venerdì 13 dicembre 2013

I veri italiani si fermano


L'altra mattina mi son svegliata 
nella grande bellezza della capitale, 
e mi sono detta: via grigiori, via tristezze, via scoraggiamenti,
via rabbia che non produce nulla, via vittimismi inutili, via paturnie ronzanti.
E' tempo di reagire.
E' tempo di vestirsi in modo decente, di osare anche una gonna
con una calzamaglia, per dire, e crederci. Crederci fino in fondo.
Qualcosa salterà fuori, muoviamoci!

Ed ecco alla fermata della metropolitana una ridda di manifestini con
avvisi alla cittadinanza: "9 dicembre 2013 (ad oltranza) i veri italiani si fermano".
Oibò, proprio il giorno in cui avevo deciso di muovermi?
Mi fermo anch'io allora, e mi chiedo: sono una vera italiana?
I veri italiani si descrivono a caratteri minuti, che mi devo togliere gli occhiali da miope per leggerli: "disoccupati, precari, lavoratori di ogni settore, studenti, madri, padri".
Figli non c'è scritto però via, almeno in una delle categorie sopra elencate ci si può ritrovare. 

Leggo e penso che saran solo scritte come tante. 
La metro parte epperò, anche lei, a un certo punto si ferma, e non c'è verso 
di farla andare avanti.
"Aò, so' sti 4 c...dei li forchett...li forconi!".
Siamo un fiume di popolo in cammino sulla via Cavour,
e a me mi scambiano per un vigile a cui chiedere informazioni:
"Scusi, per il Policlinico? Scusi, per la Gianicolense?"

Puntiamo tutti dritto sulla stazione Termini, e lì qualcosa si troverà.

Al rientro, mi fermo a guardare i "veri italiani che si fermano". 
Fermarsi: che parola dolce, familiare, confidenziale quasi.
Quanto amo fermarmi, quanto a volte non riesco più a fare di fretta,
quanto nel fermarmi ritrovo le radici di me stessa, e mi placo.
I veri italiani che si fermano mi parlano con gli sguardi di una disperazione
che conosco, o provo ad intuire. Una disperazione che non trova più senso
in nulla, se non nel dire "mandiamoli tutti a casa". 
"Semo 4 gatti", dice una signora mentre fotografa, ma subito rettifica: no, veramente
c'è anche un cane. Un autentico cane tricolore, labrador bellissimo, 
che apre il corteo composto da non più di un centinaio di persone.
La voce di un bambino invita tutti ad unirsi alla manifestazione.

Ieri è un altro giorno.
Elicotteri sulla testa, sirene in lontananza, megafoni che urlano "basta".
E, di nuovo, mi fermo quando vorrei partire.
Alla fermata del bus un'anziana con stampella che vorrebbe andare alla
Bocca della Verità. Ha un sorriso che la sa lunga, di quelli dei vecchi che hanno fatto
la guerra e le hanno già viste tutte, ma non son diventati né tristi né rassegnati.
Mi racconta che in un paesello un giorno successe un fatto: 
qualcuno, a un certo punto, per protestare, disse: mettiamo a ferro e fuoco la città! 
Chi lo sapeva se ne andò, e tornò quando tutto era di nuovo nuovo. Che ci dicano quando ce ne dobbiamo andare, e poi ritorniamo quando è tutto finito. 

"I veri italiani si fermano". 
Essere un'italiana che si ferma più spesso a contemplare la bellezza,
a ringraziare chi quella bellezza l'ha costruita o creata dal nulla.
Un'Italia che si ferma per un anno a fare
un interminabile viaggio tra le sue grandi bellezze, da Torino a Ragusa.
Un'Italia ferma con le mani, niente cellulari né i-phone, ma solo occhi,
occhi e basta, per guardare e ringraziare, e magari anche benedire,
dire bene di qualcosa e di qualcuno, non solo maledire ed imprecare
e riempirsi la bocca di rabbia. 

Ripartiamo. Ripartiamo dal bello che c'è. 

Senza farci sopraffare dal resto.
Lasciatemi sognare, sono un'italiana vera.

Nessun commento: