giovedì 28 settembre 2006

Talkin' about a revolution


Ammesso che tutti mirano alla stabilità (emotiva, economica, esistenziale nel senso più ampio del termine) considerandola un valore,
e lavoro-assicurazioni-case-famiglie sono concepite per offrire all'individuo tale stabilità,
talora anche attraverso forme di vera e propria schiavitù (8-10 ore in un ufficio come vogliamo chiamarle?),


se uno, e poi un altro e poi un altro ancora fino a radunare un'ampia percentuale di individui, rinunciano alla stabilità come valore, scegliendo al suo posto la precarietà liberamente accolta, vissuta e talora anche gioita,


un intero sistema concepito per creare illusioni stabili fallisce.

Rivoluzione!

3 commenti:

Dichtung ha detto...

Il paradosso è che anche la precarietà tende alla stabilità, non se ne esce. L'entropia di un sistema isolato è in continuo aumento, vale a dire il disordine tende a crescere fino a raggiungere l'equilibrio (II principio della termodinamica). Se la precarietà viene massimizzata, infatti, si arriva ad uno stato di massimo caos (o massima entropia). A questo punto, se il disordine è totale, nulla può più variare e si raggiunge l'equilibrio (o minima energia libera) e, quindi, la stabilità.
Please go on writing Lucia, it is so nice to read you. I will come back again next week.

F4Bi4No ha detto...

disse il dente: preca.. riami!
rispose il dottore: no... vocaina.

..mevoibbene lucì??

lucicosmo ha detto...

Certo che tevojobbene, afabbià!
Quanto all'entropia di Dichtung, mi pare comunque uno stato assai divertente. Parentesi: il massimo caos è la condizione attuale della mia camera. Dunque c'è speranza che si ritorni ad un ordine, scientificamente parlando?