giovedì 17 febbraio 2011


More than twist in my sobriety



Ne è passato di tempo da 'Twist in my sobriety', Tanita Tikaram, anni Ottanta: anni lontani dalla sobrietà che invece ritorna oggi come nuova parola d'ordine del vivere post-moderno. Sobrietà vo' cercando, dicono le sfilate di New York, dove le modelle hanno sfilato castigate, senza far intravedere niente perché ormai si è capito che più fai vedere più sei volgare, più mostri meno ti guardano, più esponi meno disponi, che non saprei dire cosa vuol dire ma qui suonava bene.

Sobria - han detto - è anche questa ultima edizione del festival di Sanremo, che personalmente volevo boicottare dopo aver saputo che le due co-conduttrici (l'argentina Belen Rodriguez e l'italianissima Elisabetta Canalis) hanno espresso il loro dissenso sulla grande manifestazione di donne (e uomini) di domenica scorsa. Ma come Sanremo sa, un affetto profondo mi lega a questo momento di raccoglimento nazional-popolare dell'Italia davanti al piccolo schermo, e quindi ieri sera ho ceduto al rituale di ogni febbraio, seppure in formato informatico perché da noi la tv è stata ufficialmente defenestrata un anno fa.

E qui lo devo dire, anche per fare finalmente outing senza vergogna: io amo Sanremo. Lo amo perché è come un divano vecchio, che ti accoglie sempre e tu sempre gli dici 'cavolo, quanto sei vecchio, il prossimo anno ti cambio' e invece no, il divano vecchio fa buon brodo, come le galline, e a te piace così. Se non guardo Sanremo almeno una sera mi sembra di perdermi un pezzo di Italia, mi sembra di non partecipare ad un invito rivolto anche a me personalmente, e ogni anno c'è sempre un momento in cui mi emoziono e mi dico che alla canzone italiana tutta, dalla più stonata alla più oggettivamente inascoltabile, io comunque voglio un gran bene. Non riesco ad essere cinica su Sanremo, non riesco a renderlo un evento forzatamente comico o caricaturale, non riesco neppure ad indignarmi per lo spreco economico che certamente sta dietro a questa grande manifestazione sempre meno canora e sempre più 'show-business'. Per me Sanremo è e resta la musica, per cui lo guardo come forse si acoltava alla radio cinquant'anni fa, cioè cercando di sentire le parole e sintonizzandomi sulle frequenze vocali dei vari cantanti. 

Fatta questa debita premessa, a me non pare che questo Sanremo sia sobrio, come sentivo dire prima alla radio. A me pare che questo Sanremo sia senz'anima. Non vedo emozioni, non vedo partecipazione, non vedo brividi. Soprattutto nei conduttori. Non li vedo in Gianni Morandi, che è una colonna della musica nostrana ma forse è già andato dalla mamma troppe volte a prendere il latte per poterlo trovare fresco anche nel 2011. Cioè mi sembri stanco già prima di cominciare, Gianni, come se ti avessero talmente stressato alle prove che, quando arrivi sul palco, non sei quasi più presente a te stesso e ti sfuggono sviste come quella un po' imbarazzante di ieri sera ("domani celebreremo i 150 anni della Repubblica"; poi però ti sei corretto, dopo la pubblicità, e ti abbiamo perdonato, e continuiamo a volerti bene perché sei Gianni Morandi). Particolarmente senz'anima sembrano poi le due giovani sodali del Gianni: una (Belen) è la compagna del fotografo più discusso (o più triviale? o più ricco? o più indagato e arrestato? o tutte assieme?) del momento, l'altra (Elisabetta) è la compagna di uno degli attori più fascinosi del momento. La loro presenza sul palco di Sanremo, in sostanza, è giustificata dal fatto che sono 'compagne di' qualcuno. Quale arte frequentano, oltre a questa?

Sono belle ma non ballano, avrebbe detto una vicina di casa napoletana. Cioè sono belle ma non parlano, non partecipano, non dicono una cosa che non sia già stata scritta per loro dagli autori. Dove siete mentre parlate, belle giovani? Ci siete o è il vostro avatar lì sul palco? Siete finte o vere? Siete reali o virtuali? Finiamo quasi per rimpiangere i tempi di Anna Falchi, ieri evocata mi pare dai due comici delle Jene che, per omaggiare il tanto decantato 'pluralismo' made in Rai, hanno dato stoccate di satira a Santoro, Saviano e Fini (Gianfranco): qualcuno avrà riso, io ci ho sentito dentro una nota stonata, come se quella satira fosse stata richiesta e non composta davvero per una sincera ispirazione. Anche loro senz'anima, senza davvero divertirsi, senza partecipare.



Forse è proprio questa la nuova Italia. Nuova e tanto vecchia. Un'Italia annoiata, spenta, senza energia vitale, che non sa a quale santo votarsi se non a quello della bellezza estetica. Un'Italia che rinuncia alle professionalità e ai talenti, per dimostrare che tanto chiunque può farlo, non c'è bisogno di doti particolari per presentare, condurre, animare (vedi che l'anima ritorna?) o rianimare. Tutti posso fare tutto. Basta avere uno sponsor, un testimonial famoso, meglio ancora un compagno di chiara notorietà. Che sia un corrotto o un delinquente, poco importa. Importano il glamour, le bollicine, il successo. Però con sobrietà, mi raccomando, nasconditi il décolleté sennò poi ti danno della zoccola.

Infine è arrivato il grande Roberto Vecchioni, ed ha portato via tutta la spazzatura, tutta la polvere, tutto il superfluo che ricopre e sotterra ogni anno la musica. Per questo ogni anno guardo Sanremo: perché so che una perla ci sarà sempre, e forse sarà proprio una canzone a ridare un po' di speranza e voglia di vivere ad un Paese da troppo tempo in coma.

PS: io voto Tricarico, Battiato & Madonia, Davide van de Sfroos, i La Crus e Vecchioni. E forse Nathalie ma devo riascoltarla.

2 commenti:

utente anonimo ha detto...

ma sì, se perdoniamo Morandi, come vuoi che non si perdoni anche questa tua insana passione? la tua ironia strappa sempre un sorriso così grande, e la tua critica è sempre così precisa e mirata, che, sì, vada per Sanremo, e tienici aggiornati!! (ma solo da te voglio gli aggiornamenti, non da Repubblica, né dal Fatto, né, Dio-me-ne-guardi, da Mollica!!!)

Un bacio,

 

Elisa

utente anonimo ha detto...

Cara Lucia
quest'anno non ho visto nemmeno una puntata del festivalone, non ho sentito nessuna canzone.
Ho seguito e apprezzato l'intervento di Benigni, nonostante sguardi fulminanti e torvi provenienti dalla prima fila.
Tra le canzoni dello scorso anno ricordo e canticchio il pezzo di Irene Fornaciari "Il mondo piange" che mi è piaciuta moltissimo ed è passato in radio solo per poche settimane.
Succede sempre così. Le canzoni migliori escono indenni dal polpettone festivaliero, forse anche sottovalutate, e poi hanno difficoltà a girare.
Saluti sardi
Miriam