giovedì 18 febbraio 2010

Sanremo ai tempi del decoder (che non c'è)

C'è qualcosa di arcaico nel modo in cui mi ritrovo a guardare Sanremo quest'anno: dallo schermo del computer connesso ad Internet assieme alla fidanzata del coinquilino canadese che è la fotocopia di Arisa. Lei non vuole ammetterlo e non dimostra nemmeno grandissima simpatia per l'originale, ma è così. Il computer a un certo punto si disconnette per motivi personali, e così un po' vedo un po' ascolto la radio, un po' decido di boicottare perché mi pare che questa 60esima edizione del Festival della Canzone italiana sia contraddistinta da una tale mosceria nella conduzione da far addirittura rimpiangere i tempi di Baudo. No, questo non lo dovevi dire! In effetti scusi Pippo, mi è scappato e non lo dovevo dire. Anche perché poi lei magari mi prende in parola e ritorna davvero.

Caro carissimo Sanremo, tu sai quanto ti voglio bene, sono una sanremista doc e mi sarebbe piaciuto vivere nell'Italia degli anni Cinquanta, quando le famiglie si riunivano attorno all'apparecchio radiofonico per ascoltare le canzoni presentate sul palco dell'Ariston. E' esistito davvero questo tempo, ne ho sentito parlare da amici e familiari e penso che alcuni modelli di occhiali che si vedono al Festival del 2010 (come quelli di Arisa, appunto, ma anche di S.Cristicchi e di M.Mengoni seconda serata), indichino proprio una nostalgia per un tempo antico fondato su certezze solide come il carapace della tartaruga con cui sono fatte alcune di queste montature. Lo sapevo che prima o poi ci saremmo stufati degli occhiali con le lenti open-air: occhiali lievissimi, leggerissimi, purissimi ma anche fragilissimi, che se all'inizio spendi 500 euro e già ti viene un colpo, preparati a riceverne tanti altri, almeno quante saranno le volte in cui ti si spezzeranno le lenti lasciate così all'aria, senza più limiti e confini, come cantava Cocciante in 'Cervo a primavera'.

Inforcati dunque gli occhiali privi di certezze, con Arisa e 'Malamoreno' mi sono divertita, e anche con la fidanzata del coinquilino canadese che, dopo aver piazzato il computer sul tavolo della cucina come fosse la nuova radio del Terzo millennio, è riuscita a togliersi lo strato di smalto precedente e a mettersene uno nuovo su entrambe le mani, ovviamente dello stesso rosso di quello di Arisa. Cucina olezzante di acetone ma quadro completo. Vado a dormire saltellando nel corridoio con le pantofole di peluche a forma di cane: "Può scoppiare in un attimo il sole / Tutto quanto potrebbe finire / Ma l’amore, ma l’amore no. Anche i prati rinunciano ai fiori / Perché i fiori hanno perso i colori / Ma l’amore, ma l’amore no".

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