lunedì 18 novembre 2013

Lelioswing, e i Mercati di Traiano parlano triestino


"Son andado a Barcola, son andado a Scorcola, son andado a Servola, e go visto el mio mar". Sembra strano sentir cantare 'Ritorno a Trieste' in triestino a Roma, dove la mostra 'Lelioswing. 50 anni di storia italiana' è stata inaugurata lo scorso 6 novembre. Eppure è proprio la sua voce. La sua musica. Il suo stile inconfondibile, suonato da uno splendido esemplare di juke-box Wurlitzer degli anni Quaranta. E non riesci a star fermo a guardare, allungando occhi ed occhiali sulle vetrine di oggetti. Devi per forza metterti a battere il piede o tamburellare la mano sulla gamba, perché con i ritmi in levare, come lo swing, è così. Impossibile stare soltanto a sentire. 

E' il grande omaggio che la Fondazione Luttazzi, assieme alla città di Roma (Assessorato alla Cultura, Creatività e Promozione Artistica e Soprintendenza Capitolina), hanno voluto rendere a quel "portatore sano di smoking", secondo la definizione di Enrico Vaime, supervisore dei testi di questa bellissima mostra, visitabile fino al 2 febbraio nella sontuosa cornice dei Mercati traianei: celebrazione di un grande maestro ma anche excursus su cinquant'anni di storia italiana. Archeologia nell'archeologia. Come entrare in un lussureggiante e coloratissimo regno del vintage. Vinili originali, spartiti, manoscritti, copie del 'Canzoniere della radio' e una radio degli anni Quaranta, il pianoforte verticale suonato da Luttazzi con vicino la foto di Louis Armstrong, che folgorò Lelio a 13 anni con 'After you've gone'. E si sa che il primo amore non si scorda mai. 

A vent'anni, nel '43, dirige al Politeama Rossetti di Trieste l'orchestra di Ernesto Bonino che, visto il talento del giovane musicista, gli chiede di comporre per lui una canzone. Ed ecco il primo successo, 'Il giovanotto matto'. C'è Trieste sullo sfondo, ma di lì a poco Luttazzi sarà a Milano, alla CGD fondata da Teddy Reno, e poi a Torino, dove si inventerà la prima orchestra d'archi ritmica, per approdare a Roma nel '54. 

Gigantografie in bianco e nero, filmati dell'Istituto Luce e materiale delle Teche Rai restituiscono un tempo vivace, dinamico, pieno di ritmo. "Il jazz, lo swing, il ritmo, mi scorrono nelle vene", dice Luttazzi. Ma anche "Voglio morire abbronzato", per non scordare le sue origini. Dietro, i volti di Gorni Kramer, Ella Fitzgerald, Lionel Hampton, Alberto Sordi, Marcello Mastroianni, Monica Vitti, Totò, Mina, suprema interprete di quella 'Zebra a pois' che porta la firma del 'giovanotto matto'. E' la televisione degli anni Cinquanta-Sessanta, quella di 'Doppia coppia' e 'StudioUno', e uno se la può godere da un salottino arredato ad arte, con tanto di archeo-televisore d'epoca. 

Vicino, le pareti coi mattoncini rossi romani tappezzate di locandine dei film di Monicelli, Risi, Salce, Corbucci, per i quali Luttazzi scrisse le colonne sonore, o che interpretò, come 'L'avventura' di Antonioni. E viene voglia di non andarsene mai, e magari di scambiare due parole con la moglie Rossana, che questa mostra avrebbe voluto vederla proprio a Trieste. "Nella mia follia - racconta ancora amareggiata e indignata - pensavo di farla partire da Trieste, ma mi son sentita sbattere i portoni in faccia dall'attuale amministrazione, così un mese fa me ne sono andata via da una città che non ha memoria." 

Il patrimonio della Fondazione approderà comunque a Trieste nei locali della Biblioteca statale 'Stelio Crise'. "Ma sempre grazie ai Beni culturali di Roma", sottolinea la signora Rossana. Lei che Lelio lo conobbe nel '75 proprio nella capitale, cinque anni dopo il clamoroso errore giudiziario dell'arresto, con Walter Chiari, con l'accusa di detenzione e spaccio di stupefacenti, come ricordato alla fine del percorso della mostra. Ed è come se qualcosa si interrompesse anche nella storia italiana per immagini. Come se arrivasse il buio. 

Ventisette giorni di carcere, "il trauma che mi ha cambiato", disse Luttazzi, che dopo quest'esperienza scrisse 'Operazione Montecristo', cui Nanni Loy si ispirò per il suo 'Detenuto in attesa di giudizio'. Luttazzi, per quasi trent'anni anni di fila, scomparve. Preferì il silenzio, per poi ricomparire sulla scena nelle trasmissioni dei suoi amici Fabio Fazio, Umberto Broccoli e Fiorello. E poi il 2009, l'anno in cui accompagnò a Sanremo 'Sincerità' di Arisa e tenne il memorabile concerto in piazza Unità in quella Trieste ritrovata dopo tanti anni di assenza. Una vita intensissima, ma mai appesantita dall'autocelebrazione. "Oblomov? Sono io: la fantasia unita alla pigrizia più spinta." 

La mostra, già visitatissima in questi dieci giorni dall'inaugurazione, è stata insignita della medaglia del presidente della Repubblica all'evento, e gode del patrocinio del Presidente del Consiglio dei ministri e della Siae, che ha dato anche un contributo per la sua realizzazione. Milano e Napoli le prossime tappe. Trieste? "Basta credere in qualche cosa, nel miracolo di una rosa, basta credere nell'amo-o-o-re" (L'ottimista, L.Luttazzi). 

(pezzo pubblicato oggi sul 'Piccolo' di Trieste)

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