venerdì 9 novembre 2012

Taglio alla cinese

E siccome tagli di qui e di là, e poi tagli ancora, e visto che non è ancora sufficiente, prego, ancora una sforbiciata su, è quanto mai d'uopo fare un salto da chi di tagli se ne intende: il parrucchiere. Ma non uno qualsiasi: il parrucchiere cinese. 

Alla faccia dei tagli e della crisi, il salone del coiffeur cinese è un via vai di gente, divanetti giusto sul giro d'aria vicino alla porta perché il salone è appunto un salone, grande come quello di casa. Entra l'uomo occidentale, la donna occidentale, la signora orientale, la famiglia orientale, la signora anche lei orientale ma un po' meno. Entrano come se entrassero in un qualsiasi supermercato, qualche parola, il tempo di dare un'occhiata ai giornali e via, subito a lavare la testa. 

Le teste attorno son tutte lisce. Già, questo mica l'avevo considerato. I cinesi son naturalmente lisci, e quando vedono una testa riccia si spaventano. O-choi, come si fa? O-tei, chi la taglia a questa? O-mai, prendila tu che io non me la sento.

A me la testa fa già male perché con l'umido romano mi si risveglia la cervicale, quindi mi viene da sostenere con le braccia quel grosso bidè-lavandino che funge da lavacapelli: testa indietro, braccia mezze alzate a mo' di candelabro, scivolamento progressivo verso il basso in stile sbracamento su poltrona perché uno ha sempre l'impressione che così facendo il dolore diminuisca.

La lavatrice cinese non scambia una parola che si dica una, in compenso lava la chioma per 4 volte di seguito, forse turbata dalla massa di ricci che un cinese medio non riesce a contemplare nel suo piano di conoscenza del mondo.

Rimango con la testa bagnata sul divanetto con il giro d'aria, e intanto sbircio le riviste cinesi: lisce, liscissime, sorriso cinese, occhio cinese, si foglia si sfoglia e sembra di vedere sempre la stessa testa. La stessa identica testa con poche varianti concesse qua e là. I ricci ogni tanto ci sono ma hanno l'aria scultorea, come di qualcosa che non si muoverà mai di lì. Della serie: reggimi il boccolo.

Arriva il tempo del taglio. Nel salone cinese non si capisce mai chi è il capo, tutto è collettivo, ripartito, distribuito. Quello che è stato designato per placare la mia chioma guarda, chiede, poi parte. Cerco di dire che vicino alle orecchie mi ritrovo dei ribelli capelli lisci, che mi piacerebbe arricciare perché siano in sintonia con gli altri. Incomprensione linguistica e culturale altissima: "Ricci? No, lisci". Appunto. Li liscia ancora di più con una spazzola. 

Risultato: sotto, due grossi baffi di gatto ad incorniciare il mento, sopra i ricci che stanno per ricevere una nuvola di panna montata. Cos'è, dobbiamo fare una meringa? Un soufflé? E' che il cinese non si capacita proprio che il riccio possa anche esser lasciato lì, ad arricciarsi e basta. E' necessario un pronto intervento con la montagna di schiuma.

Ecco l'effetto 'scolpito' di cui parlano tanti prodotti. Son scolpita ma double-face: sopra serpenti inamovibili, sotto spaghetti al dente. Non c'è comunicazione tra le due teste. 
Ah, ho capito, è la resa plastica del mio stato d'animo attuale: cavallerizza dimezzata tra qua e là, tagliare su o giù, scolpire in alto, tirare in basso. 
Grazie, sior parrucchiere cinese, per 12 euro il taglio valeva la rivelazione.

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