Io sono perché noi siamo
“Si può fare a meno del petrolio e vivere felici?” La domanda aleggia tra le colline bolognesi, a pochi chilometri dalle zone natali del Vasco dalla vita spericolata. In effetti è una domanda rock, come avrebbe detto Celentano nel suo ‘Rockpolitik’. Qui però la musica non c’entra, la politica un po’ di più ma è soprattutto la testa e il cuore di ciascuno ad essere interpellato. Siamo nel parco regionale dell’Abbazia di Monteveglio, il più piccolo parco d’Italia ed anche il primo luogo dell’Europa continentale ad essersi ufficialmente dichiarato ‘città di transizione’, ovvero un posto dove qualcuno ha preso sul serio due problemi mondiali e li ha trasformati un’occasione per cambiare il proprio stile di vita.
Riscaldamento globale e picco del petrolio sono i punti di partenza per avviare la riflessione, come ha spiegato sabato scorso in un ‘Transition Talk’ Cristiano Bottone, ‘facilitatore’ italiano di questo movimento culturale nato qualche anno fa in Inghilterra ed oggi presente in 200 città del mondo. I dati ci sono e sono scientificamente provati: abbiamo già oltrepassato la soglia massima di emissioni di CO2 nell’atmosfera (350 ppm è il massimo sostenibile per l’ambiente, noi siamo già a quota 385-390) e siamo vicini al momento in cui, come profetizzato già dal geofisico texano King Hubbert nel 1957, le risorse petrolifere a buon mercato inizieranno a scarseggiare. Questo cosa vuol dire nella nostra vita quotidiana? Dobbiamo iniziare a preoccuparci? Risponde Fatih Birol, capo economista dell’Agenzia internazionale per l’Energia: “Lasciamo il petrolio prima che sia lui a lasciare noi”. La fonte è autorevole ma sono ancora parole. I fatti?
Eccone uno, semplice ed immediato. In Inghilterra i camionisti hanno scioperato per 4 giorni, racconta Bottone. Risultato: il comparto alimentare è entrato in crisi perché la merce non era arrivata materialmente a destinazione. Avete voluto la globalizzazione e adesso pedalate, potrebbe dire
Più feste dei vicini, penso dentro di me, e meno televisione. Più coinvolgimento personale e meno deleghe alla politica. Più dialogo e meno chiusura nei propri orticelli di pensiero. E forse anche più pizze mangiate assieme, come quella che ha concluso l’incontro di sabato scorso a Monteveglio: tutta biologica, innaffiata di birra locale e Ubuntu Cola, che non solo è bevanda equo-solidale ma racchiude nel nome un concetto che per l’Occidente sarebbe una nuova rivoluzione copernicana: Ubuntu nell’Africa sub-sahariana vuol dire infatti “io sono perché noi siamo”, “io sono ciò che sono per merito di ciò che siamo tutti”. E scrollarci un po’ di Cartesio di dosso?
per saperne di più: io e la transizione
5 commenti:
In un certo senso noi italiani siamo fortunati. In altri paesi in cui il capitalismo funziona un po' meglio e la democrazia rappresentativa è un po' meno corrotta, le persone rischiano di continuare a crogiolarsi in pericolose illusioni.Per noi questo rischio non esiste. Il nostro capitalismo e la nostra democrazia sono talmente osceni che l'Italia è destinata a diventare un immenso laboratorio di avanguardie politiche sociali ed economiche. E ciò è cosa buona ed emozionante.
(Andrea Velluto)
Ciao Lucia,
volevo mettere un link a questo post sul mio blog, ma l'url qui sotto i commenti sembra non funzionare... come posso fare? (sono imbranata)
Anna, presente a Monteveglio
Ciao, anch'io ero a Monteveglio, sono arrivato qui seguendo Anna :-) e mi permetto di rilanciare il tuo breve ma incisivo riassunto (grazie)
ha ha ha grande Andrea....
per anna: credo che tu debba mettere non l'url che c'è qui sotto ma quello del blog stesso. vero, gente tecnologica?
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