con i capelli azzerati? Gli uomini barbuti hanno l'aria di Sandokan o di vecchi saggi delle Mille e una notte (c'erano i vecchi saggi nelle Mille e una notte?). Ma le più belle son loro, le donne-regine con abiti che non riusciremmo mai ad eguagliare per eleganza e semplicità: una massa di colori accesi e accostamenti arditi fucsia-verde, arancio-rosa, viola-blu, giallo-fucsia. Alcune son sistemate in carrozzoni con ghirlande di fiori. Sembrano stanche, l'amica spiega che si sono alzati tutti di buon mattino per la preghiera al tempio-capannone. 

Vi seguiamo, indiani che non capiamo, lontani così vicini. E prendiamo tutto quello che ci offrite: ristoro, un sorriso, il materiale informativo, acqua. E poi, giunti nel parco cittadino tra il verde, assaporiamo anche i vostri cibi piccanti: riso, lenticchie, pane-pita, macedonia di frutta, vassoietti con qualcosa di tremendamente dolce, e quando ci sediamo nel prato lasciamo che ci offriate anche delle frittelle che navigano in un'acqua popolata da ceci neri, mentre un vostro bambino continua, imperterrito, ad offrirci il suo tè che noi accettiamo e restituiamo a cadenza di pochi minuti. La mamma, dal volto indianissimo, parla che sembra Mirandolina: "El xe là, lo vedi?". Al banco dei libri riesco persino ad agganciare sbadatamente con il laccio della borsa la spada di uno di quelli che - secondo l'amica - sarebbe il corrispettivo di un nostro cardinale. Risate attorno.

E' qui che mi assale il pensiero della stupidità del razzismo. Perché impedisce di gustare quello che l'altro ti vuole offrire. Perché ti mette i paraocchi e non vedi più niente, forse neanche i colori dei tessuti delle donne indiane. E poi, quando qualcuno ti invita addirittura a pranzo, tu accampi scuse oppure offendi apertamente? Non è tutto questo chiaramente stupido? Non solo offensivo. Non solo avvilente. Non solo assurdo. Ma proprio stupido. Non mi stancherei di ripeterlo.


Fortuna che gli stupidi, forse, sono una minoranza. E le signore del paese che prendono aria sotto gli alberi sembrano contente di questa comunità di persone arrivate da lontano con le loro tradizioni a cercare fortuna e lavoro. "Come gli italiani che arrivavano in Canada negli anni Cinquanta - dice una signora canadese emigrata anche lei in Friuli, ma per amore -. Arrivava prima uno e poi portava gli altri." Ma offrire una festa a tutti, non solo alla tua comunità, per presentarsi e mescolarsi un po' seppure tra le occhiate a volte diffidenti o interrogative, questo non so se i nostri emigrati di 'Little Italy' lo facevano in America. Forse sì. E forse anche grazie a queste feste l'America è quel felice melting-pot che conosciamo. 



2 commenti:

Anonimo ha detto...

"Fortuna che gli stupidi, forse, sono una minoranza."



Due cose sono infinite: l'universo e la stupidità umana, ma riguardo l'universo ho ancora dei dubbi.
Albert Einstein

Salvatore



Anonimo ha detto...



Io non domando a che razza appartiene un uomo; basta che sia un essere umano; nessuno può essere qualcosa di peggio.
Mark Twain

Non esistono le razze, il cervello degli uomini è lo stesso. Esistono i razzisti. Bisogna vincerli con le armi della sapienza.
Rita Levi-Montalcini

Il pregiudizio razziale troverà sempre un fertile terreno in quella piccola e debole cosa che è il cervello umano.
James Baldwin

-Salvatore-