mercoledì 24 dicembre 2025

Buon Natale tra fuochisti e mastini del Tibet

Ce l’abbiamo fatta. Dicevano che era peggio di un lutto o di un divorzio. Che era la prima causa di morte. Ma in definitiva siamo rimaste vive. Come, nel profondo, non si sa. Mamma e figlia sopravvissute ad un trasloco a seguito di uno sfratto. Ed ora in procinto di affrontare il primo Natale “fuori casa”, ovvero nella nuova casa.

Un upgrade, dice una cara amica. Cioè siamo avanzate di grado. La zona è servita, altra frase ricorrente. Servita da chi e da che cosa? Anzi: serve a chi o a che cosa? Sì sì, lo so, ingrata che non sono altro. Servita dai mezzi pubblici, che se vuoi arrivare al molo Audace non fai altro che prendere un bus al capolinea e lasciarti trasportare fino all’altro capolinea. E son soddisfazioni (detto senza ironia).

Sì, ma c’è un però. C’è sempre un però, come diceva il missionario ospitato in casa qualche settimana fa. Voi italiani parlate di qualcosa in modo positivo, ma poi ci mettete sempre quella noiosa congiunzione avversativa: però. E’ bravo, però. E’ bello, però. E allora: casa nuova nuova vita, epperò con qualche magagna. Per esempio scopriamo di essere invase dai fuochisti. Embè, non siamo vicini a Capodanno? Avere i fuochisti in casa è un gran vantaggio, non credi? Botti, girandole, fuochi d’artificio d’ogni sorta che partono direttamente dal balconcino di casa. Fuochisti pronti al lancio dei mortaretti. Tutto compreso nel prezzo.

Ma i nostri fuochisti son di tutt’altro genere. “Lo sa che si chiamano così?”, domanda il signore della disinfestazione che sta per procedere alla loro eliminazione. No, non lo sapevo. Non lo sapevo che gli insetti marroncini e raccapriccianti che troviamo tanto, troppo spesso in cucina – Uh, uno sul muro! Ah, due per terra! Arg, uno sul fornello! - vengono chiamati così perché i loro antenati venivano dalle stive delle navi dove c’erano le caldaie. E loro lì vivevano, al calduccio, e lì hanno iniziato a riprodursi. Fino ad arrivare, dal mare alla terra ferma, nelle nostre cucine alla ricerca di zone calde come lavastoviglie, forni e dovunque sentano un po’ di tepore. Forse anche calore umano. Ce n’è tanto bisogno.

Abbiamo fatto l’upgrade, si diceva. L’aggiornamento. Dalla periferia alla semi-periferia servita. Vedevamo cinciallegre, cigni, germani e passerotti. Li nutrivamo, ci parlavamo, li andavamo a trovare. Ora i nostri compagni quotidiani sono gli insetti fuochisti, creaturine orribili e lestissime quando sentono che gli dai la caccia. Ops, dimenticavo! Non solo: anche i tanto vituperati piccioni cittadini e, scoperta di questa mattina, i mastini del Tibet. Non in casa, quelli no. Anche perché son veri e propri leoni. 

E’ un signore a condurne due al guinzaglio: splendidi, con criniere anni ’80 alla Tina Turner, quasi ruggenti. Ma loro non hanno voce. Si annusano, si avvicinano, io dentro un fremito di paura lo sento sempre. Ma sono buoni? Il padrone, neanche uno avesse detto uno sproposito: certo che sono buoni! Sono mastini del Tibet, e sono antichissimi, preistorici, esistevano quando l’uomo abitava ancora le capanne. E ti si guarda, caro mastino del Tibet, nei tuoi immensi occhi acquosi e tristi. E forse tu ci capisci meglio di chiunque altro. Hai scalato l’Himalaya, hai attraversato deserti, steppe, monti e mari per arrivare fin qui. Altro che trasloco. Buon Natale a tutti!

PS: qui la bandiera della pace sul terrazzino è stata semi-stracciata dal vento sferzante di oggi, ma noi crediamoci sempre sempre sempre nella pace possibile!

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