martedì 19 marzo 2013

Quegli strani cattolici custodi

In cammino - "Non so, i cattolici sono strani". Parto di casa con questa solenne benedizione della coinquilina che si è appena dichiarata anti-clericale. Dentro, qualcosa ribolle. Dalle mie parti c'è un vino che si chiama proprio 'ribolla'. Ribolla pure, signora, ma si sbrighi sennò arriva tardi. 

E parto da cattolica strana, facendo la seconda maratona in due giorni: domenica per arrivare all'Angelus del neo-Papa Francesco di corsa assieme ai maratoneti della maratona; oggi alla prima messa papale sempre di corsa perché degli autobus, in queste grandi occasioni, se ne perdono le tracce. La metropolitana, in compenso, sarebbe offerta gratuitamente a tutti. Ma io preferisco le gambe.


Perché mentre corro, corrono con me i pensieri. E corrono al tempo in cui le donne, dopo la morte di Gesù, furono le prime a correre al sepolcro, per poi "delirare" parole alle quali nessuno all'inizio voleva credere. Fu una donna la prima alla quale Gesù apparve da risorto. Donne le più grandi peccatrici perdonate e poi certamente innamorate di un maestro così buono e controcorrente. 

Eppure, già all'epoca, ci si divise subito: estimatori e detrattori, favorevoli e contrari. Gesù non ha mai guidicato nessuno, ed è forse per questo che i cattolici sembrano "strani'. Perché dicono ma non fanno. Oppure dicono e fanno il contrario di quello che dicono. Diciamo e non facciamo. Non siamo. E in più giudichiamo.

Ma è strano anche il mondo. C'è un brano del Vangelo che dice: "Vi abbiamo suonato il flauto, e non avete danzato. Vi abbiamo cantato un lamento e non avete pianto." Troviamo sempre da dire in ogni occasione. Non c'è mai niente che ci vada bene del tutto. Anche quando arriva una cosa oggettivamente bella e buona, di cui c'è solo da gioire. Anche lì prende il sopravvento quel noioso giudice interiore che deve trovare il pelo nero in una gran massa di neve candida. 

Il cielo, all'inizio della mattina, è uno dei più belli di Roma: blu-azzurro con le nuvolette. Piazza San Pietro è una piccola oasi di paradiso. Stracolma di fedeli, di bandiere multicolori, di uccelli felici di ogni genere: dai colombi che passano sulle teste rasoterra ai gabbiani più in alto, fino a i passerottini francescani, evidentemente accorsi per il pontefice che ricorda loro qualcun altro: un uomo di 800 anni fa, che morì povero dopo essersi sposato con la povertà. 

Sotto ai miei piedi dormono due bambini. Uno è coperto con la maglietta di 'Messi', il calciatore argentino che proprio la settimana scorsa era stato uno dei segni premonitori dell'elezione del Papa (v.sotto, Habemus papam argentinum, et pure gesuitam). Attorno, è la strana massa cattolica dove non ce n'è uno uguale all'altro: uno vestito da prete, l'altro da ragazzo con il tatuaggio di una chiave di violino sul collo. Lì una signora vestita da signora, là una suora, vicino una famiglia, accanto un signore da solo. Il sole ha già abbrustolito teste calve e colli. Bruciati dal sole, pronti per essere scaldati dalla voce di un uomo che arriva mite, docile, dolce, tranquilla ma ferma. 

Custodi - Oggi è San Giuseppe, la festa del papà. E' bello fare la prima messa in un giorno così, dice Papa Francesco, che ricorda subito l'onomastico del suo predecessore 'Joseph'. E poi una catechesi tra le più belle sulla figura di Giuseppe come "custode". 
"Giuseppe - ha detto il papa - fece come gli aveva ordinato l'angelo. La missione che Dio gli affida è di essere custode: di Maria, di Gesù, e questa custodia si estende poi a tutta la Chiesa. Come si esercita questa custodia? Con discrezione, umiltà, nel silenzio, con una presenza costante e fedele anche quando non comprende.

Come vive Giuseppe la sua vocazione di custode? La custodia è attenzione a Dio, vuol dire essere aperti ai Suoi segni, disponibili al Suo progetto. Dio desidera la fedeltà alla Sua Parola, al Suo disegno, ed è Dio stesso che poi costruisce la casa. 
Giuseppe è custode perché sa ascoltare Dio, si lascia guidare dalla Sua volontà. Sa leggere con realismo gli avvenimenti, è attento a ciò che lo circonda.

Custodiamo Cristo per custodire il creato, gli altri, l'ambiente, la bellezza. Come ci ha mostrato Francesco d'Assisi. Dobbiamo avere rispetto per ogni creatura, per l'ambiente, per tutti. Specie per i più deboli. Per i bambini, per i vecchi, che spesso sono nella periferia del nostro cuore. 


Tutti custodi gli uni degli altri: i coniugi tra loro, i genitori dei figli, e poi i figli custodi dei genitori, e ancora custodi nell'amicizia. Tutto è affidato alla custodia dell'uomo. Siate custodi degli uomini di Dio. Quando un uomo viene meno a questa responsabilità, trova spazio la distruzione e il cuore inaridisce. 

Vorrei chiedere a tutti: siamo custodi della creazione, non lasciamo che i segni di distruzione accompagnino il nostro cammino. L'odio, l'invidia, la superbia sporcano la vita. Custodire vuol dire vigilare anche sui nostri sentimenti, perché è dal cuore che nascono le intenzioni buone e quelle cattive. 

Non dobbiamo avere paura della bontà, e neanche della tenerezza. La tenerezza non è la virtù dei deboli, ma denota invece fortezza d'animo. Non dobbiamo avere paura della bontà e della tenerezza.

Il vero potere è il servizio. Anche il Papa, per esercitare il potere, deve entrare nel servizio:umile, concreto, ricco di fede. 

Anche oggi, davanti al cielo grigio, abbiamo bisogno di segni di speranza. Di aprire squarci di luce, di portare il calore della speranza. Custodire Gesù vuol dire custodire l'intera creazione, ogni persona, e anche noi stessi. Custodiamo con amore ciò che Dio ci ha donato. E a voi tutti dico: pregate per me". 

Ogni uomo semplice - Quando la messa finisce e la piazza si svuota, mi avvicino ad un signore che regge un cartello. Solitario. "Papa Francesco coraggio, rilancia la fede, Dio è con te." Il signore si chiama Bruno, è un pensionato marchigiano ed è un uomo semplice. Di quelli che piacerebbero al papa. Scrive poesie, sceneggiate, dice che "le religioni sono più responsabili dei governi" e che un tempo era in chiesa che ci si riuniva, oggi non più. 

Poco dopo arriva un altro Bruno. Messicano. Mica lo sanno i due Bruni che si chiamano nello stesso modo. Ma si riconoscono in una stessa gioia e si abbracciano. Il Bruno messicano è un ingegnere meccanico volato a Roma per l'occasione, maglione e pantaloni semplici. Poi chiede al Bruno marchigiano se io son la sua compagna (il Bruno c'ha 71 anni!) e si finisce tutti a cantare 'O sole mio' in piazza San Pietro.

Più in là un'altra signora di più di ottant'anni, venuta per l'occasione da Teano, luogo di altri storici incontri. "Vedrà che ne radunerà di pecore disperse...questa è la semina...vedrà".


I cattolici son davvero gente strana. Custodiamoci tutti, finché siamo in tempo. Finchè morte non ci separi da questo strano, bellissimo mondo. 

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