Hélène Yinda, foto di Salvatore Logica |
Insegnare una teologia popolare capace di risvegliare curiosità e nuova coscienza nella gente dei villaggi africani. Per risintonizzarsi con Dio e riflettere sulla povertà. E' questo il progetto rivoluzionario di Hélène Yinda, la teologa camerunense che, assieme alle ong italiane ‘Cipsi’ e ‘Chiama l'Africa’, è stata tra le ideatrici della campagna internazionale 'Noppaw' ('Nobel Peace Prize for African Women'), per candidare in modo corale tutte le donne africane al Nobel per la Pace. Una campagna "profetica", sostiene la Hynda, visto che poi il Nobel è stato effettivamente assegnato a tre donne provenienti dal Sud del mondo: due africane (la presidente della Liberia Ellen Johnson Sirleaf e le sua connazionale Leymah Gbowee) e una yemenita (Tawakkul Karman).
Cosa dice al mondo
di oggi questo Nobel per la Pace al femminile, ufficialmente consegnato ad Oslo
lo scorso 10 dicembre ?
"Vedere insignite del Nobel tre donne che appartengono a generazioni
diverse (una da sempre impegnata in politica e le altre emerse dalla società
civile) è una fonte di grande ispirazione per le donne ordinarie, uno stimolo
ad impegnarsi lì dove si è. Inoltre, è la dimostrazione che non bisogna avere
qualcosa per essere. Questo è un punto essenziale: molte donne, anche in
Africa, pensano di non poter fare niente senza soldi, ma noi, con la nostra
campagna internazionale per il Nobel, possiamo dimostrare che siamo partiti
senza niente, senza un conto in banca, semplicemente condividendo delle idee.
E' l'inizio di un cammino nuovo, una chiamata ad impegnarsi nelle relazioni e
nell'incontro tra culture."
Forse questo
potrebbe avvenire più facilmente se l'Occidente ritrovasse Dio, che sembra
ormai completamente esiliato dalla società e dai rapporti umani.
"Certamente. Voi italiani, per esempio, avete una storia, anche
spirituale, così ricca, così nobile, una storia che continua ad educare il
mondo. Girando per le strade a Roma, ho visto dappertutto segni della vostra spiritualità.
Ogni luogo mi parla. E per quanto riguarda le donne specificamente, ognuna
dovrebbe riscoprire il suo senso teologico, la sua specificità di dolcezza, di
capacità di mettere assieme, e questo deve tradursi in azioni, in amore, che
vediamo quando abbiamo uno sguardo umano sull'altro."
Lei in Camerun sta
avviando un centro di teologia popolare. Crede che la teologia possa aiutare ad
avvicinare le persone?
"La migliore teologia non si studia ma nasce dall'incontro con le
persone. Il centro ecumenico che vorrei fondare in Camerun ha questa missione:
democratizzare il sapere teologico, e il primo modo per farlo è aiutare le
persone a leggere la realtà di ogni giorno. Facciamo l'esempio della crisi: noi
viviamo la povertà senza riflettere. La teologia ci chiede uno sguardo sul
quotidiano. A partire da questo sguardo la Parola di Dio si indirizza alla
gente. In questo momento la ricerca dei mezzi di sopravvivenza prende tutto il
tempo della vita quotidiana. Non c'è tempo per pensare, per chiedersi: ma io
chi sono? Il simbolo dell'Africa, infatti, sono le donne che battono il miglio
con un lungo bastone. E allora forse è il caso che venga deposto per un attimo
quel bastone, e che le donne si fermino a pensare. Continuiamo ad insegnare
metodi agricoli, a cercare l’acqua, e non abbiamo più tempo per sentire Dio. E’
importante quindi avere un luogo in cui si possa svegliare una nuova coscienza,
perché la ricerca della sopravvivenza non tolga dignità alle persone."
Europa ed Africa di fronte alla crisi finanziaria. Qual è il suo sguardo?
"Noi abbiamo vissuto la stessa cosa negli anni Novanta con i piani di
aggiustamento strutturale che voi ci avete imposto, la svalutazione dei franchi
CFA e i salari diminuiti. Anche voi vi trovate in un piano di aggiustamento
strutturale ma il vostro linguaggio è più gentile, sofisticato, vi permette di
gestire la situazione come se dovesse passare presto, ma in realtà durerà. Noi
dipendiamo strettamente dall'euro e, se ci sarà un'altra svalutazione, questo
vorrà dire che ci vorranno 1000 franchi CFA per fare 1 euro. Ma noi non
possiamo continuare a pagare. E spero che in questo caso i popoli si riversino
nelle strade a protestare. Già si viene da noi perché abbiamo un continente
ricco, che noi non riusciamo pienamente a sfruttare. Si arriva con gentilezza,
oppure si portano ideologie disumanizzanti, o ci si viene a parlare di
democrazia, di libertà, di necessità di proteggere il popolo ‘perché avete
dirigenti corrotti’...ma questo si fa perché l'Europa è in crisi. Vi immaginate
un'Europa senza l'Africa? E la responsabilità è dei nostri dirigenti, che ci
impoveriscono con la complicità delle multinazionali. Penso alla povertà che
c'è nel mio villaggio: cosa mi impedisce di spiegare questi meccanismi alla
gente in modo semplice? Cosa mi impedisce di prendere nuova coscienza e dire
alle autorità locali che noi questo non lo vogliamo?”
Cosa può insegnare
oggi l'Africa all'Europa?
“Mi viene in mente il libro di Anne-Cecile Robert intitolato 'L'Africa in
soccorso dell'Occidente'. Mi chiedo: come si può fermare la deriva che vediamo
oggi nella società occidentale, e che rischia di arrivare anche da noi?
L'Africa può forse dare qualche lezione di umanità, come il valore sacro
dell'ospitalità. Non si può basare tutto su ciò che si ha. Ci sono anche i
valori relazionali, la cultura dell'accoglienza, per cui se tu sei malato, sono
malato anch'io, se tu riesci a fare qualcosa, riesco anch'io con te. Dobbiamo
dare meno spazio all'avere, perché è questo che dà una 'superpotenza' all'Occidente.
In Africa la ricchezza vuol dire avere tanta gente attorno a te."
Lei parla anche di
una nuova Trinità dell'Occidente
"Sì. Al posto di Padre, Figlio e Spirito Santo, ci sono i Soldi (Dio),
l'Individualismo (Gesù) e la Superpotenza (Spirito Santo). Ma il mondo non è
questo. E' l'essere umano, è promuovere la vita, è l'amore, è permettere che la
tristezza dell'altro sia la mia, è condividere la felicità. Dio ci ha creati
come un'unica umanità, e noi dobbiamo ritrovare questa umanità."
1 commento:
prova
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