mercoledì 20 aprile 2011

Il cigno bianco
 
Candida come un cigno.
Vorrei essere così dopo che ti ho visto, cigno bianco,
veleggiare tranquillo nel canale industriale qui davanti alla casa dei miei
che poi è anche un po’ casa mia anche se in realtà di case
non ne ho nessuna veramente: la mia casa è dove sono, come dice il titolo del libro di Igiaba Scego, scrittrice italo-somala-romana.

Anche la tua casa, cigno, è dove sei.
E tu sei nell’acqua, bianco bianchissimo anche se ormeggi in acque
industriali, dove si sversano veleni che emanano miasmi da tapparsi
il naso. Ma il naso non ti riguarda, o cigno, seppur di certo qualcosa
senti anche tu dal becco arancio che becca con grazia
il pane secco che ti han buttato due motociclisti
giunti forse per assistere al miracolo
del cigno candido nell’acqua industriale: vorranno
mica rubarti? 
 
Nulla ti scompone: non il fumo lontano
dell’inceneritore che si staglia roseo al tramonto,
non la grossa nave parcheggiata lì di fianco,
non gli strepiti assordanti di una fabbrica vicina.
Tu, elegante come il tuo collo snello,
avanzi spingendoti lievemente con le zampe sommerse,
e sembri dire in cuor tuo:
Non ti curar di lor, ma guarda e passa.

Fai mica corsi di recupero per imparar quest’arte,
o cigno?

Nessun commento: