martedì 29 ottobre 2013

Daniel nel paese delle meraviglie


Uno può trascorrere una vita intera a lamentarsi e a criticare, alimentando rabbie interiori e frustrazioni. Può persino costruirci un mestiere redditizio, che ogni giorno si nutre di notizie negative e motivi di scontento. Ma c'è anche chi, un giorno, si sveglia e dice: io, nonostante tutto, voglio continuare a credere che un'altra Italia è possibile. Sogno o son desto? Daniel Tarozzi, giornalista e documentarista di 36 anni, ha preso un camper chiamato Alba, e ha deciso di percorrere tutto il Belpaese da Cuneo a Catania. Per raccontare quello che nessuno racconta più perché ci vuole tempo per vedere, e spesso chi dovrebbe farlo si ritrova chiuso in una redazione per 10 ore al giorno. 

Sette mesi e sette giorni la durata del 'Viaggio in camper alla scoperta dell'Italia che cambia', uscito lo scorso 17 ottobre per l'editore Chiarelettere. Titolo principale: 'Io faccio così'. Ovvero, nonostante tutte le brutture e le storture che vediamo ogni giorno, c'è ancora chi ha il coraggio di partire da se stesso. Di non delegare. Di dire: ricomincio da me. 

Così, pagina dopo pagina, prende corpo una nuova geografia italica della meraviglia e dello stupore. Che funziona meglio di un anti-depressivo. Nord, Centro, Sud: le venti regioni ci sono tutte. E ognuna riserva sorprese. La Calabria della 'ndrangheta e degli scempi edilizi? Sì, ma c'è anche l'Arcipelago Sagarote, "un movimento umano in cui arte e pensieri possono essere liberamente espressi per promuovere un nuovo modello di vita sostenibile e consolidare valori umani di solidarietà e uguaglianza". E non sono solo parole. 

A Catanzaro ci sono gli 'eretici' di 'Ereticamente', che mette in rete progetti fuori dagli schemi e dice: "Quando ti muovi in modo costruttivo influenzi il territorio. Non dobbiamo mai dimenticare che non è cambiando luogo che si cambia la propria vita. Bisogna cambiare se stessi". Lo diceva anche Orazio duemila anni fa. Ritorno alla terra, alle origini, alla condivisione e alle relazioni. Per riordinare quella scala di valori che capitalismo selvaggio e individualismo hanno invertito. 

A Napoli, proprio vicino alle Vele di Scampia, c'è il 'Mammut' che costruisce legalità e speranza in un'oasi di pace, tra corsi per riparare le bici, incontri di ceramica e giochi per bambini. 'Addio pizzo', i Mondiali antirazzisti, 'Libera' e 'Le galline felici', sono alcune delle realtà siciliane che, già solo dal nome, esprimono tutta la vitalità di una terra che non vuole essere sopraffatta dalle mafie. 
E al Centro? In Lazio c'è Pierluigi Paoletti e Arcipelago Scec, i buoni sconto della solidarietà in cammino, per ridare il giusto valore ai soldi e creare economie di comunione e solidarietà, in Emilia Romagna la realtà delle città in transizione che provano a fare a meno del petrolio, in Umbria i clown dottori della 'Terra del Sorriso' e la scuola democratica (o libertaria) di 'Genio selvatico'. 

Ecovillaggi, permacultura, bioregionalismo, chilometro zero, sono altre parole chiave del viaggio di Daniel, che è passato anche dal Friuli Venezia Giulia. "Il cambiamento comincia spalando letame", è il titolo del paragrafo che racconta dell'incontro con Devis Bonanni-Pecoranera, il ragazzo che ha mollato tutto per vivere a Raveo nella natura, autoproducendo il cibo e girando solo in bicicletta. Poi ci sono i battaglieri. Quelli che, attraverso i comitati, dicono no a molte opere inutili: dal 'Comitato Assieme per il Tagliamento' di Dignano, che si oppone alla cementificazione selvaggia, al 'Collettivo per la difesa del litorale carsico di Monfalcone'. 

Vera perla del territorio friulano, il Centro di accoglienza 'Ernesto Balducci' con il suo ideatore ed animatore, don Pierluigi Di Piazza, mandato per punizione a Zugliano nel 1981, e dimostrazione vivente che molti esiliati della Chiesa istituzionale riescono a fare miracoli quando obbediscono soltanto al Vangelo e alla loro coscienza. 

E Trieste? Daniel la definisce "mitica" ma ammette di non aver capito esattamente se esiste davvero questa "Venezia Giulia". Quanto ai fermenti di speranza sul territorio, si affida alle parole di Marta Bellia, un'alternativa locale che così sintetizza: "Trieste si è rinnovata poco. I triestini sono abbastanza chiusi. A parole molti temi raccolgono entusiasmo ma non si passa quasi mai ai fatti. Forse perché c'è ancora troppo 'benessere' e le persone hanno una vita statica, i pensieri non girano". 

In ogni caso tutti, da Nord a Sud, sembrano dire con le loro scelte alternative: "Nonostante tutto, si può tornare a brillare lo stesso."

www.italiachecambia.org

(pezzo parzialmente pubblicato sul 'Piccolo' dello scorso 23 ottobre)

3 commenti:

francesca ha detto...

E poi ci sarebbe "Questa libertà" di Pierluigi Cappello, uno che riesce a spalancare le gole di Chiusaforte, e non solo quelle. Le gole di Chiusaforte, dico. Mi ha fatto rivalutare, per quanto in misura omeopatica (ché è uno dei pochi contro la moltitudine), la nostra generazione, verso la quale tendo ad essere molto critica - è anche un'autocritica, questa, ovviamente.

Un abbraccio,

Francesca (Giovannini, si intende)

Lucia Cosmetico ha detto...

Ciao Francesca! Che bello ritrovarti sul blog, Cappello mi riprometto di leggerlo quanto prima, tutto quello che so di lui me lo rende già assai vicino, un abbraccione da una Roma sempre più vicina a Trieste

Nicola Savio ha detto...

Ciao Lucia,
è da 'Vorrei vivere così' che non ci siamo più sentiti. Sfrutto il media di Daniel per dirti che alla fine ce l'abbiamo fatta... la casetta in paglia, il campo e tutto il resto hanno e stanno prendendo forma.
Un abbraccio
Nicola