lunedì 5 novembre 2007

Sguardi dal ponte

Amor vincit omnia. L'amore vince tutto. Vince ed avvince, e talora avvinghia, come un lucchetto sul Ponte Milvio. Qui l'amore non è più monopolio di un lampione ma è stato equamente distribuito in sei allegri festoni addossati al parapetto del ponte nella parte interna. Sospeso al sicuro tra i paletti, l'amore penzola come biancheria stesa, ma assai più pesante. E vorrei ben vedere: ci sarà pure una differenza, se non altro simbolica, tra una mutanda di cotone e il sentimento più cantato dai poeti? A proposito: il lampione è collassato, vinto dagli strazi amorosi? "No, solo il lambadario", risponde uno dei tre venditori ambulanti di lucchetti rigorosamente di pelle scura.

Guardo giù: sulla sporgenza esterna del ponte vetri rotti di birre Corona e sotto visione mistica di canottieri al tramonto sul Tevere. "Combra anche tu": l'uomo - direi indiano o pakistano o cingalese o giù di lì - vorrebbe coinvolgermi nel gioco del legame metallico che piace così tanto a noi italiani ma mi sono rimasti 20 centesimi nel portafoglio e lì si va da un minimo di 2 a un massimo di 5 euro per un lucchetto da amore inchiavardato con il chiavistello a doppia mandata e codice di sicurezza per la cassaforte. Tempi strani, i nostri: Baumann teorizza la vita liquida e precaria, noi la mettiamo in pratica con una certa qual perizia ma poi ci inlucchettiamo per l'eternità su un ponte.

"Roma sei stupenda", ha scritto qualcuno con il pennarello anch'esso in vendita sulle bancarelle. Vorrei sottoscrivere in un pomeriggio con la luce placida e sono contenta che la manifestazione indetta ieri sera da Forza nuova proprio sul Ponte Milvio non abbia lasciato segni indelebili. I manifesti erano raccapriccianti: due grandi occhi, il disegno di tracce di sangue e la scritta 'Donna italiana uccisa e stuprata a Roma - L'Italia paga col sangue la follia dell'immigrazione - Romani in piedi'. Senza la 'follia dell'immigrazione' non avremmo lucchetti ready made, utili non solo per l'amore ma anche per il vicino ostello che di certo ringrazia.
E questo non è buonismo né mito del buon selvaggio. Forse solo un micro-tassello per non scordare che la realtà delle nostre città non è semplificabile in slogan razzisti.

Senza la 'follia dell'immigrazione' non avrei conosciuto un russo d'altri tempi, con gli occhi così simili a quelli degli operai dell'est che incontro sugli autobus, distrutti dal sonno e dal lavoro. Senza la 'follia dell'immigrazione' non avrei saputo cosa mangiare in un'orrida serata umida a Modena, dove nella zona in cui dormivo gli unici a fornire cibo caldo a prezzo economico sono i cinesi di una rosticceria take-away. E ciascuno di noi potrebbe continuare all'infinito, senza nascondere il resto, senza santificare un popolo né demonizzarne un altro. Ecco, sarebbe bello che la politica oggi riuscisse a produrre analisi lucide sulle nostre realtà sociali, talora degradate anche non in periferia, per evitare la trappola schematica del noi/buoni - loro/cattivi. Questa è la 'grammatica del totalitarismo', ha scritto T.Todorov (Memoria del male, tentazione del bene), e a questa grammatica preferiamo l'analfabetismo.

 

1 commento:

utente anonimo ha detto...

grazie Lucia,
leggerti è sempre un gran piacere; le tue gradevoli narrazioni, che ci offrono le più svariate scene di vita ordinaria, hanno anche il pregio di essere scritte secondo grammatica, cosa sempre più rara oggidì.
beppe il perditempo