giovedì 19 dicembre 2013

Zingales e l'economia italica

Oggi sul 'Piccolo' di Trieste (Attualità) è stata pubblicata una mia intervista al prof.Luigi Zingales, a Pordenone per uno speciale tour dei 'prof eroi', ovvero quei prof che hanno aperto agli studenti la loro prospettiva al mondo dell'economia. In testa avevo tutt'altre domande, che mi riservo di fargli la prossima volta. E' sempre bello incontrare teste pensanti. 

Una nuova classe di politici e manager giovani, capacità di lavorare assieme al di là di ogni familismo amorale, sussidio di disoccupazione per tutti. Di proposte per il nostro Paese il prof. Luigi Zingales, economista padovano docente di Finanza alla University of Chicago Booth School of Business, ne ha molte. E sulle ottimistiche dichiarazioni del premier Letta in merito alla crescita nei prossimi due anni (1% nel 2014 e 2% nel 2015) osserva: "Condizioni importanti per la ripresa non ci sono. Non mi sembra ci sia una svolta. Ci vuole un cambiamento più profondo non solo della politica ma anche della classe manageriale delle grandi imprese. Per competere in Europa dobbiamo avere una classe giovane". 

Renzi è giovane: le piace?
"Renzi è una grande speranza, spero che dietro ci siano anche profondità e programmi che possano cambiare l'Italia."

Italia, euro, Unione europea. Come restare uniti in tempi di crisi?
"Per mantenere un'unione monetaria ci vuole un'unione fiscale. La prima cosa da fare è avere un'assicurazione contro la disoccupazione a livello europeo. Noi siamo gli unici, con la Grecia, a non averne una. C'è bisogno di aiutare chi a 25 anni sta cercando il primo lavoro, come chi a 45 lo perde. C'è bisogno di un modo virtuoso di redistribuzione delle risorse: quando le banche tedesche erano in crisi la Germania ha dato una valanga di soldi e nessuno ha detto niente. Se non si vogliono dare aiuti ai governi, che si diano aiuti diretti alla gente. Negli Usa, la sola Luisiana riceve il 13% del reddito da aiuti federali, in Europa il massimo che possa ricevere uno Sato è il 2%."

Come spiegherebbe la situazione italiana agli studenti che incontrerà oggi a Pordenone per il tour dei 'prof-eroi'?
"E' molto semplice. Noi da 20 anni, cioè precisamente dal '95, non cresciamo. E' affascinante cercare di capire il perché di questo rallentamento."

Sarà mica sempre l'effetto-Silvio?
"La politica corrotta c'entra, ma c'era anche prima. Non si può attribuire tutto a lui. Allora ho fatto due ipotesi: o lo choc estero (Cina, euro) oppure la difficoltà dell'Italia di agganciare il treno della 'ICT Revolution' (rivoluzione tecnologica)."

Eppure siamo traboccanti di tecnologia dappertutto.
"Il problema è che i processi produttivi e organizzativi aziendali non sono stati rivoluzionati dall'ICT. Esempio: prendiamo un bar italiano, a confronto con uno 'Starbucks' (la catena americana di caffetterie, ndr). Perché loro sono in tutto il mondo e noi no? Perché noi abbiamo bisogno di una signora alla cassa che controlli che il ragazzo faccia il caffè e intaschi il giusto, mentre da Starbuck's l'ordine arriva in tempo reale a Seattle, si sa quali saranno i ricavi, quanto caffè sarà necessario..."

Illy però è presente in tutto il mondo.
"Sì, Illy si sta espandendo, ha una qualità superiore, ma fa male che l'Italia, che ha inventato il caffè, non abbia una sua catena a livello mondiale. La stessa cosa con la pizza, ce la siamo fatta fregare, e così con le catene di alberghi..."

Qual è il nostro problema allora?
"Io lo chiamo 'familismo amorale', che rende difficile creare organizzazioni complesse come le richiede il mondo globalizzato di oggi. Siamo incapaci di fare cose assieme, di cooperare e di rispettare norme morali al di là della famiglia."

Come fare per cambiare?
"E' molto difficile ma non impossibile. In America ho sentito un programma che parlava del caso di due stabilimenti della Barilla a Parma e a Foggia, quest'ultimo meno produttivo del primo. Allora la Barilla ha mandato nuovi manager che hanno detto: o cambiamo o chiudiamo. Stiliamo una statistica dei lavoratori assenteisti e dei medici che li appoggiano. Un lavoratore ha denunciato un collega assenteista e così è stato l'inizio di una rottura da quella che chiamo 'solidarietà collusiva' alla 'solidarietà cooperativa'. Risultato: oggi lo stabilimento di Foggia è più produttivo di quello di Parma."

Ripartire dalle scuole?
"Io ho ricevuto molto dalla scuola pubblica italiana, e questo tour per onorare i prof-eroi votati dagli stessi studenti è un modo per riconoscere il merito di persone che lavorano senza nessuno incentivo economico ma con grande senso del dovere." 

Mentre il capitalismo sembra in crisi, lei ha scritto un 'Manifesto capitalista', citato nell'ultimo esame di maturità. Ci crede ancora in questo modello?
"Il capitalismo ha ancora molte chance. Purtroppo in Italia è applicato male."

(fonte: 'Il Piccolo', 19 dicembre 2013)

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