venerdì 2 ottobre 2009

Ricomincio da zero

La puntata di ieri sera di 'Annozero' ha lasciato strascichi di pensieri affioranti ai quali sarebbe bello dare una forma compiuta. Il primo pensiero è che, per dirla come un vecchio sull'autobus l'altro giorno, "qui l'è tutto un troiaio": luogo dove si tengono i maiali letteralmente, e poi per esteso luogo dove le prostitute esercitano il loro mestiere. Ma chi sono le prostitute in questione? Le nigeriane sulla strada del mare Roma-Ostia? No. Sono ragazze che potremmo incontrare al bar o per la strada, ragazze normali, che hanno frequentato la scuola, magari anche l'università, con in testa un'idea fissa: essere visibili e guadagnare soldi grazie alla propria avvenenza fisica. Questa idea è diventata un valore, un'aspirazione pari a quella di diventare medico, giornalista, avvocato. "Non mi sentivo pronta per fare la meteorina", ha detto ieri sera una di queste ragazze. La meteorina? Esiste un apprendistato, un master, un cursus studiorum per leggere le previsioni del tempo semi-nude davanti ad una telecamera durante un TG? Sembra di sì, e allora dobbiamo concludere che è davvero avvenuta una mutazione antropologica di fronte alla quale molti non possono che sentirsi spettatori impotenti.

Eppure, che qualcosa fosse nell'aria si sentiva già da un po'. Ognuno guardi nella sua personale esperienza di adulto, professionista, disoccupato o precario. Quando ho fatto la supplente a scuola ho più volte chiesto quali fossero i desideri e le aspirazioni dei ragazzi che mi trovavo di fronte. Le generalizzazioni sono sempre fuorvianti ma, fatta esclusione per alcune classi di liceo, la televisione rappresentava per molti e soprattutto molte un grande obiettivo lavorativo: la televisione in sè, cioè la possibilità di apparire, non un mestiere in particolare. Parallelamente, ho visto adolescenti di periferia con il tatuaggio 'Dux mea lux' orgogliosamente esposto sul braccio per dichiarare una nostalgia di ordine e disciplina ormai del tutto assenti in certe propaggini delle nostre metropoli. Metti le due cose assieme e cosa ottieni? Forse un ragionamento del genere: per realizzare il mio sogno avrò bisogno di qualcuno che mi aiuti, siamo in Italia, senza la raccomandazione non si va da nessuna parte, cercherò di entrare nelle grazie di qualcuno, possibilmente qualche potente, piccolo o grande che sia. Da qui a palazzo Grazioli forse il passo è più breve di quanto si possa pensare. 

Dunque la scuola è colpevole? Evidentemente no. A scuola però si può vedere quanto profondamente siano penetrati nei ragazzi i modelli di comportamento che ingenuamente pensavamo rimanessero confinati nel tubo catodico: l'aggressività nei dibattiti, la volgarità espressiva, la quasi nullità di pensiero e, nel caso specifico delle donne, l'esposizione gaudente delle proprie bellezze a qualunque ora del giorno e della notte. Mentre gli intellettuali scrivevano pezzi di critica televisiva, un'intera generazione di adolescenti assorbiva uno stile da riproporre nella vita quotidiana e possibilmente poi da mostrare al mondo intero grazie a cellulari e Youtube. Io guardo e assorbo, e poi ti faccio guardare. Il grande-affratellamento è completo.

In questi anni siamo stati tutti zitti a guardare? Anche qui la risposta è no. Ma chi ha cercato di dire che forse stavamo esagerando, che avevamo superato un limite di decenza, anche detto il comune senso del pudore, è stato tacciato di essere bigotto o moralista, quando già l'aggettivo 'morale' era in via di estinzione. La stampa estera, guardandoci da fuori, ha dato un importante contributo di consapevolezza sul degrado verso il quale ci stavamo avviando, ma anche qui ogni critica è stata accolta con piccato risentimento: dal New York Times che due anni fa recensiva le ultime sfilate come
'La moda al tempo delle zoccole'? al recentissimo International Herald Tribune che ha parlato, sempre a proposito di moda, di 'Viva la donna bona' come tema conduttore delle ultime passerelle milanesi.

Chi è senza peccato scagli la prima pietra. La moda? La televisione? La società? Probabilmente dentro ci siamo tutti. Faccio di nuovo appello al vissuto, che forse è il più solido terreno di osservazione. Fine anni Novanta, società informatica sull'altipiano carsico, Trieste: il capo sogna di lanciare nella Rete un avveniristico dominio dall'altrettanto avveniristico nome di 'Bellagnocca.com'. Lo assistono, nella fase creativa, un paio di collaboratrici che percorrono il corridio dell'azienda a falcate sicure, sorrette da tacchi a spillo e reggiseni push-up.
Nuovo millennio, redazione giornalistica di un'importante agenzia di stampa, Roma: il nuovo direttore, in occasione della scadenza dei contratti, dichiara ad una giornalista: "spero che tu me la dia prima o poi". In un'altra circostanza si premura invece di consigliarle "una maggiore zoccolaggine" per fare carriera. "Più che giornaliste, mi sembra che vogliano diventare veline", aveva commentato un torinese al seminario che precede l'esame per diventare giornalisti professionisti.

Il marcio sembra ormai annidarsi dappertutto, dunque da dove si comincia a pulire? Ma soprattutto come? La tentazione è forte: non ci resta che piangere. Per poi ripartire da Frittole, 1400, quasi 1500. Ehi! Dove andate? Quanti siete? Cosa portate? Un fiorino! Ricominciare da un fiorino e spostarsi di poco. Riscoprire il gusto della misura, del poco che basta, del sole che scalda anche in una mattina nuvolosa di ottobre. Ripartire dalle cose semplici e genuine dopo aver ammesso però che in fondo, sotto sotto, Berlusconi siamo noi.

2 commenti:

Arlon ha detto...

Leggo Frittole e penso a Ricomincio da Tre. "Ricomincio da tre..." "Ricomincio da zero..." "Nossignore, ricomincio da tre, tre cose buone le ho fatte nella vita mia, perché le devo lasciare".
Ecco... ricominciamo da tre, da quelle cose buone che magari abbiamo imparato negli anni e che ci portiamo dietro. E cerchiamo di trasmetterle.

utente anonimo ha detto...

lo siamo e non lo siamo.

http://www.lrb.co.uk/v31/n14/zize01_.html

Abbraccio,
F.